IL ROVESCIO A UNA MANO
Torniamo alla particolarità di Parry: il rovescio a una mano. Per cominciare ecco una classifica elaborata da Tennisabstract.com che elenca le giocatrici a una mano attive in WTA. Si tratta delle prime 500 nel ranking di questa settimana:
Dall’elenco si deduce che le più forti “monomani” giovani (cioè quelle nate negli anni duemila) sono francesi. Si tratta di Diane Parry, Jessika Ponchet e Margaux Rouvroy. Forse è solo un caso o forse no; chissà che la nazione che ha avuto una campionessa come Amélie Mauresmo abbia una federazione più disposta a dare credito al rovescio a una mano.
Per quanto riguarda il caso specifico di Parry, in breve la sua storia è questa: Diane è nata a Nizza ma si trasferisce quasi subito con la famiglia alla periferia di Parigi (Boulogne-Billancourt), dove inizia prestissimo a giocare a tennis. La portano al circolo i genitori quando non ha nemmeno cinque anni, con lo scopo di trovare una attività che le consenta di sfogare la grande energia che mostra nell’arco della giornata.
Inizialmente utilizza il rovescio a due mani, ma a dodici anni decide di provare con una mano sola. Segno che Diane non ha paura di andare controcorrente; per esempio QUI si racconta che anche per quanto riguarda l’abbigliamento tecnico si è accordata con il fornitore in modo da evitare il solito gonnellino e indossare solo pantaloncini.
Crescere a Boulogne-Billancourt significa abitare vicinissimo al Roland Garros e ai campi della federazione francese tennis. In pratica Diane si ritrova con casa, scuola e circolo nel giro di qualche centinaio di metri. Una situazione privilegiata, a cui si unisce il vantaggio di cui godono gli atleti provenienti dalle quattro nazioni che organizzano gli Slam. Come è noto, esistono accordi di reciproca collaborazione che si traducono in wild card di accesso ai Major per i giovani più promettenti (a volte nelle qualificazioni, a volte nel main draw). Questo consente a Parry di avere occasioni per misurarsi sin da giovanissima con le migliori professioniste: le prime wild card negli Slam datano 2018-9.
Atleta di “interesse nazionale”, è seguita da coach di fama sin da ragazzina, grazie all’appoggio della federazione francese. Dai 14 ai 16 anni è allenata da Julie Coin (ex giocatrice best ranking WTA numero 49), poi da Gonzalo Lopez (ex coach di Medina Garrigues), da Loic Courteau (ex capitano di Fed Cup) e da Martin Vilar (argentino).
Non tutto nella sua carriera però è stato agevole. Infatti proprio quando Diane è pronta al grande salto nel circuito WTA, arriva la pandemia, che in pratica significa perdere un anno in una fase cruciale di crescita. Difficile immaginare un momento peggiore per subire lo stop della attività agonistica.
Nel 2021 decide di giocare quasi solo su terra battuta, con lo scopo di rafforzare il fisico e affrontare al meglio il passaggio nel professionismo. I frutti di questo lavoro si apprezzano nel 2022, quando per la prima volta entra fra le prime 100. Il momento di maggior risalto mediatico arriva proprio al Roland Garros 2022: al primo turno elimina la allora campionessa in carica Barbora Krejcikova (1-6, 6-2, 6-3).
La mia prima (sommaria) impressione, avuta nelle occasioni in cui l’avevo vista da junior era quella di una giocatrice con un gran bel braccio ma con qualche limite nella potenza e nella mobilità. E se un certo deficit di potenza è del tutto fisiologico in una ragazzina, meno semplice da risolvere in prospettiva è la questione legata agli spostamenti.
Come è naturale che accada, nel corso degli anni il suo modo di stare in campo si è evoluto; da teenager era una giocatrice con i tre colpi-base (servizio, dritto, rovescio) piuttosto vicini tra loro come efficacia. Ma se valuto la Parry del 2024, trovo diverse differenze. Oltre che per la potenza, il servizio è cresciuto nella varietà esecutiva: Diane serve bene anche palle lavorate (slice o kick), senza particolari problemi nelle diverse direzioni. Direi che proprio la varietà di soluzioni è la qualità migliore della sua battuta.
Sicuramente è cresciuto anche il dritto, colpo sul quale conta sempre di più per trovare i vincenti durante lo scambio. Mentre il colpo meno progredito mi sembra proprio il rovescio. A mio avviso i problemi sono esattamente quelli “da manuale”, vale a dire quelli che ci si aspetta per chi utilizza il rovescio a una mano.
Ho già indicato sopra il link all’articolo che spiega le ragioni tecniche di questa difficoltà. Per chi non ha voglia di andare a leggere altrove, riporto qui almeno la parte fondamentale del discorso, scritta da Luca Baldissera. In sintesi, per chi gioca a una mano, i problemi “nascono in tutte quelle situazioni (soprattutto risposta al servizio e recuperi difensivi) nelle quali il giocatore si trova aggredito dal rimbalzo, e non può impattare davanti al corpo. I bimani, in queste circostanze, grazie all’appoggio della mano di richiamo, hanno la possibilità di recuperare le eventuali frazioni di secondo di ritardo sostenendo e accompagnando la racchetta proprio con la mano non dominante”.
