“Ho bisogno di scrivere ciò che penso, so che molte volte il silenzio parla più di mille parole, ma in questi casi bisogna proprio parlare…”
Le storie che arrivano dal purgatorio polveroso del circuito ATP, e ci riferiamo ai tornei Challenger, spesso rappresentano quelle più affascinanti del nostro sport: sono le storie dei sogni di giovani in rampa di lancio, di mestieranti a caccia dell’occasione che possa cambiare una carriera, di veterani sull’orlo di una crisi di nervi, di turisti del circuito che atterrano in località esotiche con un borsone carico di speranza e disperazione. Raul Brancaccio (26 anni, numero 321 del ranking ATP) è stato il protagonista di una di queste storie: nella serata di lunedì è stato sconfitto da Pierre-Hugues Herbert (33 anni, numero 160 della classifica mondiale) nel primo turno del Challenger di Napoli. Il francese si è imposto con il punteggio di 3-6 7-5 6-0 in una partita solo all’apparenza dimenticabile, una delle tante di un normale lunedì tennistico: ma le pieghe del match hanno raccontato tante altre cose, nelle pieghe del match si è nascosto il nostro amato sport del diavolo, e stavolta l’ha fatta grossa. Brancaccio ha raccontato la sua versione dei fatti in un lungo post su instagram, un post che si è trasformato in una specie di diario di bordo dal purgatorio, un post che si è trasformato in un flusso di autocoscienza : “Ho bisogno di scrivere ciò che penso”.
“Prima di tutto, volevo ringraziare il direttore del Challenger di Napoli, Alessandro Motti, per avermi dato la possibilità di poter giocare questo bellissimo torneo che seguivo già da quando ero piccolo. Grazie per aver avuto fiducia in me e spero averla ripagata in modo degno! Dunque volevo dedicare questo post a tutte quelle persone che ieri facevano il tifo, quasi da stadio, contro di me. Gente IGNORANTE, INUTILE e VERGOGNOSA che rovina uno sport così bello solo per vincere scommesse e bollette. Richiamo un esame di coscienza a tutti voi, per il bene dello sport e per il rispetto a tutti i giocatori che offrono uno spettacolo degno di applausi. Sono nato a TORRE DEL GRECO e sono fiero di essere corallino, nato e cresciuto in questa zona e ho sempre cercato di portare il nome di Napoli più in alto possibile. Ma perdonatemi che vi dica che sono contento di non viverci più, perché siete l’esempio di un popolo IGNORANTE! Un torneo così importante a Napoli e tifare contro l’unico napoletano in gara è veramente VERGOGNOSO!
Sono molto deluso da voi, ma in parte vi ringrazio per permettermi di fare rumore dopo quello successo ieri.
Vi ringrazio perché grazie a voi ci siamo fatti riconoscere e per l’ennesima volta abbiamo fatto una figura di MERDA !
Cambiate, per il vostro bene, ma se la prossima volta continuerete a tifarmi contro, fatelo più forte, perché più lo farete più ne uscirò forte. Io continuo a inseguire i miei sogni. Grazie a tutti gli amici e alla mia famiglia che era lì per incoraggiarmi in questi momenti difficili, grazie per avermi supportato in ogni momento, grazie per essere sempre lì, Raúl”.
Ma cos’è successo? E’ successo che alcuni degli spettatori della partita non erano sulle tribune per ammirare le volèe di Herbert. Chi ha frequentato il Foro Italico o qualsiasi torneo (più o meno prestigioso) che si svolge in Italia conosce piuttosto bene questo tipo di contesto e di vizio tricolore: le tribune di match anche minori si riempiono di scommettitori che organizzano un tifo da stadio per il proprio pupillo, un tifo da stadio a tratti sguaiato, a tratti ridicolo, a tratti fastidioso e censurabile, specialmente nel momento in cui questi finti appassionati decidono di prendere la rincorsa degli insulti, inveendo nei confronti del nemico della propria schedina. In questo caso gli ultras delle scommesse avevano evidentemente puntato tutto su una rimonta del francese, e lo sport del diavolo ha completato la frittata, consentendo ad Herbert di annullare ben sette match point nei modi più rocamboleschi possibili.
“Non ho mai visto niente del genere”, una delle frasi più abusate, retoriche ed inutilmente solenni, specialmente a livello sportivo. Ma incredibilmente azzeccata per quello che è successo nel decimo game del secondo set della partita tra Brancaccio e Herbert: le immagini parlano chiaro, non avete mai visto niente del genere. Lo sport del diavolo che prende le sembianze di smash comodi steccati che baciano la riga, di volèe alte impossibili steccate che non baciano la riga ma che diventano comunque imprendibili, e poi, ancora, di servizi da sotto, di passanti improbabili, di schermaglie a rete, di righe, e ancora righe. E’ come se Herbert avesse dipinto il campo a occhi chiusi, salvandosi nei modi più casuali possibili, sospinto dal tifo ludopatico della curva degli ultras delle scommesse. Il tifo è libero, e Brancaccio lo sa bene, ma diventa francamente difficile staccare la spina dell’empatia e non solidarizzare col povero Raul: Herbert tiene dunque il servizio (5 pari) dopo aver annullato sette match point, nel game successivo breakka l’italiano da 40-0 e poi vince la partita con il punteggio di 3-6 7-5 6-0. Gli ultras impazziscono, pronti a incassare, e i nervi di Brancaccio, reduce da un anno tremendo dal punto di vista sportivo (in cui è passato dal numero 121 al numero 321), cedono definitivamente. Mettiamoci nei suoi panni.
Il pubblico dei tornei challenger è il pubblico più bello del mondo, così come quello delle qualificazioni dei tornei del Grande Slam: appassionati veri, in fila per il tennis e non per il grande nome, e ad esempio il martedì del torneo di Napoli è stata contraddistinto da un affetto sincero nei confronti di Fabio Fognini. Ma quella frangia becera ha deciso di rovinare la serata di un ragazzo che voleva semplicemente ripartire dal torneo di casa dopo un periodo complesso. E poi è arrivato lo sport del diavolo.