Si riconoscono i grandi campioni quando vincono le partite difficili, e magari pure nettamente, perfino quando giocano male.
Non si può dire che Jannik Sinner abbia giocato davvero male per essere venuto a capo in tre soli set di Karen Khachanov, ma soprattutto ai nostri giorni quando invece dell’80% di prime palle ne metti sì e no il 50%, significa doverti giocare un 30% di punti sul tuo servizio in difesa invece che all’attacco. Tanta roba.
Tanta roba soprattutto contro un giocatore d’un metro e 98 che ha nel servizio, nella potenza dei suoi colpi, nella risposta e l’aggressività debordante, le principali caratteristiche. Eppure Jannik Sinner ne è venuto fuori alla grande. Chi ha giocato a tennis agonistico, anche a livelli di terza categoria, sa che il “mentale”, i nervi, la fiducia in un colpo sono fondamentali per affrontare un match e se all’inizio un colpo non va è sempre molto difficile recuperarlo nel corso di quella stessa partita.
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QUANDO IL SERVIZIO, IL COLPO PIÙ DIFFICILE, È UN VERO INCUBO
Il servizio, proprio perché un colpo che non ti dà alibi psicologici, non ti consente di attribuire la colpa di un errore alla bravura dell’avversario, a un cattivo rimbalzo, al vento o ad altro, è il colpo più delicato da…combattere se si è in giornata no.
La cattiva giornata può dipendere da tanti aspetti: dal lancio di palla, dalla spinta delle gambe, dalla posizione dei piedi, dalla scelta tattica sull’angolo da voler cercare, ma può anche non essere un angolo ma una battuta al corpo, sull’effetto da dare. Piatto, slice, kick?
Certi giocatori non sono mai riusciti a risolvere questo genere di problemi durante tutta la loro carriera. Magari solo sulla seconda palla: ricordate i doppi falli di Zverev anni addietro (ora apparentemente superati, ma se non li avesse avuto avrebbe superato Thiem nella finale dell’US Open) e quelli della Kournikova tutta la vita? E altri anche sulla prima: quante volte Sara Errani ha dovuto fronteggiare il problema, certo aggravato anche da un problema articolare alla spalla?
Di casi e di giocatori ne potrei citare all’infinito. Ma, nel mio piccolo, io ricordo quanto accadde a me, tennista di seconda categoria non paragonabile a questi campioni e tuttavia fiero di avere un servizio discreto al punto tale da permettermi di giocare alcuni miei match – perfino contro Corrado Barazzutti – facendo costantemente serve&volley in singolare e di non perdere che assai raramente il mio turno di battuta quando giocavo i doppi di seconda categoria (altrimenti non avrei vinto due volte i campionati di categoria, perdendo in finale una terza, o raggiunto 3 volte i quarti in quelli di prima categoria).
Eppure ricordo ancora oggi come un vero incubo, che mi fa ancora svegliare di soprassalto, una giornata al Tennis Parioli dove non so cosa mi accadde ma, in un doppio decisivo per la vittoria di squadra, credo di aver fatto due o anche tre doppi quasi ogni volta che che dovevo battere. Pazzesco e inspiegabile.
Contro Khachanov Jannik Sinner non è riuscito per tutto il match a risolvere il suo problema: ha chiuso il primo set con il 49% di prime palle (ma era stato più spesso al 44%), il secondo con il 56%, e alla fine in tutto il match il 54%, insomma circa una prima palla ogni due.
Però, però e però attenzione: se Jannik Sinner è riuscito a cancellare 9 palle break su 10, come l’ha fatto? LC’è riuscito mettendo nell’80% dei casi o una prima , subito vincente (sul 5-4 30-40 nel primo set, ma anche l’ace n.6 sul secondo breakpoint che avrebbe potuto issare Khachanov su un preoccupantissimo 5-3 nel secondo set, certamente il momento più critico del match) o quasi…cioè permettendogli di chiudere il punto con un dritto vincente immediatamente a seguito del servizio.
