Il recente torneo WTA 1000 di Miami 2024, con in finale due giocatrici come Danielle Collins ed Elena Rybakina, ha confermato una situazione che nelle ultime stagioni sembra sempre più radicata nel circuito femminile: la prevalenza del tennis di attacco, offensivo, nei confronti del tennis di difesa e di contenimento.
Rispetto ad alcuni anni fa le cose sembrano essere profondamente cambiate, al punto da essersi quasi rovesciate. A scanso di equivoci: non sto sostenendo la sparizione di un certo tipo di gioco “reattivo”, né che sia scomparso il tennis basato sulla efficacia della componente difensiva. Però resta il fatto che le giocatrici che si affidano prevalentemente a questa impostazione faticano a imporsi e a occupare posizioni di vertice. Come invece era accaduto nel recente passato.
Prima di cercare di individuare le ragioni di questa situazione, occorre verificare se la tesi è vera. Cominciamo quindi con qualche dato. Trovate di seguito le classifiche WTA degli ultimi anni (a partire dal 2015). Negli elenchi ho evidenziato in giallo le giocatrici che, a mio avviso, si possono associare a un tipo di tennis difensivo:
Un primo commento sul triennio 2015-17, e sulla scelta dei nomi evidenziati. Pochi dubbi per quanto riguarda Wozniacki, Kerber, Svitolina ed Errani. Atlete che non hanno mai avuto paura di allungare lo scambio, e che spesso hanno avuto l’obiettivo di trasformare il match in una confronto di resistenza, un braccio di ferro sulla durata. Per loro non era logico cercare punti rapidi e sbrigativi.
Forse meno scontato è inserire Simona Halep; però, a mio avviso, nella sua impostazione di fondo prevale la tendenza ad affidarsi a una strategia “di reazione”, di replica alle scelte avversarie; un gioco di contrattacco, speculare alla idea del tennis di puro attacco basato sulla sistematica e immediata presa di iniziativa. Questo è il mio discrimine nella individuazione delle giocatrici, anche se presumo che si possa non essere d’accordo.
E per questo ho evidenziato anche Radwanska e Sevastova: nel loro caso era soprattutto il deficit di potenza che le obbligava ad appoggiarsi alla palla avversaria. Di conseguenza il colpo vincente non poteva diventare la prima opzione: era cioè più semplice ottenere il punto grazie all’errore della avversaria, attraverso l’allungamento dello scambio.
Ultima nota. Sono stato tentato di inserire anche Stephens e Kuznetsova, ma qui le cose sono particolarmente complesse, perché si tratta di giocatrici così eclettiche da essere difficilmente riducibili a una sola categoria. Tanto che, in occasione del successo di Sloane Stephens allo US Open 2017, avevo deciso di descrivere Stephens proprio come “indefinibile”.
In ogni caso: per entrare nel dettaglio di ogni nome evidenziato ci vorrebbe un articolo a parte. Torniamo quindi al ranking e passiamo al triennio successivo, dal 2018 al 2020:
Come si vede, il 2018 rappresenta l’apogeo del tennis di difesa, con quattro tenniste ai vertici del ranking e altre tre entro le prime quindici. Del resto il 2018 è l’anno che vede il successo negli Slam di Wozniacki in Australia (in finale su Halep), di Halep a Parigi e di Kerber a Wimbledon. E alle WTA Finals di Singapore a vincere è Elina Svitolina.
A dimostrazione di quanto citato, ecco la lista che presenta i tornei più importanti (Slam e WTA Finals) dello stesso periodo (dal 2015 in poi):
Se il 2018 identifica il punto massimo del tennis di contenimento, dal 2019 si registra un declino abbastanza repentino. Lo conferma il ranking dell’ultimo triennio, dal 2021 al 2023:
Nella classifica di fine 2023 in Top 10 non era presente alcuna giocatrice di impronta soprattutto difensiva, e fra le prime venti rimaneva la sola Daria Kasatkina al numero 18. Sparuta testimonianza in un contesto nel quale le tenniste di attacco sembrano ormai avere preso il comando delle operazioni.
Questa la situazione. E le cause?
a pagina 2: Le possibili cause del declino del tennis di difesa