Il numero 1 è servito (Federica Cocchi, La Gazzetta dello Sport)
Era il punto debole di Jannik Sinner, ora è la sua arma, la chiave per attaccare e difendersi, per uscire da situazioni complicate o risparmiare energie con punti diretti. Grazie ai passi avanti al servizio, l’altoatesino (che sarà in campo a Madrid questa settimana) può mirare al trono di Novak Djokovic, padrone del numero 1 da 422 settimane. Quante volte, in occasione di una sconfitta, il tema “Ma dove vuole andare con questo servizio” era stato oggetto di discussione? Definito un giocatore a metà, incompiuto per quel colpo di inizio gioco ancora poco efficace, Jannik ha cominciato a lavorare con un’applicazione certosina, aiutato prima da Simone Vagnozzi e poi da Darren Cahill, arrivato qualche mese dopo il cambio della guardia nel team dell’altoatesino. Allenamenti, esperimenti, tentativi, cambi di stile: prima foot back, poi foot up (il servizio con l’avvicinamento dei piedi) definitivamente impugnato la scorsa estate. […]. La combinazione tra lavoro fisico e servizio ha dato pian piano risultati davvero importanti: se nel 2022, l’anno in cui ha scelto di lasciare Piatti per lavorare con Vagnozzi, Sinner riusciva a fare suo 1’83,2% dei game di servizio, piazzandosi al 28° posto tra i colleghi del circuito nella speciale classifica, oggi Jannik può guardare tutti dall’alto in basso. Alla fine del 2023 i game di servizio tenuti dall’azzurro erano 87,5%, sesto posto sul circuito, mentre nelle ultime 52 settimane la percentuale è salita fino all’89,9%. Un numero stupefacente, che lo vede davanti a Hubert Hurkacz, rivale e caro amico all’89,7% e soprattutto a Novak Djokovic, al terzo posto con 87,8%. Una progressione costante, che va di pari passo con la crescita, anche nei risultati, del nostro numero 1, campione Slam in Australia e vincitore anche a Rotterdam e Miami, con due semifinali Masters 1000 a Indian Wells e Montecarlo. Il programma tecnico sul servizio ha dato grandi risultati, così come ha pagato l’attento lavoro in palestra programmato da Umberto Ferrara e quello mentale che svolge con Formula Medicine. Con il preparatore atletico bolognese, Jannik Sinner è cresciuto di circa quattro chili a livello di massa muscolare. Va poi considerata anche la crescita in altezza del giocatore che da 1.88 è passato a 1.92. Insomma, un fisico pur sempre longilineo ma con una forza esplosiva superiore. […] Il merito è anche delle sessioni di preparazione fisica durante i tornei, come accadrà anche questa settimana a Madrid, nel Masters 1000 al via mercoledì. In Spagna sono arrivati sia Ferrara sia Giacomo Naldi, il fisioterapista ex Virtus Bologna che si prende cura dei muscoli del nostro numero 1 da inizio del 2023. Sinner, che dopo il forfeit di Novak Djokovic sarà testa di serie numero 1 alla Caja Magica, aveva annunciato che il Masters 1000 spagnolo sarebbe stata solo una tappa di avvicinamento agli Internazionali, grande obiettivo della sua stagione, ma è probabile che ora le prospettive siano cambiate. Se Jannik infatti dovesse vincere il titolo da 1000 punti, potrebbe anche puntare al numero 1 al mondo proprio a Roma, in casa, davanti al suo pubblico. Un obiettivo che ingolosisce anche uno sportivo metodico e all’apparenza freddo come lui. Un piccolo indizio: la partenza per la Spagna era inizialmente prevista per ieri, ma all’ultimo momento Sinner e il team hanno deciso di anticipare di un giorno per potersi allenare un giorno in più e abituarsi meglio alle condizioni di Madrid, in altura. Meglio abituarsi in fretta a stare in alto…
Berrettini punta tutto su Roma (Gianluca Strocchi, Tuttosport)
«Negli ultimi giorni ho affrontato uno stato influenzale che si è trasformato in tonsillite e febbre. Il mio medico ha consigliato che sarebbe stato rischioso tentare di competere a Madrid. Ora il mio obiettivo si sposta sul recupero più rapido possibile e sulla preparazione per Roma«. Con queste parole Matteo Berrettini ha annunciato la sua rinuncia al Masters 1000 nella capitale spagnola, dove alle 11 viene sorteggiato il tabellone maschile che dopo il forfait di Novak Djokovic vede al n.1 del seeding Jannik Sinner (prima volta per un italiano in questa categoria di eventi). In attesa di sapere se Carlos Alcaraz potrà difendere
il titolo 2023, in quanto alle prese con un problema al braccio che lo ha costretto a disertare Monte-Carlo e Barcellona, chi si candida a un ruolo da protagonista alla Caja Magica è Casper Ruud. […] Nel combined madrileno è stato già compilato il tabellone femminile, con 4 azzurre al via. Manina Trevisan affronta la statunitense Sloane Stephens (che a Rouen ha appena conquistato il suo 8° titolo). Attende una qualificata Lucia Bronzetti, che in caso di vittoria sfiderebbe la kazaka Elena Rybakina, n.4 del inondo e fresca di trionfo a Stoccarda, 3° trofeo 2024 e 8° in carriera. Elisabetta Cocciaretto esordirà con la polacca Magda Linette, finalista a Rouen (in palio il match con Aryna Sabalenka, campionessa in carica). Proprio nella parte di tabellone presidiata dalla bielorussa è stata sorteggiata Jasmine Paolini (da oggi n.13 Wta, best ranking), che attende al 2° turno la vincente tra la cinese Zhu Lin e Victoria Jimenez Kasintseva di Andorra.