Quindi anche nella giornata no del servizio – vi ricordo che a Torino, ATP Finals, Jannik servì intorno all’80% di “prime” – Jannik ha mostrato la stoffa del vero campione.
Jannik ha raggiunto i quarti in Australia per la seconda volta consecutiva, eguaglia i 6 quarti di finale Slam di Panatta (ma Adriano 5 li ha fatti al Roland Garros… e 1 a Wimbledon) e Berrettini (che invece li ha raggiunti ovunque, come Jannik) e ora deve affrontare Rublev contro il quale in 4 incontri portati a termine non ha mai perso. Un Rublev che gioca i quarti di finale per la decima volta in carriera ma non ne ha ancora mai vinto uno. Per chi crede agli scongiuri – io no – li faccia pure, perché una prima volta c’è quasi sempre. Ma speriamo che non sia questa. Io penso che Jannik centrerà la sua seconda semifinale di Slam, dopo quella di Wimbledon, e con un percorso molto più irto di ostacoli seri. Poi se Fritz non fa il miracolo che stava per fare nel 2022 con Djokovic “stirato” _ ma quanto “stirato”? Ci furono polemiche a non finire da parte di chi considerò quello di Djokovic come un gran teatrino… – Jannik si ritroverà di fronte quel Djokovic che ha battuto due volte delle ultime tre, ma sempre sulla distanza dei due set su tre.
Non so quale sia la quota dei bookies – Gianni Clerici aveva la “fissa”, mi chiedeva sempre: “Ubaldo, i tuoi ragazzi hanno scritto su Ubitennis quale è la quota? Me la dici?” e un pochino me l’ha trasmessa – ma ancor più che ad inizio torneo mi pare che la semifinale Djokovic-Sinner rappresenti lo scenario ipotizzabile più probabile. Di nuovo i signori dello scongiuro si facciano avanti…
A Taylor Fritz, molto bravo contro Tsitsipas a giocare un match d’attacco e ad approfittare dell’incerto rovescio a una mano di Stefanos, dovrebbe altrimenti riuscire quel che non gli è riuscito in 8 precedenti duelli con il serbo. Per l’americano è il del terzo quarto di finale Slam raggiunto.
Certo Taylor sogna di poter imitare Gerulaitis post Connors e dire “Nessuno ha mai battuto Taylor Fritz 9 volte di fila” e i due anni trascorsi dovrebbero poter giocare a suo favore, se non fosse che Djokovic in Australia ha un’aura che sembra porlo al riparo da qualsiasi declino di tipo anagrafico, a dispetto dei primi turni incerti.
Djokovic, per restare in prospettiva confrontandolo con i 6 di Jannik e i 10 di Rublev, i quarti li ha raggiunti 58 volte. Se non erro, ma cito a memoria e quindi i Federeriani mi smentiscano se è il caso, credo che abbia eguagliato Roger.
Insomma i numeri del ventiduenne Sinner (14 anni più giovane di Djokovic) ne ha tanta di strada da fare, al di là dei 24 Slam vinti da Djoko, i 22 di Rafa, i 20 di Roger.
Vero che il test Mannarino per Djokovic non c’è stato. Il francese ha accusato visibilmente i 15 set combattuti in 3 maratone. Non poteva che essere così. Lui comunque, personaggio certamente inconsueto nel panorama del tennis mondiale, non si è smentito nemmeno stanotte quando, persi i primi due set per 6-0 6-0, rivolto al suo angolo si è messo le mani attorno agli occhi come fossero occhiali: i francesi chiamano il 6-0, 6-0, risultato ad occhiali. Unico! Grandissimo.
