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Nel podcast-intervista intitolato “Wild Baricco”, il rinomato scrittore, drammaturgo e sceneggiatore Alessandro Baricco spiega come secondo lui, l’infelicità della specie umana derivi dal “non saper lasciare andare”. Che cosa? Tutto: un’amicizia, un amore, un lavoro o una passione. C’è un tempo per tutto – e per tutti – ma quando questo tempo finisce o ci rendiamo conto che inevitabilmente sta per terminare, la tendenza è quella di restare aggrappati e diventare di conseguenza, profondamente infelici.
Rafa Nadal che, tra meno di due settimane compirà 38 anni, ha creato una connessione profonda con il campo dove i suoi piedi sono stati in grado di fare cose uniche, fenomenali. Non è l’unico, ci sono stati altri giocatori capaci di legarsi ai campi da tennis che calpestavano in modo diverso dal comune: Roger Federer e il Center Court di Wimbledon – Novak Djokovic e la Rod Laver Arena. A Nadal, è toccato il Philippe-Chatrier del Roland Garros. Un campo dov’è riuscito ad alzare il trofeo verso il cielo 14 volte. Un torneo, dove ha vinto 112 partite su 115 giocate, con una percentuale di vittorie del 97,4%. Una città, dove ha perso solamente tre volte in vent’anni di carriera.
Questa incredibile connessione tra il Philippe-Chatrier e Nadal nasceva nel 2005, quando a soli 19 anni, lo spagnolo diventava un campione nell’élite tennistica del Grande Slam. In quel momento, iniziava anche un lungo e approfondito studio di quel campo: dimensioni, rimbalzi, traiettorie. Ogni punto preciso del prestigioso Chatrier era sempre più suo. Anno dopo anno, Nadal diventava l’emblema della determinazione senza mai nascondersi dietro a dolori, sudore e tanta fatica. Neanche di fronte a quel rivale sempre così perfetto ed elegante. Federer ci ha fatto credere che fosse facile, Nadal ci ha dimostrato il contrario.
La sua miscela vincente gli ha consegnato 479 partite vinte sulla terra battuta e 48 sconfitte. Una percentuale di vittorie del 90,9%. Meglio di Borg, Lendl, Djokovic, Vilas e Nastase. Un esempio per i più giovani: mai una racchetta rotta, una parolaccia, un gesto scorretto o un segno di maleducazione. Sempre dal lato giusto della storia, Nadal è stato al tempo stesso idolo e incubo dei suoi avversari, l’eroe di tutti quelli che cercavano (invano) di diventare come lui. Una presenza quasi ingombrante, temibile e stressante da affrontare in campo. Per altri, un traguardo, un trofeo umano da ammirare al di là della rete.
In un’intervista rilasciata a “The Athletic”, alcuni dei giocatori più forti e influenti degli ultimi anni hanno raccontato cos’è stato per loro affrontare Rafa Nadal sulla terra rossa ed in particolare: sul Chatrier.
Casper Ruud è stato l’ultimo giocatore sconfitto da Nadal, nella finale del 2022, sul Philippe-Chatrier. Una partita a senso unico dove il norvegese si presentava come testa di serie numero 8, appena due numeri in più rispetto ai game che è riuscito a portare a casa quella domenica. “Ti fa soffrire: prima si prende le gambe, poi la mente. Lui ha imparato a far girare la palla meglio di chiunque altro e questo la rende più pesante. E poi, legge troppo bene il gioco”, ha detto Ruud ricordando quella partita finita troppo in fretta per essere una finale.
Novak Djokovic è stato l’avversario che ha giocato più volte contro Nadal su quel campo, infliggendogli il maggior numero di sconfitte sulla terra rossa (8). Ma sul Philippe-Chatrier, ha vinto solamente due volte. Fino ad oggi, il numero 1 del mondo ha sempre ammesso che il test più difficile nel tennis è giocare contro Nadal sulla terra battuta. “Quando giochi contro di lui, su quel campo lì, hai la sensazione che sia come un muro impenetrabile. La tenacia e l’intensità che riesce a mettere proprio su quel campo è qualcosa di molto raro in questo sport” ha detto il serbo che, ancora oggi, rincorre il sogno di vincere il Grande Slam.
Il sei volte semifinalista slam, Grigor Dimitrov, ha incontrato Nadal 6 volte sulla terra battuta, portandosi via 0 vittorie, 1 set e quel gusto amaro in bocca che ricorda ancora oggi: “Non è stato per nulla divertente. Per chi ha il rovescio a una mano è davvero difficile giocare contro di lui sulla terra. Devi muoverti più in fretta e non hai praticamente nessun margine di errore”. Non a caso, Federer era stato costretto a rivedere completamente il suo rovescio. “È un po’ come giocare alla Playstation” ha detto Karen Khachanov, “Ogni palla ti torna sempre indietro”.
Fabio Fognini ha vinto 3 volte su 8 partite giocate contro Nadal e la vittoria più recente risale al torneo di Monte Carlo di 5 anni fa. Eppure, l’azzurro ha rivelato che sullo Chatrier è stata tutta un’altra storia. Era troppo felice di essere lì, contro di lui, come se il traguardo del torneo fosse quello. Sebastian Korda aveva chiamato il suo gatto Rafa, come l’idolo d’infanzia contro il quale ha dovuto giocare nel 2020 su quel campo, mettendo a segno 4 game in 3 set: “Ti sembra impossibile pensare di fare punto”.
Un mix di stupore, dramma e felicità che riassume una missione (quasi) impossibile durata vent’anni: battere Nadal sul “suo” campo.
Finché all’improvviso, è arrivato un avversario che ha reso Nadal per la prima volta vulnerabile: il tempo. Dopo anni in cui ogni colpo provato in allenamento veniva replicato alla perfezione durante le partite, abbiamo scoperto che anche Rafa ha paura, ma solo di sé stesso. Paura di un corpo che non risponde più come prima, gambe che non partono più con la stessa velocità e intensità. Con il ritiro in Australia e a Indian Wells, sembrava che il maiorchino fosse sempre più timoroso, quasi irriconoscibile. Ma dopo i tornei di Barcellona e Madrid, a Roma è arrivata una reazione diversa: “Se mi rompo, mi rompo. È arrivato il momento di spingere, di dare tutto”.
E anche se non abbiamo la certezza assoluta che questo Roland Garros sia l’atto finale di Nadal, sappiamo che il Philippe-Chatrier per lui è: “il posto giusto dove vale la pena dare tutto e morire”.
L’ironia della sorte vuole che al primo turno, gli sia capitato proprio Alexander Zverev: vincitore degli Internazionali BNL d’Italia, principale favorito del torneo e giocatore con il quale ha ancora un conto in sospeso dalla semifinale del 2022. Sulla terra rossa, Zverev negli anni ha perso 5 volte su 6 contro Nadal. Ma nella loro ultima sfida, era stato costretto a ritirarsi per via di un brutto infortunio alla caviglia. Zverev era in svantaggio 6-7 6-6 e ancora oggi, ha detto a The Athletic che non riesce a spiegarselo: “Il primo set di quella partita l’avrei vinto contro chiunque. Ero avanti 6-2 nel tie-break, avevo 4 set point consecutivi. Ma lui ha deciso di farmi il primo ace della partita, seguito da un passante imprendibile. Mai vista una cosa simile. Anche se hai la sensazione di vincere, contro di lui, su quel campo, non succede”.
Da quel giorno ad oggi sono cambiate tante cose. Zverev ha guadagnato tanta fiducia nelle gambe, Nadal l’ha persa. Ma una cosa è certa: il campo e l’energia di quel terreno sotto i piedi sono legati a lui. Comunque vada, il luogo e lo sfidante saranno quelli giusti per morire.
O come dice Baricco, per lasciare andare, una strepitosa carriera.