Sapere quale racchetta usa il pro che stai guardando in TV è piuttosto immediato anche per chi non è particolarmente ferrato sull’argomento, dal momento che il logo della marca fa bella mostra di sé sul piatto corde. Che poi, soprattutto se si tratta di un top player, quella che impugna non sia esattamente la stessa che troviamo in negozio è materia che, almeno qui, lasciamo a specialisti e nerd.
Tuttavia, a parte rare e involontarie volte (quasi sempre involontarie), la palla è effettivamente impattata non col il telaio bensì con le corde, l’elemento dell’attrezzatura dei professionisti decisamente meno mainstrean. Ciò nonostante l’impatto (non solo letterale) sul nostro sport che ha avuto l’introduzione del monofilamento – il primo Roland Garros vinto da Guga Kuerten è stato l’evento di svolta –, per il suo incomparabile snapback, un rapidissimo ritorno delle corde alla posizione originale che garantisce un notevole aumento della rotazione. E nonostante Roger Federer ci spendesse forse quei quarantamila dollari all’anno.
Se Ubitennis ha già esaurientemente trattato il tema dell’evoluzione delle corde e l’impatto (sì, ci piace il termine) sulle finanze del fenomeno di Basilea, questa settimana ringraziamo Grant Thompson, coach di tennis e redattore per l’ATP, per aver postato una foto dalla sala degli incordatori al Dallas Open che potrebbe avere come didascalia “tutto quello che vorreste sapere ma siete troppo pigri per affannarvi in una ricerca”: per ogni tennista, i modelli di racchetta e corde e la relativa tensione.
Se per quanto riguarda i modelli delle corde ci limitiamo a osservare che 11 dei 27 tennisti elencati usano un’incordatura ibrida, vale a dire un tipo differente per verticali e orizzontali, spostiamo l’attenzione sulle tensioni. Ma prima qualche precisazione: i tre loghi sulla sinistra identificano un brand partner sia del torneo sia dell’ATP, due tennisti in fondo alla lista non sono restii a comunicare il modello usato, non ci addentreremo in valutazioni sulla differenza dei modelli e nemmeno dei materiali (leggi il budello, usato da sei giocatori), una tensione più alta garantisce più controllo e una più bassa maggiore potenza. Ecco dunque coloro che in quel di Dallas “tirano” di più e di meno. Molto meno.
In cima troviamo Ben Shelton con 24,5/26 kg e Rinky Hijikata con 25,5. 193 cm per 88 chili di esplosività il primo, 15 (cm e kg) in meno il secondo. Tra i tennisti più in vista del gruppo, vediamo Tiafoe con 19, Paul con 22,5/24, il monomane Eubanks con 22, Thompson con 23, Nishioka con 24,5/23,5. Non ci sono più le tensioni di una volta, signora mia, quando anche molti tennisti di quarta categoria (che non si chiamava così negli anni ’90) si avvicinavano ai 30 chili. Tirando così il monofilamento, peraltro, le probabilità di dire addio al gomito sono parecchio alte.
Chi non rischia affatto è il vero eroe di questo elenco, Adrian Mannarino, che invertendo l’ordine diventa primo per distacco con i suoi 9,5 kg, nove chili e mezzo, quasi dieci meno di Frances, il secondo più… lasco. Certo, si sapeva che il trentacinquenne francese, ora nel momento migliore della sua carriera, ama tensioni non troppo superiori ai retini da pesca, ma vederlo scritto nero (blu) su bianco fa sempre il suo effetto.
Tempo fa Mannarino aveva spiegato che per riuscire a controllare la palla con quella fionda che si ritrova in mano “basta abituarsi”: forse non è qualcosa alla portata tutti, ma attorno al 2012 Adrian si era visto costretto a prendersi del tempo per cambiare l’impugnatura del dritto a causa di un dolore invalidante e apparentemente senza soluzioni mediche, quindi la capacità di adattamento non gli manca. Però un dubbio ci rimane, in attesa dell’occasione di porre direttamente a lui la domanda: quando rompe una corda, come se ne accorge?