A Melbourne Alexander Zverev ha appena concluso il suo match di secondo turno agli Australian Open, una maratona durata 4 ore e 40 minuti, vinto contro lo slovacco Lukáš Klein. Una volta in sala interviste una giornalista chiede al tedesco se si presenterà al processo che si terrà a maggio, in cui lui è accusato di violenza domestica. Scende il gelo. Al che Sascha replica seccato: “Non è la domanda che mi aspetto dopo aver giocato 4 ore e 40, comunque non so davvero che dire, il processo è a maggio”.
Il caso è storia nota. Siamo nel 2020, tra fine ottobre e inizio novembre, un’ex fidanzata di Zverev, Brenda Patea, annuncia di essere incinta del tennista tedesco. A pochi giorni di distanza un’altra ex fidanzata, Olga Sharypova, rilascia un’intervista a Ben Rothenberg, pubblicata sul magazine Racquet, dove racconta di aver subito violenze da parte di Zverev. Il resoconto di Sharypova è terrificante: si parla di violenze verbali e fisiche, di testa sbattuta contro il muro, tentativi di soffocamento. La ragazza è spaventata per la sua incolumità, teme il peggio, la situazione sfugge di mano. Durante la Laver Cup del 2019 Olga tenta il suicidio iniettandosi insulina (Zverev è diabetico), ma viene salvata dall’intervento del tennista e di un funzionario del torneo.
Tre anni dopo Zverev si trova condannato a pagare una multa di 450.000 euro per lesioni personali, dal momento che è stata emessa un’ordinanza penale nei suoi confronti, alla quale il tedesco presenta comunque ricorso. Ma la persona che sarebbe stata vittima di queste lesioni non è Olga Sharypova, bensì Brenda Patea, ex fidanzata e madre del figlio di Zverev.
Tornando al presente la questione è stata riportata alla cronaca – in quel post partita di secondo turno di una fredda notte australiana – dato il processo imminente. Ma c’è dell’altro. I giornalisti Michael Koziol e Carla Jaeger hanno interpellato alcuni colleghi di Zverev circa le accuse di violenza domestica, senza trovare grande partecipazione. Tsitsipas si è detto “completamente all’oscuro dei fatti”; Cameron Norrie ha rilasciato un laconico “difficile da commentare”, sulla stessa falsariga Casper Ruud e Alex De Minaur. Difficile aspettarsi altro, anche perché l’attuale numero 6 del mondo è recentemente diventato membro del players council, ovvero rappresentante dei giocatori negli organi istituzionali ATP.
L’unica ad esporsi in qualche modo, con grande educazione e tatto è stata Iga Swiatek, numero uno del mondo. La polacca sostiene che promuovere a un ruolo istituzionale un tennista che sta affrontando delle accuse così gravi, non sia certamente positivo. Zverev ha accusato Koziol di aver cercato clic facili. Lo stesso giornalista smentisce. Come si concilia tutto questo? Nel circuito aleggia una aria di indifferenza a proposito la vicenda. Far finta di nulla, girare la testa per non vedere, non sembra essere la soluzione giusta, soprattutto perché in un ambito differente da quello tennistico certamente una faccenda simile avrebbe ben altra risonanza.
Gli esponenti della stampa tennistica americana, forse ingessati dai paradigmi delle leghe professionistiche del loro Paese, si chiedono come mai l’ATP non abbia una policy che imponga sospensioni preventive a chi è accusato di violenza domestica come avviene per esempio nella NBA o nella NHL, senza tenere presente che quelle sospensioni sono “a stipendio pieno”, cosa tecnicamente non possibile nel tennis ove i giocatori sono liberi prestatori d’opera che quindi verrebbero privati della loro fonte di guadagno se sospesi dal tour. Nessun suggerimento è stato dato per risolvere questo vistoso inghippo, e l’ATP appare ben intenzionata a non affrontare la cosa di petto.
Come già accennato, Sascha Zverev dovrà affronare il processo a maggio, un processo nel quale teoricamente rischia parecchio. Lui sembra totalmente tranquillo, ma se dovesse essere ritenuto colpevole dovrebbe affontare le conseguenze di una fedina penale non pulita, cosa che invece non sarebbe successa se avesse semplicemente accettato di pagare la multa (ma forse si sarebbe esposto a rappresaglie di tipo diverso da parte di ATP e affini. Anche se dovesse evitare la prigione, la presenza di una condanna nel suo record complicherebbe non poco la sua attività tennistica: potrebbe infatti essere molto più difficile, se non impossibile, ottenere i visti necessari per recarsi nei vari Paesi nei quali si disputano i tornei.
Con l’infortunio alla caviglia finalmente alle spalle e buone prospettive per la stagione in corso, questa grana giudiziaria davvero non ci voleva per Zverev.