Il campo ce lo ha restituito: all’esordio in Ohio vittoria di rodaggio su Alex Michelsen, nella giornata odierna il ritorno in campo per gli ottavi contro Jordan Thompson. E ne avevamo un po’ tutti bisogno, in particolare i quarti canadesi a Montreal hanno dato piena dimostrazione di come la condizione agonistica di Jannik Sinner non fosse ancora quella che si confà ad un numero uno del mondo.
Necessitavamo di rivederlo finalmente in azione per far tacere tutti coloro che si sono sentiti in dovere di criticare aspramente la rinuncia “forzata” dell’altoatesino ai Giochi Olimpici di Parigi 2024. “Una tonsillite, ma via! Altri atleti hanno gareggiato nonostante calcoli renali e le ore precedenti all’atto sportivo trascorse in Ospedale. Non si sente italiano, non sente la maglia azzurra. Le Olimpiadi non sono mai state un suo obiettivo“, questo piccolo inciso è solamente un minima sintesi di tutto ciò che è piovuto addosso all’allievo di Vagnozzi e Cahill.
È stata messa in dubbio la sua onestà, come se la “scelta” – che poi una reale scelta non è stata – di non partecipare al Roland Garros olimpico fosse il risultato di un’arguta strategia, pensata, sviluppata e messa in piedi nei suoi dettagli più impercettibili al fine di arrivare preparati al massimo dello stato di forma allo US Open: per azzannare così la ceca lotta in virtù del primato nel conta-sigilli Slam, perché Carlos è già scappato…bisogna accorciare.
“Preferisce difendere il titolo a Montreal piuttosto che regalare una medaglia all’Italia“. Tutte allusioni retrospettive che dipingevano un Sinner in totale contro-concorrente con quanto ci ha descritto la realtà del campo degli ultimi anni – e con quanto anche lui in persona ha ribadito per l’ennesima volta. La verità è che non siamo abituati a vivere un Re Divino, ci siamo sempre innamorati di coloro che sudavano la maglia – eh badate bene, giustamente continuano ad emozionarci – ma non possiamo chiedere a Sinner di non essere Sinner. Il suo sogno da ‘sbarbatello’ era diventare n° 1 del mondo della racchetta e vincere uno Slam, ma non era la banale frase fatta di un giovane ragazzo che sperava in un futuro luminoso. Era una dichiarazione d’intenti di chi aveva perfettamente chiaro l’obiettivo, certo ambizioso ed estremamente complesso da raggiungere per non dire impossibile ma che sapeva in cuor suo di possedere le qualità per tentare la scalata. Un’arrampicata sull’Everest che tuttavia se fosse stata sprovvista di alcune attitudini irrinunciabili quali l’umiltà, lo spirito di sacrificio, la dedizione al lavoro, l’ossessione morbosa per il miglioramento costante e quotidiano sarebbe rimasta un’impresa da realizzare soltanto nella propria interiorità.
Jannik non era disposto a disputare le Olimpiadi per vincere qualche partita, fare un quarto di finale. Lui compete sempre e comunque per la vittoria finale, sa ascoltare il suo corpo e quando si rende conto di non poter compere per vincere il titolo non va lì per tentare un’improbabile crescita di partita in partita provando a migliorare gradualmente nel corso del torneo la sua capacità di performare. È poi fattuale che il doppio cambio di superficie abbia influito e non poco: un torneo olimpico disputato sull’erba o sul cemento avrebbe certamente fatto compiere a Sinner anche ragionamenti diversi in vista di un ipotetico percorso di ritrovamento del proprio regolare livello prestativo durante la settimana olimpica. Ma la terra per le sue caratteristiche e per il peculiare excursus dell’azzurro è sicuramente la meno indicata ad offrire le condizioni ideali al fine di realizzare un certo tipo di cammino.
Caro Jannik, adesso goditi i tuoi 23 anni, e festeggia il compleanno regalandoti i quarti di Cincinnati. Tanto già sai che se dovessi vincere lo US Open, sarebbero tutti pronti a fare di nuovo il viaggio inverso per salire sul tuo carro. Ma in fondo ciò non può non riempirti di orgoglio: perché significa che non vieni giudicato con parametri, canoni e valori di umana natura sportiva.
Buon Compleanno Sinner, Zeus dell’Olimpo tennistico.
Curiosità statistiche
Nella storia dell’ATP, dei 29 numeri uno del ranking mondiale che hanno caratterizzato il corso della classifica computerizzata ben 14 sono stati più precoci di Sinner nel raggiungere la prima piazza del movimento maschile. I quattro più giovani, anagraficamente, di sempre a riuscirci sono stati Carlos Alcaraz, Lleyton Hewitt, Marat Safin e John McEnroe.
