Stefano Napolitano, trascinando il solito infuocato Nicola Pietrangeli, ha raggiunto un eccezionale terzo turno agli Internazionali BNL d’Italia 2024 dopo la grande rimonta inflitta al giovanissimo Juncheng Shang. Per il tennista biellese, il sogno ai sedicesimi continua contro l’artefice dell’eliminazione dal torneo di Matteo Arnaldi: il cileno Nicolas Jarry.
Di seguito, le parti salienti della conferenza stampa posta match del ventinovenne piemontese.
D. Sul 4-2 ci ha pensato, oddio che succede! Qua vado a vincere la partita, sei andato in confusione però sei stato molto bravo a recuperare.
“In realtà sul 4-2 è stato più un momento di tensione, ma l’emozione era data dal contesto e c’era già prima della partita. Poi è uscita in quel momento lì e anche nel game successivo, il 40-0 del 5-4, quindi non è una situazione facile che vivo tutti i giorni. E’ un privilegio giocare su un campo del genere, però comporta un certo tipo di emozioni che probabilmente uno impara a gestire solamente nel momento in cui ci si trova dentro. Ho cercato di fare del mio meglio, ma ho perso un po’ il filo del gioco. Però sapevo di poter stare lì, di continuare a lottare e comunque volevo portare a casa la partita perché mi sentivo pronto di poter stare in campo tanto tempo“.
D. Momento chiave è stato sicuramente l’inizio del secondo set proprio per come avevi perso il primo con tutte quelle occasioni. Aggiungo però che è proprio una maturità tua come giocatore, visto che non c’è nessun tecnico di fatto nel tuo angolo in questo momento.
Stefano Napolitano: “Si, probabilmente quel tipo di resistenza viene da alcune caratteristiche mie, anche caratteriali. Ma preparo la possibilità di avere delle grosse difficoltà durante la partita perché ovviamente quando giochi con avversari forti è difficile pensare di avere partite sempre e solo lisce. Quindi dopo aver perso il primo, devi essere pronto a restare in campo e a lottare allo stesso modo. E’ la mia forza, ci lavoro tutti i giorni e quindi sapevo di aver sprecato tante occasioni, di non aver giocato il mio migliore tennis nel primo set però ero vicino quindi mi sono semplicemente detto di continuare a spingere perché sapevo che se fosse uscito più gioco avrei avuto la possibilità di vincere la partita ed è quello che mi interessa nel momento in cui sono nel campo. Avevo delle armi ancora da giocare e hanno funzionato“.
D. Se volessimo pensare alla tua storia, meglio tardi che mai. E’ per te un grande riscatto, poi ti chiedo un’altra cosa. Con dei colleghi scherzavo prima e ho detto, chiedetegli queste tre cose: gli atlantici, le polpette della nonna e Benevento e forse vi dirà qualcosa di se stesso
Stefano Napolitano: “Le polpette della nonna sono un segreto incredibile, hanno un potere. Forse è l’amore di mia nonna che è entrato dentro di me quando ero piccolino e lo porto dietro con me sempre. Purtroppo ci vediamo poco, ma sicuramente anche le sue polpette sono state molto importati. Sul ‘meglio tardi che mai’, oddio, è un po’ un discorso che a me non fa impazzire perché si pensa sempre di dover rispettare certe scadenze, certe regole e se uno a 23 anni non è primi 100 o non è un next gen. C’è poco interesse verso le difficoltà che un giocatore deve affrontare, negli anni passati ho anche sbagliato alcune scelte, tante cose ma ho cercato sempre di fare con la conoscenza che avevo in quel momento lì le scelte migliori per mettermi apposto. Il mio percorso mi sta portando qui adesso a 29 anni, ma se avessi dovuto per l’appunto rispettare regole e scadenze probabilmente avrei dovuto smettere qualche anno fa. Secondo me è importare giocarsi le proprie carte al meglio, io ho utilizzato quello che avevo a disposizione negli ultimi anni al meglio delle mie possibilità e questo è quello che sta succedendo adesso. Ma vorrei dare un messaggio di speranza a quei ragazzi che non fenomeni a 18 anni o a 20 anni. Ognuno hai il suo percorso, se arriva a 30 arriva, magari arriva a 35 magari arriva a 18″.
D. Tu appartiene alla generazione dei Quinzi, dei Baldi, dei Donati su i quali si erano riservate tante aspettative prima che poi esplodesse quella successiva. Ti chiedo se hai mai pensato alla pressione che derivava da ciò, o al fatto che gli altri tre purtroppo adesso per tante ragioni non giocano più. La seconda domanda è sul fatto che hai hai pensato più volte di smettere, ti chiedo in quei momenti dove hai trovato la forza per dire ‘no, resto qui!’ e dimostrerò che c’è anche un posto per me nel mondo del tennis.
