D. Ci sono novità sul tuo nuovo coach dopo l’addio con Vincenzo [Santopadre, ndr]? Stai prendendo in considerazione la possibilità di un super-coach?
Matteo Berrettini: “Un super-coach sarebbe tipo un super-sayan: Goku (risate in sala stampa, ndr). Sto finalizzando il tutto, appena avrò organizzato tutto vi farò sapere. Arriverà da me la notizia. Sto prendendo le ultime decisioni. Sto cercando di capire cosa è meglio per me e per il mio futuro. Quindi non c’è ancora niente di ufficiale ma appena ci sarà ve lo farò sapere. Ci tengo visto che l’hai nominato, a spendere due parole su Vincenzo [Santopadre, ndr] e su quello che abbiamo fatto. Senza di lui sicuramente non sarei qui e non ci sarebbe stato nulla di quello di cui abbiamo parlato. Alcune volte riguardo le partite e ripenso a quando ci divertivamo assieme quando giocavo i Future e i Challenger in giro per il mondo. Perciò a lui va un grande ringraziamento per quello che abbiamo fatto insieme e ci tenevo a dirlo perché aldilà dei risultati, queste sono le cose più belle dello sport“.
D. Come stai metabolizzando questa separazione da Vincenzo, dopo tanti anni fa strano non averlo più con te in giro? E a che punto siamo con il processo di ritorno alle competizioni?
Matteo Berrettini: “Sì, è sicuramente qualcosa di nuovo perché se penso a me giocatore di tennis professionista o comunque un ragazzo che ci stava provando penso a me e lui insieme. E quindi alcune volte mi sveglio la mattina e dico ‘devo sentire Vinz, ah no! (sorridendo, ndr). Però è stato talmente tutto naturale, un processo al quale siamo arrivati insieme. Ci siamo semplicemente guardati e ci siamo detti ‘Mi sa che qui non c’è più niente da dare. E’ giusto così’. Quando siamo lasciati io ho avuto i brividi, è stata veramente una cosa molto emozionante e proprio per questo credo che il rapporto diventerà ancora più intenso perché scindere il personale dal professionale non è facile, soprattutto a questi livelli. Per quanto riguarda il percorso, è in fase estremamente positiva. Anche perché quando sono in campo, sorrido, che è una cosa che non mi succedeva purtroppo da parecchi mesi. Quindi sono felice, adesso mi sveglio la mattina di nuovo con la voglia di entrare in campo, di lottare, di mettermi alla prova. Non so cosa mi riserverà il futuro in termini di risultati, ma in questo momento anche se sembrerà banale mi interessa poco perché ho anche pensato di prendere decisioni più grosse di questa. Quindi ritornare in campo con il sorriso è bello“.
D. Vorrei capire che uomo è adesso, in questo momento della sua vita Berrettini. Ti abbiamo lasciato in una certa situazione, ti ritroviamo in questa. Hai le tue storie, la tua vita. Hai cambiato città, fai altre cose. Ora hai ritrovato il sorriso ed è fondamentale che tu sia contento con te stesso e con quello che fai, ma il Berrettini che vedi domani e dopodomani è un Berrettini più forte. Che obiettivi ha questo nuovo Berrettini, solo di giocare, di misurarsi ancora con se stesso o togliersi delle soddisfazioni? Che cosa ci dobbiamo aspettare da te?
Matteo Berrettini: “Sicuramente un Matteo un po’ più maturo o forse più consapevole di quello che vuol dire vivere la vita a 360°. Noi, fin da quando siamo piccoli piccoli, viviamo quasi in una sorta di bolla in cui il tennis è forse l’unica cosa che conta e gli allenamenti, le partite, le vittorie, le sconfitte sono l’unica cosa su cui uno riesce a concentrarsi ma non perché sia obbligato a farlo; ma proprio perché è l’unica cosa a cui pensi. Dopo però ti accorgi, appunto, che la vita è fatta di tante cose e una cosa di queste è la gioia nel fare il lavoro che fai. E quando viene a mancare quello, capisci che tutto è un pochino relativo. Quindi, quello che mi aspetto da me e che mi sto chiedendo, è di ritrovare quello spirito lì. Ovvero non scendere in campo con il mondo alle mie spalle ma con il mondo accanto a me come ho sempre fatto. Io non ho mai pensato di poter fare quello che ho fatto, non avevo come obiettivo quello di diventare Top 10 quando ero sedicenne. Lo era quando ero 13 del mondo, ho sempre vissuto un passetto alla volta. E’ questo quello che voglio fare, tornare un po’ alla radice non chiedendomi di fare un passo di 6 metri quando il corpo non lo permette. Tornare alle origini senza farsi distrarre da cose che non c’entrano”.