Marco Cecchinato. Kyle Edmund. Hyeon Chung (epica la partita negli ottavi contro Djokovic). Lucas Pouille. Robbie Ginepri. Cosa accomuna questi cinque giocatori, più o meno famosi? L’aver disputato una semifinale Slam nelle rispettive carriere, sempre a sorpresa, sia nel durante che ripensandoci dopo anni. La sfortuna ha frenato Chung, qualcosa si è rotto negli anni della consacrazione per Pouille, mentre si trattò di casi isolati, rari exploit, per Ginepri, Edmund (comunque con qualche permanenza di troppo in infermeria) e il nostro Ceck. Allineamenti dei pianeti, tabelloni spalancati, avversari fuori forma, le cause sono varie. I risultati però sono quelli che sono, e rimangono scritti. Se leviamo il francese, che ne giocò due consecutivi (persi) a Wimbledon e allo US Open nel 2016 superando Nadal in ottavi, per tutti osserviamo un record di 1-0 nella casella quarti di finale Slam. Dunque sommando le apparizioni dei cinque tra gli ultimi 8 in un Major arriviamo a sette, le stesse di Tommy Robredo, e due in meno di Andrey Rublev, il cui record è di 0-9.
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Lo spagnolo ne ha persi sette su sette, ma il russo ha saputo superarlo quest’anno in questo particolare “record”, divenendo il giocatore con più piazzamenti ai quarti nella storia del tennis Open senza mai issarsi in semifinale. Lui e Robredo, ex n.5 al mondo, sono gli unici due giocatori ad aver raggiunto almeno sei volte i quarti di finale senza mai andare poi avanti. Una condizione che ormai attanaglia Andrey dal 2017, dalla prima volta allo US Open. E si tratta di un vincitore 1000, con quattro qualificazioni consecutive alle ATP Finals e quattro anni di fila chiusi tra i primi 10 al mondo. Le sconfitte poi vanno sempre contestualizzate, questo è ovvio.
C’è però una discriminante che non gira proprio a favore del povero Andrey: Robredo ha sempre giocato contro giocatori classificati più in alto, e addirittura al primo tentativo, Roland Garros 2003 contro Albert Costa, andò avanti di due set. Rublev invece “solo” sette volte su nove non godeva dei favori del pronostico. Una di queste, al Roland Garros del 2022, lo ha visto anche andare in vantaggio, ed è il punto di partenza per capire se davvero il russo potrà oltrepassare questo muro via via sempre più alto.
Il rimpianto più grande
Parigi, campo Philippe Chatrier, mercoledì 1 giugno 2022. Andrey Rublev, tds n.7, sfida il ventesimo favorito del tabellone Marin Cilic, al quattordicesimo quarto in uno Slam, terzo al Roland Garros. In palio l’occasione, in ogni caso ghiotta, di affrontare Casper Ruud per un posto in finale. Il russo arriva dopo aver approfittato del ritiro di Sinner agli ottavi, e ha “finalmente”, al quinto tentativo, una concreta chance di andare in fondo in uno Slam. La partenza è anche buona, con il primo set (primo in assoluto portato a casa a questo livello nei Major) vinto per 7-5. Ma dall’altro lato trova probabilmente il miglior Cilic, alla pari con la versione che di lì a qualche mese impegnerà Alcaraz a New York, del triennio 2020-2022. Un crescendo di vincenti, martellate di dritto e badilate di rovescio il croato, che alla fine la spunterà 7-6 al quinto.
Un’ennesima, non certo l’ultima, occasione sprecata per Rublev. Dopo due sconfitte contro Medvedev (n.5 la prima volta, 4 la seconda), e una a testa con Nadal (n.1) e Tsitsipas (n.6) arriva una brutta battuta d’arresto. Contro un giocatore decisamente di livello alto, ex campione Slam, ma in un momento di forma, data anche la superficie, non certo memorabile. La cosiddetta “allergia” nel vincere quando conta del moscovita, dei problemi con la pressione e la calma, ancora sembra farsi sotto, ancora sembra attaccare, in un’annata in cui alla fine si troverà con 4 trofei alzati su altrettante finali. Ma il destino, ingordo, di lì a poco gli concederà un’altra occasione, dopo aver permesso, con tanti rimpianti, di entrare in maniera imperitura nella storia a Cilic.
La peggior delusione
Il 7 settembre 2022 l’Arthur Ashe Stadium di New York è un catino ribollente, più vicino ad una partita dei Mets che ad un quarto di finale dello US Open. Dall’altra parte della rete c’è Frances Tiafoe, che ha l’occasione di riportare in semifinale un giocatore di casa per la prima volta dal 2006. Certo è alla seconda presenza tra i migliori otto in uno Slam, mentre Andrey alla sesta, ma l’impressione è che l’americano, dopo la vittoria su Nadal, sia davvero difficile da fermare. Detto, fatto: Tiafoe vince i primi due set al tie-break, con un gioco quasi da esibizione, non permettendo mai di prendere ritmo al russo e galvanizzando l’arena.
