Vincere una Coppa Davis da protagonisti inevitabilmente attira su di sé tante luci (anche quelle di San Siro per Jannik Sinner) ma un risultato del genere amplia il cono della fama anche su chi orbita attorno al tenista in questione, ed è il caso di Simone Vagnozzi, allenatore di Sinner dal febbraio 2022. Il 40enne marchigiano, ma ex tennista di scuola altoatesina, è stato intervistato da Francesco Barana per Il T Quotidiano Autonomo del Trentino Alto Adige Südtirol spaziando con grande disinvoltura e onesta intellettuale sulle varie sfaccettature che si vivono nel ricoprire un ruolo del genere, inclusa la fama: “Diciamo che prima ero apprezzato in Italia, adesso, grazie a Sinner, iniziano a conoscermi ovunque”.
Assieme a Vagnozzi, nel luglio 2022 si è aggiunto come ruolo di coach anche Darren Cahill, una aggiunta che ha portato solo cose positive. “Io da lui ho imparato tantissimo – ammette Simone – soprattutto come approcciarmi al giocatore, come parlargli, il linguaggio del corpo. Grazie a Darren sono un allenatore migliore”.
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Sulle critiche per la mancata partecipazione alla Coppa Davis a Bologna
“Quella è stata una decisione sofferta ma che rivendichiamo. Non c’è ovviamente la controprova, ma i risultati ottenuti poi da Jannik sono frutto di quel pit stop. Poi un conto sono le critiche tecniche, che vanno sempre accettate, un altro gli attacchi personali: mi è dispiaciuto che da fuori abbiano fatto passare Jannik come un menefreghista, non attaccato ai colori. Nulla di più falso, come poi si è visto. Anzi, uno come Jannik dovrebbe essere preso da esempio per come rappresenta l’Italia nel mondo“.
Sulla crescita lenta ma costante del gioco
“Non credo nelle bacchette magiche, a quelli che prendono un tennista e in una settimana dicono di averlo trasformato. Jannik era già fortissimo, ma per farlo crescere serviva tempo e tanto lavoro. Ora stiamo raccogliendo i frutti, ma Jannik ha ancora tantissimi margini di miglioramento. Certo, mi riempie di orgoglio quello che lui sta diventando. Il tennis è come un puzzle fatto di tanti pezzi che si devono incastrare. Abbiamo modificato la tecnica di servizio di Jannik e anche la tecnica del rovescio. Abbiamo approfondito la parte tattica: prima Jannik era un giocatore unidimensionale, che faceva contro chiunque lo stesso gioco; oggi invece sa cambiare in base al tipo di avversario e alla contingenza della partita. E sa variare anche i colpi”.
“Spesso ho sorriso nel leggere certi commenti. Da fuori molti considerano variazioni solo lo slice, la volée, il dropshot ecc. Abbiamo certamente inserito questi colpi nel gioco di Jannik, ma variare significa tante piccole cose che l’occhio esterno non sempre percepisce. Prenda l’ultima partita con de Minaur in Davis. Jannik lì non ha fatto chissà che smorzate o volée, eppure ha variato molto la palla, nel senso che sapeva quando tirarla piatta, o quando alzare la traiettoria per mettere in difficoltà la ricezione dell’avversario e dunque poter accelerare, mettere i piedi in campo e chiudere il punto. Oggi Jannik serve in diversi modi: forte, in slice, in kick, al corpo. E ha irrobustito la seconda di servizio, che prima era leggibile. In passato andava in difficoltà anche sullo slice degli avversari, penso al match con Wawrinka allo US Open o con Fucsovics in Australia, adesso non più”.
La strada che ha portato Vagnozzi sulla pachina di Sinner
“Per me il bravo allenatore è quello che in una carriera fa buoni risultati con più giocatori. Prima regola: adattare il tuo modus operandi al tennista che alleni. Non esiste un metodo universale per tutti. Con Sinner mi comporto diversamente che con Travaglia e Cecchinato, che sono orgoglioso di avere portato al loro punto più alto. Poi l’obiettivo rimane sempre lo stesso: trarre il meglio da ognuno, che si tratti di un fenomeno come Sinner che lavora per essere numero uno, o di un 300 del mondo. È stato importante conoscere da tanti anni Alex Vittur (da sempre manager di Sinner, ndr), che è la figura più vicina a Sinner, ma poi conta anche dare garanzie e io venivo da sette anni di buoni risultati con Cecchinato e Travaglia. Io sottovalutato? No, credo che la mia carriera da coach sia sempre stata in linea con quello che meritavo in quel momento. Amo il mio lavoro, non cerco la fama”.
Obiettivi per il la stagione 2023
“Stabilizzarsi a questo livello di ranking, quindi avere continuità di rendimento e arrivare alle semifinali Slam e in fondo ai Master 1000. Con la continuità poi magari ci scappa anche la grande vittoria. Jannik tornerà a giocare agli Australian Open (14 gennaio, ndr), fino ad allora ci alleneremo, poi in calendario abbiamo Marsiglia e Rotterdam. Ci teniamo comunque sempre un margine di flessibilità. Non pensiamo al numero 1, ma a lavorare. Poi attraverso il lavoro si può arrivare anche in cima”.