Arthur Cazaux – Montpellier, 23 agosto 2002 – ha ventuno anni: uno in più di Carlos Alcaraz. Pur meno formidabile di quella dello spagnolo e di altri giovanissimi del tennis recente, la sua parabola di crescita dà segnali di convincente maturazione. Eliminando Tallon Griekspoor in tre netti parziali, è diventato l’ottava wild card a raggiungere, in Australia, la seconda settimana. È inoltre il terzo francese più giovane (dopo Guy Forget e Gasquet) a fare ottavi. Richard, con la scadenza dei punti di Auckland 2023, è recentemente uscito dalla top 100 per la prima volta in diciotto anni. Arthur, numero 122 del mondo ma simulato 83, vi entrerà per la prima volta al termine di questo Slam: se riuscisse a battere Hurkacz, suo prossimo avversario, si avvicinerebbe addirittura ai primi 60. Un passaggio di consegne?
I tre match che il francese ha disputato sin qui sono stati intensi e sorprendenti: all’esordio ha eliminato al quinto Laslo Djere, ottenendo il suo primo successo in un tabellone principale di uno Slam; Al secondo turno ha concesso un solo set ad Holger Rune, uno dei favoriti per arrivare in fondo al tabellone. L’Australian Open è stato allora scosso da una vera sorpresa, un “upset”, come dicono gli anglofoni; la presenza sul circuito di Cazaux, in ogni caso, è costante già da alcuni anni.
Arthur ha esordito sull’ATP Tour nel 2020, anno in cui ha raggiunto la finale dell’Australian Open Junior. Sin qui, la sua bacheca conta tre challenger: l’ultimo in Nuova Caledonia, qualche settimana fa (di fatto, Cazaux quest’anno non ha ancora perso una partita); i primi due a Nothanburi, Thailandia. Certamente non gli sarebbe dispiaciuto poter disputare il defunto torneo di Bangkok, visto che nel fu Siam ha raggiunto ben quattro finali nell’arco di due anni. Nel 2023 è stato giocatore di punta del circuito minore: finalista al 125 di Nottingham (in cui si è dovuto arrendere a Sir Andy Murray), ha sfiorato la qualificazione alle Next Gen Finals; a Gedda, comunque, è andato come riserva. Lì ha vinto una serie di gare atletiche fra i dieci under-21, riuscendo a superare anche il suo compatriota Fils. Effettivamente, in campo Cazaux è agile, veloce; spesso è aiutato dall’ottimo servizio: contro Griekspoor ha sfoderato 14 ace, mantenendo una percentuale dell’85 per cento di punti vinti con la prima.
Il corpo di Cazaux può anche raccontarci qualcosa di lui: sulla pelle, ha tatuati alcuni simboli che rimandano alla sua esperienza sin qui. Uno dei più importanti è un serpente: si tratta di un riferimento al Mamba, ovvero Kobe Bryant, suo idolo sportivo (insieme a Rafa Nadal). Cazaux dice di perseguire la “mamba mentality”, fatta di ambizione, perfezionismo, resilienza: la sua giovane carriera, infatti, è stata fin qui spesso interrotta da alcuni problemi fisici. L’arrivo di un nuovo fisioterapista nel team, avvenuto la scorsa primavera, sembra però aver portato una svolta sotto questo punto di vista. Da piccolo, Arthur era un talento della pallamano (che in Francia è uno sport molto diffuso, i blues hanno conquistato sei mondiali): l’ha abbandonata a tredici anni per seguire la strada del tennis. “Giocare a pallamano mi ha aiutato molto sul piano della velocità, dell’agilità, del fiato”, dice LaCaz.
La domanda, dunque, è: può Cazaux rappresentare il futuro del tennis francese? Come ha ricordato il Direttore Scanagatta nel suo ultimo editoriale, Fils, Van Assche, Cazaux, Mayot stanno risollevando il tennis francese da una crisi dovuta al declino dei moschettieri del 2000, ovvero Monfils, Tsonga, Gasquet e Simon. Le loro parabole sono quasi definitivamente giunte al termine e, nonostante tutti e quattro abbiano raggiunti grandissimi risultati, aleggia per le loro carriere un certo senso di incompiuto. Saprà Cazaux, come Senofonte fece con Tucidide, completare la loro opera?