Tennis ed erotismo a tre in un continuo gioco di sguardi (Paolo Mereghetti, Corriere della Sera)
Sono due le storie su cui è costruito l’ultimo film di Luca Guadagnino, Challengers. La prima è quella che vede opporsi sui campi di tennis due amici, lo sfrontato (e più sicuro di sé) Patrick Zweig (Josh O’Connor) e il più introverso Art Donaldson (Mike Faist). Sono amici da quando frequentano lo stesso campus e spesso devono sfidarsi sui campi di gioco: forse Patrick è più dotato ma Art può contare su una famiglia che gli permette di iscriversi a Stanford e giocare con il team di quella università. Insieme restano abbagliati dalla grinta sportiva (e dalla bellezza) di Tashi Donaldson (Zendaya), grande promessa del tennis americano, pronta a fare il salto nel professionismo. L’altra storia è appunto quella di Tashi, della sua determinazione e del suo bisogno di «dominio», sul tennis ma anche sulle persone: sa quanto vale e sa dove vuole arrivare. Peccato che non abbia fatto i conti con gli scherzi del destino. E il destino le fa prima conoscere i due amici, invitati alla festa per l’ultimo trionfo di Tashi: la ragazza resta affascinata dai due, dalla loro impacciata proposta di incontro, tanto che lo accetta e si presenta in camera loro, giocando abilmente con l’evidente tensione omoerotica che li unisce ma che i due non hanno mai avuto il coraggio di esplicitare. E poi, secondo scherzo del destino, ecco l’incidente di gioco che distrugge le sue speranze di professionismo, ma che è anche l’occasione per Art di scalzare Patrick dal cuore di Tashi (che aveva iniziato una relazione con lei). Il film però inizia nel 2019, l’anno che vede le strade dei due (ex) amici tornare a incrociarsi. Sotto la guida di Tashi, che è diventata sua moglie e sua allenatrice, Art è diventato un giocatore professionista, anche se sta attraversando un momento no. Patrick invece non ha saputo mettere a frutto la sua bravura (viene il dubbio che pensasse più alle donne che alla pallina). E tutti e due decidono di iscriversi a un «Challenger», un torneo ideato dall’associazione di tennis professionistico (Atp) per consentire a giocatori di seconda fascia di acquisire un ranking sufficiente per accedere ai tabelloni principali dei grandi tornei Atp Tour. Art spera di vincerlo e tornare sotto i riflettori per l’ultimo anno della sua attività, Patrick spera di passare qualche turno per guadagnare un po’ di soldi. […] Guadagnino tiene perfettamente in mano le due storie, concedendosi ogni tanto di svelare qualcosa sull’una e sull’altra. E siccome le partite di tennis se non sono giocate davvero rischiano di sembrare ripetitive (al film interessa mostrare solo come tutti e tre siano bravi e per questo la tecnologia digitale aiuta molto), l’attenzione del regista è tutta verso le tensioni erotiche che si accendono e (in parte) si consumano tra i tre. Una questione di sguardi, di allusioni, di particolari, in altre parole di messa in scena, che Guadagnino orchestra dando l’impressione di non voler arrivare al momento della massima tensione emotiva. Un coito continuamente interrotto e rimandato che troverà la sua apoteosi nell’ultimissima inquadratura, sorprendente perché continuamente rinviata e per questo sempre più attesa. Che lascerà però nello spettatore (a noi l’ha lasciato) il senso di un’operazione «incompiuta», come se le linee di forza sotterranee che attraversano il film (quella sportivo/omoerotica tra i due tennisti e quella sul «dominio» cercato della donna) non fossero perfettamente amalgamate. Come se tutte e due chiedessero di vincere (sull’altra) e Guadagnino non volesse decidersi per chi scegliere.