Concentrandoci invece sui Big Four, soltanto Rafa Nadal e Roger Federer si sono presi la poltrona della classifica mondiale prima di compiere 23 anni, mentre sia Novak Djokovic sia Andy Murray hanno agguanto lo scettro dopo il ventitreesimo compleanno.
Al compimento dei 23 anni cosa avevano già vinto in termini di titoli Slam ed in generale di allori inseriti in bacheca, i quattro grandi dell’ultimo ventennio di tennis maschile? L’attuale n.°1 del mondo allo stato delle cose può vantare 14 trofei in bacheca, di cui 5 ATP 500 – Washington 2021, Pechino e Vienna nel 2023, Rotterdam e Halle nel 2024 – 2 Masters 1000 (Toronto 2023 e Miami 2024), un titolo Major in Australia e la Coppa Davis del 2023.
Roger Federer: lo svizzero, nato l’8 agosto del 1981 a Basilea, all’età di Sinner aveva già conquistato 19 titoli di cui quattro Masters 1000 – Amburgo nel 2002 e a maggio 2004, Indian Wells e Toronto, quest’ultimo l’ultimo dei trofei alzati da ventiduenne – e altrettanti ATP 500 (2 volte Vienna nel 2002 e ad ottobre 2003, doppietta anche a Dubai nel 2003 e successivamente a marzo 2004). A livello di Slam, da fresco ventitreenne ne aveva messi in saccoccia già tre: Wimbledon in back-to-back nel 2003-2004 più l’Australian Open del 2004. Inoltre un mese e quattro giorni dopo aver compiuto il ventitreesimo anno d’età, per festeggiare si regalò il quarto sigillo Major a New York.
Rafael Nadal: lo spagnolo, nato il 3 giugno 1986 a Manacor, all’età di Sinner aveva già conquistato 36 titoli di cui 15 Masters 1000 – cinque trionfi consecutivi nel suo regno di Monte Carlo nel 2005, nel 2006, nel 2007, nel 2008 e nel 2009; gli Internazionali d’Italia nel 2005, nel 2006, nel 2007 e nel 2009, quest’ultima edizione vinta del ‘1000’ romano ha rappresentato l’ultimo dei trofei alzati dal maiorchino ancora da ventiduenne; Montreal 2005, Madrid 2005, Indian Wells 2007 e 2009, Amburgo 2008, Toronto 2008 – e 9 ATP 500 (Acapulco nel 2005, la cinquina di Barcellona nel 2005–2006–2007–2008–2009, Stoccarda nel 2005 e nel 2007, Dubai nel 2006). A livello di Slam, da fresco ventitreenne ne aveva messi in saccoccia già 6: 4 Roland Garros consecutivi (2005-2006-2007-2008), Wimbledon 2008 e l’Australian Open del 2009. Il mancino iberico, inoltre, prima di spegnere le 23 candeline conquistò anche l’oro olimpico in singolare alle Olimpiadi di Pechino 2008 (vittoria in finale su Fernando Gonzalez per 6-3 7-6(2) 6-3) e due delle sue cinque Coppe Davis: nel 2004 e nel 2008.
Novak Djokovic: il serbo, nato il 22 maggio 1987 a Belgrado, all’età di Sinner aveva già conquistato 18 titoli di cui 5 Masters 1000 – Miami e Montreal nel 2007, Indian Wells e Roma nel 2008, Parigi Bercy nel 2009 – e 6 ATP 500 (Vienna nel 2007, Dubai, Pechino e Basilea nel 2009, ancora negli Emirati Arabi difendendo con successo il titolo di un anno prima nel 2010, difesa riuscita anche otto mesi più tardi in Cina). A livello di Slam, da fresco ventitreenne ne aveva messo in saccoccia uno soltanto, esattamente come Jannik: lo stesso Major per giunta, trionfo sulla Rod Laver Arena nel 2008 battendo Tsonga. Djoker, tuttavia, nel novembre dello stesso anno diede anche inizio alla propria liaison con le ATP Finals trionfando a Shanghai dopo aver superato in finale Davydenko 6-1 7-5.
Andy Murray: lo scozzese, nato il 15 maggio 1987 a Glasgow a distanza di una sola settima da Nole, all’età di Sinner aveva già conquistato 14 titoli di cui quattro Masters 1000 – Cincinnati e Madrid nel 2008, Miami e Montreal nel 2009 – e 2 ATP 500 (Rotterdam e Valencia nel 2009). A livello di Slam, il primo alloro di Sir Andy giungerà solamente a 25 anni allo US Open. Inoltre, precisamente 3 mesi dopo aver compiuto il ventitreesimo anno d’età, si regalò il quinto sigillo ‘Mille’ a Toronto.