Dal dicembre 2022, Claudio Zimaglia è il nuovo osteopata e fisioterapista di Novak Djokovic, chiamato a sostituire Ulises Badio dopo oltre cinque anni di collaborazione.
Claudio Zimaglia si è formato come Fisioterapista a Torino, prima di diventare anche Osteopata in Francia. Ha iniziato con l’atletica leggera prima di essere catapultato nel mondo del tennis professionistico. Nel 2014 inizia a seguire il top player, Milos Raonic, prima di seguire altri grandi campioni come Maria Sharapova, Borna Coric e più recentemente, Jannik Sinner, presso il Piatti Tennis Center. Quando non è in giro per il mondo, continua ad insegnare Osteopatia a Torino per essere sempre aggiornato sull’evoluzione del suo lavoro.
Alla vigilia della semifinale tra Jannik Sinner e Novak Djokovic, abbiamo fatto una lunga chiacchierata con Zimaglia per sapere come si svolge il suo lavoro e come gestisce un compito così importante, da sempre a stretto contatto con i giocatori più forti del mondo.
D: Com’è cambiato negli anni il suo ruolo a fianco dei professionisti da quelli di 10 anni fa rispetto a oggi?
Zimaglia: “A livello personale la situazione è in continua evoluzione, quando ho cominciato nel ‘89 con Piatti e Furlan, dovevo capire bene quali fossero le situazioni critiche dal punto di vista muscolare. Arrivavo dall’atletica leggera, non conoscevo bene gli sforzi muscolari dei tennisti; quindi, dovevo capire quali fossero le nuove necessità nel mio lavoro. All’inizio il mio rapporto con i giocatori era più legato a capire quali fossero i muscoli più sollecitati e che metodo di allenamento affiancare dopo il trattamento. Con il passare degli anni, facendo sempre più pratica ed esperienza, ho iniziato ad avere dei rapporti completamenti diversi. Capivo subito le situazioni critiche e mi confrontavo molto più facilmente anche con il team. Oggi c’è molto più rapporto umano, quando andiamo via per un torneo conviviamo proprio come se fossimo una famiglia”.
D: Inizialmente che cosa l’ha spinta a lasciare tutto per girare il mondo al fianco di un professionista?
Zimaglia: “Ho dovuto chiudere lo studio che avevo, e ho ridotto molto le lezioni. È stato un cambio drastico. Ho deciso di prendere una strada completamente diversa, però era quello che ho sempre voluto fare: poter lavorare liberamente con le mie capacità mettendomi completamente al servizio di un atleta. Ho sempre voluto lavorare nel settore sportivo, ho iniziato nello specifico con Raonic nel 2014 ma avevo sempre lavorato nel mondo dello sport. Volevo provare a mettermi in gioco con atleti professionisti che devono lavorare sul campo. La mia idea è sempre stata quella di portare l’atleta al massimo livello possibile. Non ho mai voluto lavorare tanto sul recupero dagli infortuni, preferisco dedicarmi allo sviluppo di un atleta con un corpo sano”.
D: Come gestisce la sua responsabilità lavorativa dal momento che tratta dei corpi molto “preziosi”?
Zimaglia: “Dipende molto anche dall’atleta. Quando tratto gli atleti giovani, in fase di costruzione, è molto più facile guidarli, perché si affidano completamente alle mie conoscenze. E mi concentro sempre molto sul bilanciamento posturale perché il tennis lo scompensa tantissimo. Invece la situazione è molto diversa quando un atleta è già formato perché ha provato tante cose e sa quello che vuole; quindi, sono io a dovermi “adattare” un po’ alle sue richieste. Nel mio lavoro è molto importante continuare a insegnare per aggiornare non solo gli studenti ma anche me stesso”.
D: Tra i vari professionisti, qual è stato quello che l’ha colpita di più dal suo punto di vista?
