Alla fine ce l’ha fatta Matteo Arnaldi a chiudere la sua gara, e soprattutto a portarla a casa. Un’intera giornata a scrutare le nuvole e a capire se poter rientrare in campo avanti 5-3, mentre al giovedì è riuscito a chiudere i conti con Alexandre Muller tra uno scroscio e l’altro. E’ stato bravo l’azzurro a restare concentrato, perché l’aspetto psicologico è fondamentale in giornate come queste, molto delicate e complicate. Perché fuori c’è la Francia che spinge per il tuo avversario, il secondo transalpino beccato nei primi due turni del Roland Garros, e soprattutto per le condizioni atmosferiche che ti impongono pause e ritmi differenti: “Non vedo l’ora di andare a riposare”, ha commentato Arnaldi rimasto in attesa per quasi dodici ore e poi nel circolo dalle 8.30 di questa mattina.
“Sono veramente felice – prosegue l’azzurro – di aver vinto . Non è stata una partita facile, perchè l’abbiamo cominciata ieri alle 11:00 e l’abbiamo terminata oggi quasi alle 14.00. E così è dura perchè, anche se non giochi, devi restare concentrato su una gara da terminare. Non puoi programmare nulla perchè il tuo lavoro cambierà in base all’esito della gara. Penso che sia una delle partite più lunghe che abbia mai giocato. Una volta ho avuto un avversario squalificato e poi ho ricominciato il giorno dopo e, come oggi, abbiamo sospeso di nuovo. Sono semplicemente felice di essere riuscito a finire la partita prima che arrivasse un’altra ondata di pioggia. Se devo parlare della partita, è stata dura perché abbiamo dovuto affrontare molte situazioni, ma sono abbastanza contento della mia prestazione”.
Superato l’esame Muller, per lui adesso ci sarà il test Andrey Rublev, uno che ama avere sempre l’iniziativa sulla racchetta e di comandare il gioco: “Con Rublev la chiave sarà non far fare il gioco a lui. Non so ancora se giocherò con o senza tetto e questo potrebbe fare e come la differenza. Non ho ancora pensato a nulla, se sarà meglio o peggio giocare col tetto, l’importante è giocarla il prima possibile”.
“La chiave – ribadisce il sanremese – sarà variare tanto il gioco sapendo che ci troveremo ad affrontare delle condizioni differenti rispetto a quelle di Vienna. Al momento spero di giocare e non so se l’umidità o meno mi potrà aiutare. Sospendere tante volte il match non è una cosa facile, adesso voglio solo riposare e poi ci penserò”.
Quello contro Muller è stato uno dei più lunghi match da lui giocati e gli ha consentito l’approdo per la seconda volta in carriera in un terzo turno dello Slam: “Mi era successo solo una volta che iniziassi e il match e venisse sospeso. Sono contento di aver finito prima che ricominciasse a piovere. Match difficile perché ci sono stati tanti cambi di intensità. Ho giocato con due francesi ma per me è normale che il pubblico tifi per loro. Se giochi in Italia sono con te, se giochi contro un francese il pubblico tifa per il tuo avversario. Non ho nulla di cui lamentarmi, non è stato facile ma è sempre bello giocare in uno stadio pieno e mi sono divertito”.
Con lui al Roland Garros, il coach, il preparatore atletico, la fidanzata e la sua famiglia, giunta a Parigi dall’America dove vivono malgrado le origini australiane: “Siamo un bel team che mi sta dando tanta solidità a livello emotivo”.
Cancellato il malumore proveniente da Roma: “Lì ho vissuto un po’ di amaro in bocca, perché dovevo giocare un po’ meglio secondo me. In uno Slam mi piace giocare tre set su cinque, mi reputo molto forte fisicamente e mi piace giocare partite lunghe. Volevo far meglio di Roma e ci sto riuscendo. Ogni volta che arrivo agli Slam mi sento sempre molto preparato fisicamente. Rispetto al match con Fills questa è stata meno lottata ma molto lunga. Sto alzando il mio livello partita dopo partita e quello che mi interessa è giocare tanti match ad alto livello”.
C’è una tendenza che indica a quale scuola nazionale un tennista appartiene? “Difficile rispondere – esclama Arnaldi – perché molto dipende in che contesto cresci. Rimangono certe caratteristiche se sei americano e punti molto sul servizio, se sei francese e punti sul dritto o sul rovescio. Ma dipende in che scuola cresci e che fisico hai. Per esemio se prendi noi italiani siamo tutti diversi tra noi perché Fogna, Seppi, Berrettini, Jannik abbiamo delle storie differenti e un fisico diverso l’uno dall’altro. Per cui siamo variegati ma per questo motivo. Dipende da dove arrivi e che fisico hai”.