Tre set di gran tennis, belli per gli spettatori, molto meno per Andrey Rublev, che per la terza volta (aggiungerà una quarta nel 2023 contro l’amico Medvedev, suo giustiziere tre volte a questo livello Slam) si fermerà ai migliori otto all’Open degli Stati Uniti. Una sconfitta da cui recriminare davvero qualcosa? Forse il tie-break del primo set, ma contro un avversario in missione spinto da 20000 persone è difficile rimproverare qualcosa all’attuale n.5 al mondo, un ragazzo molto emotivo, con la tensione sofferta come vero unico limite (insieme a un gioco a rete spesso vissuto come un obbligo da ossequiare per far contento chissà chi) finora mostrato nella propria carriera. Prima di rispondere all’interrogativo che ha contribuito alla nascita di questo articolo, osserviamo però nel dettaglio tutte nove volte in cui Rublev ha perso ai quarti di uno Slam.
Le sconfitte di Rublev ai quarti Slam (tra parentesi il ranking dei giocatori al momento):
- US Open 2017 – Nadal (n.1) – Rublev (n.70) 6-1 6-2 6-2
- US Open 2020 – Medvedev (n.5) – Rublev (n.14) 7-6(6) 6-3 7-6(5)
- Roland Garros 2020 – Tsitsipas (n.6) – Rublev (n.12) 7-5 6-2 6-3
- Australian Open 2021 – Medvedev (n.4) – Rublev (n.8) 7-5 6-3 6-2
- Roland Garros 2022 – Cilic (n.23) – Rublev (n.7) 5-7 6-3 6-4 3-6 7-6(2)
- US Open 2022 – Tiafoe (n.26) – Rublev (n.11) 7-6(3) 7-6(0) 6-4
- Australian Open 2023 – Djokovic (n.5) – Rublev (n.6) 6-1 6-2 6-4
- Wimbledon 2023 – Djokovic (n.2) – Rublev (n.7) 4-6 6-1 6-4 6-3
- US Open 2023 – Medvedev (n.3) – Rublev (n.8) 6-4 6-3 6-4
Il cielo è il limite?
Sky is the limit, verrebbe da dire. Aver incontrato 6 volte su 9 dei top 5, su superfici sempre a loro congeniali, di certo non ha aiutato Rublev. Questo vuol dire tutto e non vuol dire nulla. Sarebbe una giustificazione, un alibi? No, ma è di certo una valida spiegazione. Il problema è nel braccio o nella mente? Ecco, è qui che vengono tutti i nodi. Sono anni che il russo è sulla cresta dell’onda, ma mai capace di fare quel vero salto che poi scava un effettivo solco nella carriera di un tennista. Ci è parzialmente riuscito con la vittoria di Montecarlo, non ancora negli Slam, per quanto a Wimbledon per la prima volta (eccezion fatta per l’incontro contro Cilic al Roland Garros) abbia mostrato un minimo di lotta in più. Un ragazzo sensibile, anche timido, che non ha avuto un’ascesa propriamente immediata, e ha saputo anche ripartire dopo anni di parziale buio tennistico.
Ha chiuso per la seconda volta negli ultimi 3 anni l’annata in top 5, una costanza eufemisticamente invidiabile. Eppure se ne parla sempre così poco… anche se in prospettiva non è detto che sia un male. Il tennis c’è, eccome, forse qualche variazione in più potrebbe aiutarlo in alcuni match, ma con l’accoppiata servizio e dritto spesso è ingiocabile. Gestire la pressione, mantenere la calma e non darsi la colpa anche di una lucertola calpestata a Brooklyn mentre gioca ad Indian Wells. I primi passi, per fare in modo che il decimo quarto Slam possa rompere questo pesante tabù e regalargli la prima semifinale in un Major, sono questi.
Nel 2024, visto e considerato quanto mostrato nel 2023 e un gioco spesso alla pari con tutti o quasi, è una delle scommesse da fare. In uno dei due sul cemento, per quanto paradossalmente siano i due nei quali mai ha portato a casa un parziale ai quarti. Lui ha sempre giocato meglio allo US Open, ma la forma fisica e la testa di serie che sicuramente avrà in Australia rendono più pronosticabile una presenza (relativamente alle sue chance nel prossimo anno) di Andrey, il buon russo, tra gli ultimi quattro a Melbourne. In fondo il cielo sarà anche il limite…ma solo per chi non lo supererà.