E poi: “Per eseguire un corretto topspin è possibile giocare dei buoni rovesci bimani anche in stance (posizione) praticamente frontale, mentre l’esecuzione a una mano può venire sviluppata con incisività solo da affiancati e anche – e meglio – oltre (neutral o closed stance). Anche questo posizionamento del corpo richiede tempo per essere messo in atto. In uno sport nel quale il ritmo e la velocità di gioco sono ormai arrivati a limiti estremi, margini simili si traducono in vantaggi enormi per i bimani”.
Ecco, purtroppo i problemi di Parry dalla parte del rovescio sono spesso determinati dalla scarsa incisività in risposta e dalla tendenza a perdere campo quando lo scambio cresce di velocità e profondità. Evidentemente per ovviare a difficoltà che possiamo definire strutturali, occorrerebbe una qualità superiore negli spostamenti, che Diane al momento non possiede.
All’Australian Open 2024, Parry si è fermata al terzo turno contro Mirra Andreeva: pur essendo arrivata a condurre per 5-1 nel terzo set, grazie a un bel tennis vario e spesso aggressivo, ha finito per perdere al tiebreak (6-1, 1-6, 7-6). A mio avviso il recupero di Andreeva nel set finale è in parte merito delle qualità della giovane russa, ma in parte dovuto a una crisi di braccino da parte di Diane. O meglio: in questa particolare occasione usare il termine “braccino” non rende l’idea, perché in realtà negli ultimi game a tradirla non è stato il braccio, ma soprattutto le gambe.
Mi spiego: di fronte alle geometrie in stile Hingis di Andreeva, Parry si è irrigidita, faticando a coordinare la fase di rincorsa con quella dello swing, ma anche arretrando dalla linea di fondo. E così ha innescato una spirale negativa: game dopo game, per lei il campo cresceva in larghezza e lunghezza. Mirra molto lucidamente ne ha approfittato, muovendola sempre più sia in orizzontale (destra/sinistra) che in verticale (avanti/indietro). Si dice che quando un tennista è in difficoltà ad andare in crisi è la parte più costruita e meno naturale del suo repertorio. Ecco, nel caso di Diane è emersa la poca fluidità e reattività negli spostamenti.
Nell’ultimo torneo disputato, il 1000 di Indian Wells, Parry si è spinta sino al quarto turno (dopo avere sconfitto Trevisan, Fernandez e Blinkova), fermata dalla futura finalista Maria Sakkari. Contro Sakkari si è trovata avanti nel terzo set per 3-2 e servizio, prima di subire il recupero delle più esperta avversaria sotto forma di quattro game consecutivi (6-2, 3-6, 6-3).
Ma in California la sconfitta non ha avuto granché in comune con quella di Melbourne. Anche perché, in questo match, Parry dalla parte del rovescio ha deciso di utilizzare soprattutto la versione slice. Una impostazione che ha trasformato la sua strategia di gioco in qualcosa di molto simile alle scelte di Ash Barty o Roberta Vinci; vale a dire colpi in spinta e di aggressione dalla parte del dritto e colpi in rallentamento e di contenimento dalla parte del rovescio. Meno spettacolare, ma in fondo anche questa è una possibilità, specie contro le giocatrici dalla palla particolarmente pesante e/o profonda.
A oggi direi che Parry è una tennista ancora in fase di definizione, alla ricerca dei migliori equilibri tecnici e tattici. E tutto questo in un circuito nel quale non può trovare punti di riferimento a cui ispirarsi, vista la quasi assoluta unicità. Anche per questo è molto difficile ipotizzare fino a che livello potrà spingersi. A mio avviso il talento del braccio è innegabile, e quando tutto funziona il suo gioco è delizioso, in particolare per chi subisce il fascino dei “gesti bianchi”. D’altra parte non si può dimenticare che nel tennis contemporaneo la palla viaggia a velocità radicalmente superiori rispetto al passato, e sono sempre di più le giocatrici in grado di aggredire i punti deboli delle avversarie.
In tutto questo, infine, rimane da considerare una variabile che sin qui ho trascurato, ma che a lungo termine diventa fondamentale: la qualità mentale. Aspetto che si manifesta sotto infinite forme: la resistenza alla routine del circuito, la continuità nell’allenarsi, la forza di riprendersi dopo le sconfitte, e una volta in campo riuscire a non rovinare tutto, senza farsi travolgere dall’ansia quando si giocano i punti decisivi.
Insomma, il suo è un caso davvero speciale, doppiamente interessante. Infatti da una parte sarà stimolante scoprire come evolverà il suo tennis di fronte a tutte le questioni che ho cercato di evidenziare. Ma nel frattempo, in attesa della definitiva maturazione, abbiamo l’opportunità di assistere a rovesci vincenti come questo: