Dopo la lottatissima finale di Madrid, Aryna Sabalenka non ha saputo offrire la stessa resistenza alla numero uno del mondo, racimolando solo cinque game al cospetto di Iga Swiatek. Aryna conferma di saper accettare le sconfitte con molta sportività e con la consapevolezza di aver comunque percorso un cammino positivo: “non è stata la finale che speravo di giocare, ma sono contenta in ogni caso del risultato qui a Roma. Ho superato diverse difficoltà e sono arrivata fino in fondo. Sono fiera di come mi sono comportata qui”.
La numero due del mondo prova ad analizzare alcuni aspetti della finale, riconoscendo di aver giocato male nel primo parziale: “all’inizio” – dice – “non sentivo il feeling con il mio gioco. Poi ho cercato di essere più aggressiva e ho cercato il suo rovescio. Ho avuto alcune chance (sette palle-break, tutte annullate) ma sapevo che non mi avrebbe regalato nulla e così ho provato a forzare, non raccogliendo nulla. La prossima volta magari mi fiderò di più del mio gioco e rimarrò tranquilla”.
Quando le si fa notare il raro ricorso in finale a variazioni come il dropshot o la volée, opzioni utilizzate molto di più durante gli altri incontri del torneo, Sabalenka riconosce il ruolo di Swiatek nello scarso utilizzo di queste soluzioni e in generale il valore della numero uno del ranking: “sì, forse avrei dovuto provarci di più; ne ho messo a segno qualcuna e altre sono andate male. D’altronde lei giocava profondo e forte, mi ha dato poche possibilità di scegliere questa via. Lei si muove in maniera incredibile; devi costruire il punto e finirlo, devi fare tutto al meglio o lei ritorna. Questo pensiero mi è sempre presente e probabilmente oggi mi ha spinto a forzare troppo”.
La tigre di Minsk fa un blando riferimento ai problemi alla schiena, non dando loro troppe responsabilità per il risultato della finale: “se hai un malanno durante un torneo, soprattutto se siamo alle porte di un torneo come il Roland Garros, il pensiero è sempre presente in fondo alla tua mente e quindi finisci per proteggerti in qualche modo. È possibile che in qualche circostanza la mia azione sia stata influenzata da questo pensiero, ma non ho assolutamente perso il match per questo. Come ho detto, sono molto contenta del percorso qui a Roma: ho perso due finali con Iga ma guardo avanti e sono pronta per Parigi, che adoro”.
Un’ultima riflessione riguarda i tornei 1000 lunghi, come sono ora Madrid e Roma: lo sforzo richiesto alle atlete è eccessivo? Sabalenka dice di no. “Per me” – risponde Aryna – “va bene così. Mi piace usufruire del giorno di riposo perché mi concede la possibilità di ricaricarmi e riposarmi per il turno successivo. In un torneo di una settimana ci può essere un match molto duro che ti obbliga a scendere in campo il giorno dopo non al meglio. Io ho bisogno di staccare per rendere come voglio. E in ogni caso c’è una settimana di pausa prima di Parigi, periodo più che sufficiente per arrivare in perfetta forma all’inizio del torneo”.