QUASI UNA SVOLTA EPOCALE SE DE MINAUR VINCEVA
Finalista l’anno scorso a Melbourne, battuto stanotte da Fritz in ottavi, Stefanos Tsitsipas scende al decimo posto. E se de Minaur non fosse crollato nel quinto set contro Rublev – che mi è simpatico anche quando non riesce a risparmiarsi furibonde sfuriate con se stesso: con le linguacce ha fatto uno show capace di oscurare Del Piero – Tsitsipas sarebbe addirittura uscito dai top-ten. (Qui aggiornamento sui primi 10, con Norrie che potrebbe fare il guastafeste). E questa sarebbe stata una svolta epocale: per la prima volta nella storia ultracentenaria del tennis non ci sarebbe stato più neppure un top-ten con il rovescio a una mano. Temo, e mi dispiace per Tsitsipas, che la svolta sia comunque alle viste.
TSITSIPAS AVREBBE 11 ANNI MENO DI FEDERER QUANDO…
Fossi lui, che ha solo 25 anni, penserei seriamente se non sarebbe il caso di studiare qualcosa. Forse anche di “affrancarsi” sul serio da un padre onnipresente, fondamentale per la sua carriera fino ad oggi, ma troppo invasivo, troppo ossessivamente angosciante punto dopo punto mentre Stefanos avrebbe bisogno di tranquillità, serenità, concentrazione. Evito di menzionare casi analoghi nel tennis femmnile…
Ricordo però che Roger Federer, i cui genitori non hanno mai messo bocca sulle questioni tecniche del suo tenns, non vinse più uno Slam dal 2012 al 2017 perché il suo rovescio, così bello a vedersi quando vincente, era diventato però il suo punto debole. Finchè arrivò Ljubicic e lo convinse a cambiare qualcosa. Poi sapete come quei cambi abbiano funzionato. Nel 2017 Roger aveva 35-36 anni, non 25 come Stefanos.
ACCANTO A SINNER ANCHE JASMINE PAOLINI NEI QUARTI PER UN NUOVO EXPLOIT AZZURRO? LA STORIA DIETRO LA PORTA
Avrete forse letto l’interessantissima “esclusiva” intervista di Vanni Gibertini con Renzo Furlan, il coraggioso e bravissimo coach di Jasmine Paolini. Se non l’aveste fatto siete a tempo. Capisco che Jasmine non guardi i tabelloni per non distrarsi, per concentrarsi al massimo senza fare inutili sogni di gloria prima del tempo e scopra i nomi delle sue avversarie soltanto quando lei ha vinto la sua partita che precede il duello con l’avversaria fin lì a lei ignota.
Però mi ha stupito un po’ invece che Renzo abbia detto di aver seguito la partita fra Kaliniskaya e Stephens senza sapere che chi l’avesse vinta avrebbe poi affontato Jasmine in caso di una sua vittoria su Blinkova. Non mi permetto di criticare questa sua abitudine. Ci mancherebbe! Ma tuttavia mi sorprendo perchè credo che Renzo avrebbe finito per seguire quel match che ha preceduto Paolini-Blinkova con una diversa attenzione rispetto ad ogni più piccolo dettaglio che forse è emerso e non è detto che non gli sia sfuggito. Non dubito che conosca benissimo le caratteristiche della Kalimiskaya, ma la ragazza russa sta mostrando in questi giorni australiani, da Brisbane a Adelaide a Melbourne, apparenti (e consistenti) miglioramenti. Per carità, il giorno libero gli avrà consentito di recuperare tutto il video di quella partita, anche su Discovery Channel e quindi può averlo fatto in un secondo momento. Anzi, ripensandoci, lo avrà fatto di sicuro. Sarei curioso di sapere se quel video lo riguarda lui solo o insieme a Jasmine. Chiederò a Vanni che glielo chieda. Vedremo domattina quel che accadrà, con un’altra levataccia per chi sta in Italia, ma se avessimo nei quarti dello stesso Slam sia un uomo sia una donna sarebbe una “prima” assoluta per il tennis italiano. Ad maiora e se i quarti della metà bassa del tabellone non fossero dopo gli ottavi: Hurkacz-Medvedev, Zverev-Alcaraz, io sarei abbastanza sorpreso.