La febbre “sinneriana” ha raggiunto l’apice della contaminazione. Jannik Sinner non è più solamente il tennista italiano. Sinner è diventato il tennista del mondo, il numero 1. Non importa più come o dove andrà, il pubblico vorrà farsi contagiare.
Durante il Roland Garros, sul campo Philippe-Chatrier hanno provato per l’ennesima volta ad entrare nella sua mente, come se avessero davanti un alieno. Le domande a fine match avevano poco a che fare con le partite vinte: “Con quante racchette viaggi? Quante ne hai dentro la sacca adesso? Che tensione hanno le tue corde? Qual è il peso ideale? Cos’hai mangiato prima di giocare?”. Come se Sinner fosse diventato numero 1 al mondo grazie al numero di racchette che si porta in viaggio o al condimento della sua pasta.
La foga e la ripetizione incessante di domande particolari, l’hanno costretto a rispondere con l’educazione che lo contraddistingue: “Ma cos’altro vorreste sapere ancora?!”. Grazie al tono pacato e un bel sorriso in faccia, nessuno si è potuto appigliare a quella risposta che lasciava intendere un certo fastidio. La verità è che non sappiamo più a cosa aggrapparci per cercare di capire chi è o come ha imparato ad essere Jannik Sinner. Forse ci aspettiamo che prima o poi esca una rivelazione segreta, una risposta che finalmente ci illumini e ci metta l’anima in pace. Una dichiarazione che ponga fine a tutte le domande e ci faccia dire: “Ah ok, ora si spiega”. Ma questo non accadrà.
Questo ragazzo di quasi 23 anni non è altro che un italiano atipico difficile, se non impossibile, da comprendere. È andato via di casa a 13 anni, eppure ama i suoi genitori e non perde occasione per ringraziarli di avergli permesso di diventare adulto prima del tempo. Nel boato che lo circonda resta calmo, riflessivo. Non cede alla curiosità e non si fa travolgere dall’emozione. Dopo la vittoria contro Grigor Dimitrov, durante l’intervista finale in campo, è arrivato l’annuncio forse più importante della sua vita: “Jannik, sei il numero 1 del mondo”. La pelle d’oca ha fatto il giro dello Chatrier e delle case di tutti i fan sintonizzati. Mentre ci asciugavamo una lacrima col dito Sinner era felice, emozionato ma ancora una volta perfettamente composto, a differenza nostra.
John McEnroe, in una intervista a Gaia Piccardi sul Corriere della sera, ha detto: “Diventare numero 1 nel vostro paese è un ruolo potenzialmente dirompente. Una posizione non facile da reggere”. L’ha dimostrato Matteo Berrettini, dopo averci dato l’assaggio di una finale a Wimbledon. Berrettini non ha retto l’ondata del successo, non ha saputo gestire la fama e il calore degli italiani. Sfortunato certo, per via di una serie di infortuni che hanno peggiorato la situazione, ma anche emotivo e goloso di popolarità.
D’altronde, ha ragione McEnroe: siamo un popolo entusiasta che vive di innamoramenti più brevi che lunghi.
Oggi siamo tutti innamorati di Sinner e la storia si sta facendo seria. Bastava passare nei corridoi della sala stampa a Roma. Con l’assenza dell’altoatesino nella capitale, c’erano tanti musi lunghi, mancanza di idee, di entusiasmo. Nicolas Jarry non era un amante attraente e tantomeno Alejandro Tabilo. Neanche uno dei tennisti più forti dei nostri tempi, Alexander Zverev, è riuscito a tirare su il morale dei più mogi.
Ma l’innamoramento iniziale non ha nulla a che vedere con la lunga vita matrimoniale.
Possiamo dire di aver conosciuto “bene” Sinner verso il luglio del 2019, quando l’altoatesino entrava nei primi 200 del mondo. L’abbiamo seguito nella sua scalata di 100 posizioni in 3 mesi e abbiamo festeggiato l’ingresso nei top 100 del mondo il 28 ottobre 2019. Ma la vera scintilla è scattata nell’aprile del 2021. Dopo un inizio di stagione fiacco e senza risultati, Sinner raggiungeva la sua prima finale in un Masters 1000 a Miami per svegliarsi il 5 aprile da numero 19 del mondo. Da quel momento, iniziava il vero e proprio: miracolo Sinner. Su ogni canale televisivo, radio; ogni rivista, pubblicità, trovavi il caffè di Sinner, l’orologio di Sinner, la crema solare di Sinner, il formaggio di Sinner, la banca di Sinner, la rete telefonica di Sinner.
