“Ho pianto tantissimo” – dice Qinwen Zheng, ripensandoci. La storia della ventunenne tennista cinese, splendida finalista all’Australian Open 2024, è la stessa di tanti bambini-prodigio del suo paese; ne parla in un articolo sul New York Times” il reporter Matthew Futterman.
È infatti piuttosto normale che i più promettenti atleti in erba lascino le famiglie per crescere in accademie dislocate in grandi città, perdendo di vista il proprio ambiente naturale molto presto. A sette anni Zheng parte con i genitori da Shiyan, “piccola” cittadina di poco più di un milione di abitanti, per una visita a un centro sportivo di Wuhan, metropoli dieci volte più popolosa.
Le lacrime sono comprensibili se consideriamo che papà e mamma non le hanno detto che sarebbero tornati a casa senza di lei. Tre anni durissimi e in seguito il trasferimento a Pechino in un’altra struttura, sotto la supervisione di Carlos Rodriguez, coach di Li Na, tennista capace di vincere due prove del Grande Slam, Parigi 2011 (con Francesca Schiavone finalista) e Melbourne 2014, e di giocare altre due finali, sempre a Melbourne nel 2011 e 2013.
I successi della campionessa di Wuhan hanno ispirato la diaspora di tantissimi piccoli atleti cinesi che sono partiti da casa e hanno afferrato molto presto la racchetta in mano; a loro sono affidate le speranze di trasformare la Cina in una potenza mondiale del nostro sport. Il “peso” dell’eredità di Na Li e in misura minore di Peng Shuai è così sulle spalle di Zheng e dei tennisti della sua generazione: lo scorso anno Wu Yibing è diventato il primo cinese capace di vincere un torneo ATP.
Lo sforzo non ha certo ancora prodotto risultati in linea con le ambizioni, ma Zheng resta la figura di punta del movimento. Tornando alle sue vicende, i genitori affittano un appartamento e “incaricano” i nonni di andarla a trovare a turno, per fare loro stessi una capatina ogni quindici giorni. Ma Qinwen non li vuole incontrare; probabilmente ha dei conti in sospeso con loro. Il suo talento le consente di primeggiare tra i prospetti del suo paese e di guadagnarle, tramite la stessa agenzia che rappresentò proprio Na Li, la trasferta a Barcellona, per confrontarsi con le migliori tenniste della sua generazione allenandosi nella parte del mondo vicina ai tornei juniores più competitivi.
Quest’ultimo trasferimento deve essere sembrato molto delicato ai genitori di Zheng, dal momento che la madre segue la figlia nella città spagnola, rimanendole così vicino per il resto della sua crescita personale e atletica. Durante la scorsa primavera il suo team si rivolge a Wim Fissette, coach in precedenza di campionesse quali Clijsters, Halep, Kerber e Osaka. L’esperto allenatore intravede indubbie qualità nel virgulto asiatico e avvia una collaborazione che si interrompe a sorpresa pochi mesi dopo per il “ritorno di fiamma” tra il trainer belga e la campionessa giapponese, desiderosa di ritornare alle competizioni.
Fissette aiuta comunque Zheng ad adottare un atteggiamento più propositivo e offensivo: “devi dominare il gioco, non puoi sempre aspettare l’errore dell’avversaria; spesso i giocatori sono meno aggressivi di quanto pensano di essere”. ”. La tennista torna così ad affidarsi a Pere Riba, il coach che l’ha portata nella top 30.
Nel 2022 Zheng cede solamente al terzo set contro Iga Swiatek negli ottavi di finale del Roland Garros; durante la scorsa stagione, dopo la sconfitta al primo turno sull’ostica erba di Wimbledon, Qinwen ritorna a casa per riabbracciare dopo un anno e mezzo famigliari e parenti. La stagione estiva americana le regala ottimi risultati con il culmine nel quarto di finale a Flushing Meadows perso contro Aryna Sabalenka; ma lei non guarda solo al lato agonistico. La bimba che a sette anni si è trovata drammaticamente senza gli affetti più cari per giocare seriamente a tennis nella metropoli, quattordici anni dopo affronta una nuova solitudine.
Ma le cose adesso sono parecchio diverse: girare per New York, ammirarne la skyline, dedicarsi una passeggiata in Central Park e scoprire come il rumore delle automobili possa spegnersi e lasciarla ai suoi pensieri, sono scoperte che hanno un sapore speciale e dolcissimo. Sono conquiste. “Per tanti anni altre persone hanno preso decisioni importanti per me e hanno diretto tutti i miei passi in giro per il mondo” – dice. “Ora posso decidere anche io del mio tempo e la solitudine ha tutt’altro gusto. Ora sono a mio agio con me stessa”.