Zimaglia: “La prima che mi viene subito in mente è la Sharapova. Perché si è sempre messa in gioco in un modo che mi ha davvero stupito. Aveva già vinto tutto ma il suo obiettivo era mantenere lo stesso livello nonostante le criticità fisiche. Il suo impegno durante la giornata era incredibile. Ormai tutti gli atleti fanno così, Djokovic in primis, non è certo uno che mollerà mai. Ma ai tempi l’avevo trovata un’eccezione. Soprattutto per aver accettato un cambio di vita e di ambiente molto drastico, da Los Angeles a Bordighera per allenarsi, non è proprio la stessa cosa”.
D: Oggi sono tutti molto più attenti all’alimentazione e allo stile di vita in generale. Crede che questo abbia cambiato in modo notevole la condizione fisica dei giocatori?
Zimaglia: “Incide in maniera decisamente importante, anche se nel tennis è molto difficile mantenere una linea guida alimentare perché si cambia sempre paese. Lo stomaco e l’intestino fanno sempre molta fatica ad adattarsi ai cambi di orari, hanno bisogno di tempo prima di riuscire a digerire bene. Molti infatti, hanno fastidi di stomaco durante i tornei per questo motivo. Però gli atleti professionisti di altissimo livello hanno quasi sempre il cuoco e riescono a mangiare una cucina tra virgolette casalinga, senza stravolgere le loro abitudini. Negli anni sono subentrati il nutrizionista, il dietologo, e con loro nuove integrazioni a base di sali minerali, vitamine. La situazione è molto più controllata rispetto a una volta e questo crea un grandissimo vantaggio per il recupero fisico dopo uno sforzo importante”.
D: L’esempio di Cahill e Vagnozzi che per la prima volta hanno vinto il premio come miglior allenatore dell’anno dimostra che la giusta collaborazione può essere vincente. Anche lei lavora con un altro fisioterapista al fianco di Djokovic, come gestisce la collaborazione?
Zimaglia: “La cosa fondamentale è mantenere sempre una buona comunicazione per informarlo sui problemi, eventuali fastidi, anche a livello alimentare, per sapere come comportarsi. L’arma vincente è la comunicazione corretta e costante. Io mi occupo dei tornei Masters 1000, mentre lui lo segue durante gli Slam anche perché lo conosce da molto più tempo, però siamo sempre in due a interagire”.
D: Di recente sono usciti diversi articoli che parlano di una “mano italiana magica” dietro al successo dei giocatori, citando lei e Sirola (preparatore fisico di Zverev). Avete approcci lavorativi simili?
Zimaglia: “Il mio grande vantaggio quando lavoravo con Sirola era che parlavamo la stessa lingua e così si creava una perfetta sinergia sul lavoro. Facevamo sempre delle valutazioni insieme prima di iniziare a preparare il lavoro specifico per l’atleta. Il terapista senza preparatore fisico è una zona vuota. Tra la riabilitazione e la preparazione fisica c’è una zona grigia fondamentale, soprattutto quando l’atleta gioca tanto e non ha tempo di allenarsi. Molti atleti sono forti da giovani ma poi rischiano di farsi male perché non hanno modificato la loro preparazione fisica al pari della prevenzione”.
D: Prima di lavorare con Djokovic ha seguito molto anche Sinner. Ricorda se Jannik avesse mai preso Djokovic come ispirazione?
Zimaglia: “No, però mi ricordo che Sinner guardava le partite di un po’ tutti i giocatori. Non aveva un atleta come ispirazione particolare. Quello che lo interessava davvero era capire la mentalità dei giocatori più che la forza fisica. Voleva studiare i punti di forza e piano piano, anche giocando tante partite, capire quali fossero le debolezze dei suoi avversari. Novak a livello mentale è bravissimo, capisce sempre le debolezze sia fisiche che emotive dei suoi avversari”.
D: Lei affianca il Pilates al Tennis, pensa che questo possa fare la differenza nella preparazione fisica?
Zimaglia: “Si, assolutamente. Ho introdotto il pilates tra gli atleti e ho iniziato anche a insegnarlo agli studenti. Personalmente, lo utilizzo molto nella fase di riscaldamento dell’atleta per attivare bene tutte le zone del corpo. A molti professionisti piace e cerco sempre di farglielo praticare”.