Il triste protagonista degli ultimi giorni, pur non avendo vinto nessuno dei tre tornei in programma questa settimana, è senza dubbio Andrey Rublev. La sua folle reazione contro un giudice di linea ne ha comportato l’inevitabile squalifica, mandando Bublik in finale a Dubai quando si era ad un solo game dal tie-break del terzo set.
Ancor più folle è il fatto che, se non ci fosse stato un giudice di linea di madrelingua russa a cogliere l’appellativo di “fott*to idiota” che Rublev ha gentilmente attribuito al collega, questo articolo non esisterebbe neanche. È bene precisare infatti, per chi magari non avesse ancora chiara la dinamica dell’incidente, che il russo non è stato squalificato per aver sbraitato in faccia ad un ufficiale di gara. La squalifica, al contrario, è avvenuta soltanto perché, sfortunatamente per Andrey, un altro ufficiale di gara parlava la sua stessa lingua. Se nessuno avesse compreso le sue parole probabilmente se la sarebbe cavata al massimo con un warning. Il che già, di per sé, fa riflettere.
Nel momento in cui Rublev è stato squalificato, secondo il regolamento dell’ATP avrebbe automaticamente dovuto perdere punti e soldi guadagnati fino a quel momento. È sempre successo così in questi casi, non ultima per clamore l’esplulsione di Novak Djokovic dallo US Open, torneo da cui il serbo non ha ricevuto alcun punto né premi in denaro.
Allo stesso modo, tutti ragionevolmente si attendevano che anche per Andrey funzionasse allo stesso modo. I 200 punti che non gli sarebbero dovuti essere assegnati avrebbero anche riportato in top5 Alexander Zverev, che però questa mattina si sarà svegliato, avrà magari controllato il sito ATP… e visto che al n°5 c’era ancora Rublev.
Già, ma perché? È come se, di fatto, non fosse successo niente? Come se Rublev avesse regolarmente perso in semifinale?
Di fatto sì. Come spiegato da James Gray su inews, infatti, il russo ha presentato un ricorso all’ATP, che è stato accolto poiché la pena sarebbe stata sproporzionata.
“L’appello presentato da Rublev ha preso in considerazione testimonianze da giocatori e ufficiali di gara, in aggiunta alla revisione di tutti i materiali video e audio“ – ha spiegato ad inews un portavoce dell’ATP. Verrebbe subito da chiedersi: era necessario attendere tutto questo tempo? Perché, pur con la tecnologia a disposizione, ci si ostina a non utilizzarla?
Andrey, contrariamente a quanto affermato dal giudice di linea, ha sempre sostenuto di non aver neanche mai parlato in russo. Sarebbero bastati cinque, forse dieci minuti di video review per accertare la dinamica di quanto accaduto, ma il circuito non ne prevede l’utilizzo.
In conclusione, la commissione che ha preso in esame l’appello del 26enne di Mosca ha decretato che “le consuete penalità legate ad una squalifica, ovvero la perdita di punti e prize money accumulati fino a quel momento nel torneo, in questo caso sarebbero state sproporzionate. Di conseguenza, Rublev conserverà i punti e il prize money della semifinale“.
Ecco dunque spiegato il motivo per cui chi ha dato un’occhiata al ranking ATP ha regolarmente trovato il russo al quinto posto. I 200 punti della semifinale di Dubai hanno dunque permesso a Rublev di restare davanti a Zverev (Sascha ha appena 60 punti in meno, 4950 contro 5010) in classifica. Il campione di Montecarlo ha anche intascato l’assegno da 157.755 dollari, uscendo da questa situazione senza neanche un comunicato di scuse e cavandosela con una multa da 36.400 dollari.
Inevitabilmente, ci sarà un prima e un dopo creato dal caso-Rublev. Di fatto si crea così un precedente, riducendo ulteriormente il (già pochissimo) potere degli ufficiali di gara e lasciando ancora più spazio alle follie degli atleti, sui cui comportamenti spiacevoli si tende ormai a chiudere sempre più di un occhio.