Del percorso vincente nell’ultimo Wimbledon, probabilmente in futuro si ricorderanno le partite conclusive: semifinale con Rybakina (3-6, 6-3, 6-4) e finale con Paolini (6-2, 2-6, 6-4). Ma non sottovaluterei la prestazione negli ottavi di finale contro Danielle Collins, testa di serie numero 11. In questo match Krejcikova, grazie al suo tennis aritmico ma profondissimo, ha messo a disagio Collins sino quasi ad anestetizzarne la componente agonistica e finendo per chiudere 7-5, 6-3 un confronto mai veramente in discussione. Anzi, se Barbora fosse riuscita a convertire qualche palla break in più (1 su 10 nel primo set) il punteggio sarebbe stato anche più severo.
La stessa Jasmine Paolini nella conferenza stampa conclusiva ha spiegato perché può essere così difficile affrontarla, analizzando le ragioni della sua sconfitta nella finale: “Ovviamente penso che abbia servito meglio di me. Penso anche che sappia muovere molto bene la palla: può trovare angolazioni davvero fantastiche con i colpi. E’ una giocatrice molto completa. E’ così brava. Penso che rispetto a me sia riuscita a stare più a ridosso della linea di fondo. Soprattutto nel primo set io ero troppo indietro; lei colpiva la palla prima e mi spostava (comandando il gioco)”.
Arriviamo quindi al fulcro della questione: chi la critica ha assolutamente torto? In sede di bilancio, non sarebbe onesto nei confronti dei lettori se non citassi alcuni possibili punti negativi. Ne ricordo tre.
Punto primo: il suo ruolo nel doppio. Da quando la coppia Siniakova/Krejcikova si è separata (fine stagione 2023, per decisione di Siniakova), questi sono i loro risultati negli Slam: per Barbora un terzo turno e due quarti di finale, mentre per Katerina semifinale in Australia e vittoria sia a Parigi che a Wimbledon. E va sottolineato che Siniakova ha giocato con tre compagne differenti. Insomma, se tre indizi fanno una prova, sembrerebbe che la forza trainante della storica coppia Siniakova/Krejcikova fosse più Siniakova. O meglio: sicuramente lo era sul piano tattico, nella decisione degli schemi da adottare punto dopo punto (questo aspetto era del tutto evidente seguendo i loro match), ma stando agli ultimi risultati sembrerebbe anche sul piano tecnico. Vedremo come andranno le cose in futuro.
Punto secondo. Da quando ha vinto a Parigi, Krejcikova ha affrontato altri 13 Major. Uno lo ha vinto (Wimbledon 2024, appunto), ma negli altri non è mai riuscita ad andare oltre i quarti di finale, e diverse volte ha perso al primo o al secondo turno. Addirittura dal successo a Parigi 2021, Barbora ha giocato altre tre volte al Roland Garros (2022, 2023, 2024) perdendo sempre al primo turno.
Punto terzo. Nello Slam vinto in Francia si era ritirata per problemi fisici la numero 1 Barty, mentre la numero 3 Halep aveva dato forfait alla vigilia del torneo, sempre per problemi fisici. In quello Slam erano state addirittura sei le teste di serie perse per disavventure varie (Barty, Osaka, Halep, Kvitova, Brady, Riske). Qualcosa di simile è accaduto a Wimbledon 2024: out alla vigilia la numero 3 Sabalenka (prima o seconda favorita per i bookmaker) a lei si sono aggiunte anche Azarenka e Alexandrova (e poi Kalinskaya), tutte alle prese con infortuni. Insomma, in questi due Slam una parte non trascurabile della concorrenza non ha potuto giocarsi le proprie carte sino in fondo.
Allora Krejcikova è una vincitrice Slam “abusiva”? Assolutamente no. Direi piuttosto che è una giocatrice che riesce a dare il meglio quando comincia uno Slam un po’ fuori dai radar, arrivando alle fasi decisive del torneo da outsider. In questi casi però, si è dimostrata quasi infallibile.
Dopo il successo di Jasmine Paolini in semifinale, aleggiava una domanda tra giornalisti e appassionati: per Jasmine meglio fronteggiare Krejcikova o Rybakina (le altre due semifinaliste)? Personalmente non ho mai avuto dubbi: meglio Elena Rybakina. Non solo perché l’aveva appena sconfitta al Roland Garros, ma soprattutto per questioni di solidità mentale. Certo, non avremo mai la controprova, ma sappiamo che Elena ha spesso faticato a proporre il suo miglior tennis nelle finali. A oggi il suo principale successo, Wimbledon 2022, lo ha ottenuto contro Ons Jabeur, che ha ancora più problemi di lei nei grandi match decisivi (Jabeur tre finali Slam, tutte perse).
Al contrario Krejcikova aveva, soprattutto a livello Major, un record ben più consistente: 1 su 1 nella finale di singolare, e 7 vittorie su 8 finali in doppio (e 3 su 3 nel doppio misto). Insomma: Barbora è una giocatrice che difficilmente si fa sfuggire certe occasioni. C’è chi ha sottolineato che in finale ha tremato al momento di servire per il titolo, visto che ha concesso due palle break. Io credo invece che proprio in quel frangente abbia dimostrato la sua forza mentale: con tutto il pubblico compattamente schierato per Paolini, per rovesciare la situazione sarebbe bastato un minimo passo falso. Ma lei non l’ha compiuto, ha servito bene e ha finito per chiudere il game vincendo i Championships.
Senza pretendere di fare paragoni assoluti: ventiquattro ore dopo, Alcaraz (dico: Alcaraz, non un giocatore qualsiasi) in finale era avanti 6-2, 6-2, 5-4 40-0 e ha comunque trovato il modo di perdere il game, cominciando con un doppio fallo. Questo perché è complicatissimo mantenere il sangue freddo in alcuni frangenti, ma Barbora ci è riuscita. E così a 28 anni, di cui solo quattro di carriera ad alti livelli, vanta già due Slam conquistati su due superfici diverse.