Stefano Napolitano: “Partendo dalla domanda Donati, Quinzi e company, mi collego al discorso di prima. Ci sono delle pressioni, ma le pressioni quando sei tanto giovane possono essere ottime se continui a scegliere bene, magari se continui a fare un certo tipo di percorso lineare ma alla fine quello che conta è il lavoro, il percorso e le scelte buone che uno fa e quante poche ne sbaglia. Le strade sono separate, ognuno ha il proprio film. È vero che eravamo nello stesso periodo a livello di generazione, ’95, ’96 però le storie sono separate. Non mi collego ai loro percorso, ognuno poi ha scelto di fare altre cose. Io vivo il mio e mi viene chiesto, ‘sei il sopravvissuto della generazione di Baldi, Quinzi ecc. No, non lo so se sono sopravvissuto. Io ho fatto la mia strada e mi sta portando qua. Per quanto riguarda il discorso di smettere, ci sono delle cose materiali anche nel mondo del tennis che da affrontare. Bisogna essere molto realisti, se fisicamente hai dolore semplicemente non hai la possibilità di competere ad alto livello. Quindi, uno si deve chiedere ‘posso ancora riuscire a competere ad alto livello. Posso fare un certo tipo di lavoro che mi possa portare a giocare dove voglio giocare?’ Io ho sempre avuto l’idea di non aver dato tutto e di poter trovare delle soluzioni anche molto difficili. Una di queste era appunto passare del tempo da solo, ricostruirmi da solo anche perché quando torni a giocare Futures un allenatore non te lo puoi permettere anche perché o hai una famiglia con tanti soldi che ti può sostenere o magari uno sponsor o la Federazione stessa che ti aiuta, altrimenti devi fare con quello che hai. E io ho fatto con quello che avevo, cercando di tirare fuori tutto quello che io pensavo di avere dentro e non sono neanche vicino a toccare il mio limite. La strada è lunghissima“.
Questo Jerry Shang è il giocatore più giovane del torneo e uno dei più interessanti prospetti del tennis maschile. Com’è visto dall’altra parte della rete?
Stefano Napolitano: “Allora, quando l’ho visto giocare quest’anno in Australia mi sono detto ‘può andare avanti già adesso. Però gioca un tennis molto veloce, esplosivo e quindi sicuramente sul cemento si adatta un pochino meglio. Nel campo è tanto difficile affrontarlo, perché sa fare tante cose. Sa rispondere da vicino, sa rispondere da lontano, muove bene la palla col dritto. Comunque, quando sceglie di avere una posizione più arretrata, diventa molto solido. Quindi bisogna veramente batterlo, al di là poi dell’età possiede già della armi che lo rendono competitivo ad alto livello. Anche perché la cosa importante, a qualsiasi età, è quella di migliorarsi nel tempo per quello che valgono ventinove anni di miglioramento perché l’approccio al lavoro che ho adesso è molto più ossessivo di quello che avevo a 18, 19 anni quando pero ero molto più sano. Lui è uno dei più forti, sapevo che sarebbe stata una partita durissima ma che avrei potuto giocarmela. Oltre a quello, lui è anche un ragazzo molto tranquillo fuori dal campo, è un ragazzo piacevole. Ha un bel team, sono persone che hanno una bella energia, è un veramente un bel personaggio per il tennis“.
D. Come hai detto, ritornando sul discorso miglioramento. Si può crescere anche quando non si è più giovanissimi nel tennis. Se ripensi al passato, considerando l’attuale momento positivo che stai vivendo a livello di risultati, dove pensi di essere migliorato sul piano del gioco, quale aspetto reputi in particolare di stare eseguendo meglio che in passato
Stefano Napolitano: “Secondo me, ci sono delle cose che si vedono nel gioco magari qualcuno può pensare che ho avuto alcune difficoltà col dritto fino a qualche anno fa. Penso di dover migliorare il servizio ancora tantissimo, al di là del gioco la forza che uno costruisce per affrontare i momenti difficili, per affrontare le partite complesse come quella di oggi è continuare a lottare, sono la conseguenza di come prepari il quotidiano e il mio sistema nel quotidiano è cambiato tantissimo negli ultimi anni. Sto molto attento a tante piccole cose, che mi permettono di essere competitivo ad un livello magari più alto con avversari più forti, che si muovono meglio di me, io lì ci devo ancora arrivare. Ho spazio per migliorare, però nel frattempo uso i miei punti di forza, cerco di elevarli il più possibile e quello che posso controllare è il duro lavoro e la dedizione con cui l’affronto. È questo da un po’ di tempo mi sta dando i risultati migliori della mia carriera, ma sono convinto che ci sia ancora spazio per crescere ulteriormente“.