L’abbiamo visto mangiare una carota e dare improvvisamente vita a sei carote umane (dal successo discutibile). Ci siamo comprati una maglietta arancione con la consapevolezza che non si trattava più di un colore qualsiasi. Per 3 anni gloriosi, non abbiamo fatto altro che festeggiare la crescita incessante di Sinner e i suoi traguardi. “Mi avete accolto che ero un piccolo bambino” ha detto l’altoatesino alle ultime Nitto ATP Finals ringraziando la folla impazzita. Poi quel bambino è diventato il più forte tennista italiano di tutti i tempi: “Mi sento sopra una montagna“, ha detto Sinner al termine del Roland Garros al Corriere della Sera, “E di fronte ne vedo già un’altra da scalare. Non vedo l’ora di tornare in campo: non c’è niente al mondo che mi piaccia di più di giocare a tennis. Il ragazzo di Sesto Pusteria è diventato numero uno al mondo, ma non cambierà“.
E anche se ci esaltiamo per la crescita del tennis italiano in via più generale, siamo consapevoli che difficilmente oggi esiste il tennis al di fuori di Sinner. Ma è proprio questo che rischia di rovinare qualsiasi matrimonio: l’inerzia, l’abitudine. Se vogliamo che duri, l’errore da non commettere è quello di darlo per scontato.
Perché Jannik Sinner è diventato numero 1 del mondo, ma da lunedì 10 giugno, potrà solamente retrocedere. Non importa quanto tempo trascorrerà in vetta alla classifica, il giorno della retrocessione arriverà. Dimostrare di essere il migliore è un obiettivo, continuare a farlo, un altro. Sinner ha tagliato un traguardo mai raggiunto prima in Italia con impegno, umiltà e leggerezza: “Sono felice di essere il numero 1” ha detto l’azzurro, “Ma in fondo è solo un numero, voglio continuare a migliorarmi, ho ancora tanto da imparare”.
Poi nell’intervista di Gaia Piccardi per il Corriere della Sera ha rivelato che si, sognare è importante, ma senza prendersi troppo sul serio: “Certo quanto mi chiedevano il sogno da piccolo, io rispondevo il numero uno. Ma da giovane lo dici e basta, tanto è solo un sogno, e magari non ci credi nemmeno tanto. Io ho sempre ragionato per piccoli passi: guadagnare un punto Atp, poi entrare nei top 1000 della classifica, e ci sono riuscito; poi mi sono detto che volevo i top 500 e sono arrivato anche lì. Non è che all’inizio avevo in mente uno Slam particolare o la classifica: ho sempre cercato di darmi piccoli traguardi che mi facessero fare un passo in avanti. Quando lo centro, mi do un altro obiettivo, ancora oggi. Questa per me è la chiave per crescere, e spiega dove sono arrivato“.
Sarà interessante vedere la reazione di questo nuovo popolo tennistico che, a differenza di Sinner, sta iniziando a prendere l’argomento tennis molto, (forse troppo) sul serio. Sarà interessante vedere quando la febbre sinneriana inevitabilmente scenderà, insieme alla classifica di Sinner. Ci siamo abituati a una salita continua, una conquista dietro l’altra per completare la scalata. Ma come ogni campione storico di questo sport, il numero 1 tornerà ad essere il numero 2. Sinner ha la corazza dura per affrontare anche la discesa, sul campo da tennis impari a perdere ancora prima che a vincere. E l’altoatesino è già consapevole, che il primo grande ostacolo da superare, meglio dell’anno scorso, sarà proprio la stagione sull’erba (risposta alla domanda di Gaia Piccardi): “Ora è interessante vedere quanto a lungo riesco a rimanere numero uno, verificare come mi comporto ad Halle, il prossimo appuntamento, poi c’è Wimbledon e sono curioso di scoprire come giocherò a Londra. L’anno scorso sull’erba ho fatto una fatica incredibile, già il primo torneo sul verde mi dirà molto“.
E noi? Resteremo fedeli alle leggi del tennis ancor prima che a Sinner? Senza commettere l’errore di darlo per scontato?
I titoli da conquistare e i record da superare sono ancora moltissimi. Continueremo a festeggiare Sinner per saziare la nostra ingordigia di tennis. Ma chissà perché, da oggi, con la vetta ormai raggiunta, gli altri tennisti italiani sembrano già più vicini e con molte più chance di attirare la nostra attenzione.