Le Olimpiadi di Parigi 2024 sono ormai finite da qualche giorno, siamo tutti rientrati a casa e la realtĂ del circuito ha ormai ripreso il controllo delle nostre vite, con un 1000 appena concluso in Canada, uno in corso di svolgimento in Ohio e lo US Open che ormai bussa alla porta.
Ma l’Olimpiade rimane sempre l’Olimpiade, anche i più longevi di noi non hanno occasione di vederne così tante (anche se c’è chi sta arrivando vicino a quota 30) e quindi merita di prendersi qualche minuto per guardarsi indietro a ciò che si è vissuto e fare le necessarie valutazioni.
Noi qui proveremo con il metodo dell’alfabeto, cercando di trovare il modo per spiegare questi diciassette giorni parigini una lettera alla volta, chiaramente secondo la nostra sindacabilissima opinione.
A come Aria Condizionata: le ambizioni di sostenibilità di Parigi 2024 hanno imposto un utilizzo dell’aria condizionata più parsimonioso del solito. Si sa che gli alloggi del villaggio olimpico ne erano sprovvisti, anche i pullman utilizzati per il trasporto non ne erano tutti equipaggiati, e ciò ha reso le giornate un po’ più appiccicaticce del solito. Tuttavia la situazione era estremamente variabile, perché in alcuni impianti il condizionatore è stato fatto lavorare a livelli… “statunitensi”. Per esempio la Paris South Arena 1, che ha ospitato il torneo di pallavolo, è stata sempre mantenuta a confortevoli livelli da maglione, per la disperazione dei più cagionevoli di salute che si sono trascinati tosse e mal di gola per quasi tutti i giochi. La tribuna stampa, poi, era direttamente sotto i soffioni del condizionatore e più di una cervicale né è rimasta vittima.
B come Borraccia: la lotta contro la plastica monouso ha comportato la necessità (ormai consolidata negli impianti in giro per il mondo) di viaggiare in simbiosi con la propria borraccia da riempire agli appositi punti di ristoro. L’organizzazione ci ha fornito una simpatica bottiglietta termica rossa, che però conteneva meno di mezzo litro d’acqua, per cui non era troppo utile. Oltretutto la bottiglietta rossa era l’unico oggetto offerto in omaggio ai giornalisti: niente zaini, penne o altre cose come nelle precedenti Olimpiadi, per la felicità di chi non è andato sovrappeso con la valigia nel viaggio di ritorno.
C come Casa Italia: il punto di raccolta degli italiani alle Olimpiadi è stato allestito dal CONI all’interno del ristorante stellato Pré Catelan, dove nel 1894 il Barone De Coubertain tenne a battesimo il Comitato Olimpico Internazionale e l’idea stessa delle Olimpiadi moderne. Come sempre impeccabilmente disegnata e arredata, è stata per tutti i Giochi il luogo per un pasto italiano “come Dio comanda” e per incontrare le medaglie azzurre, anche se la posizione all’interno del Bois de Boulogne non la rendeva particolarmente facile da raggiungere per chi doveva spostarsi con i mezzi pubblici. Anche a causa della “varia umanità ” che gestisce i propri affari (soprattutto notturni) all’interno del parco che non vedeva necessariamente di buon occhio l’andirivieni tricolore generato dalla presenza di Casa Italia nel loro territorio.
D come DJ: la musica ha accompagnato tutti gli eventi dei Giochi, con ogni pausa, ogni momento di attesa e ogni cambio di campo riempito dalle note musicali sparate a tutto volume dalle potenti casse degli impianti. Il DJ del tennis ha fatto sfoggio di un repertorio di ottimo gusto, anche se la stragrande maggioranza delle canzoni selezionate risalivano al secolo scorso. Qualche pezzo più moderno in più (che invece era puntualmente programmato negli altri impianti) sarebbe stato gradito, soprattutto quando in campo c’erano giocatori poco più che ventenni, come nel caso della finale per il bronzo tra Musetti e Auger-Aliassime.
E come Errani: alla sua quinta Olimpiade, la 37enne romagnola è riuscita a portare a casa una medaglia d’oro che forse rappresenta la vittoria più significativa di tutta la sua carriera, per come è arrivata, per quando è arrivata e per tutti gli ostacoli che ha dovuto superare per raggiungerla quasi al crepuscolo della carriera.
F come Folla: dopo le Olimpiadi di Tokyo vissute interamente a porte chiuse, è stato un sollievo enorme vedere così tanta gente a tutte le sessioni. Dalle finali più prestigiose alle batterie eliminatorie disputate alle 9 del mattino, gli spalti sono stati quasi sempre gremiti di gente e di entusiasmo. Una gioia per gli occhi e siamo sicuri anche per le casse del CIO.
G come Gradini: nello stadio della pallavolo dall’ingresso dello stadio all’ultima fila della tribuna stampa c’erano 112 gradini. Che seguivano una camminata di almeno 400 metri dalla sala stampa attraverso un sottopassaggio e tutto intorno alle tribune dello stadio. Un tappone dolomitico (anche per la temperatura rigidissima, vedi lettera A) con arrivo in salita che ha giustamente contribuito ai nostri bisogni di “cardio training”.
H come Hotel: lo so, H come Hotel è la cosa più banale che si possa scrivere, ma è necessaria per segnalare che buona parte dei tennisti (oltre alle squadre di pallavolo e parecchi altri) hanno alloggiato in albergo per evitare la scarpinata dal Villaggio di Saint Denis al Roland Garros (almeno 40 minuti in condizioni ideali di traffico). Nadal e Alcaraz hanno fatto eccezione, volendo stare con gli altri atleti, pagando pegno con una elevata dose di autografi e selfie.
I come Internet: come a Tokyo, il collegamento internet è stato fornito gratuitamente a tutta la stampa (fino a Rio c’era l’opzione a pagamento) ed ha funzionato più che bene. Il sito di informazione olimpica MyInfo è stato una imprescindibile fonte di notizie, anche se qualcuno si è lamentato che fosse solamente consultabile via browser e non ci fosse un’applicazione apposita. Le app invece erano disponibili per districarsi nella rete dei trasporti da un impianto all’altro e per gestire i biglietti per gli eventi speciali, per la prima volta completamente elettronici. Per i biglietti, infatti, si è utilizzato un sistema interamente nuovo di distribuzione centralizzata, una vera e propria rivoluzione per le Olimpiadi che hanno eliminato la figura degli “Authorized Ticket Resellers”. Tutto è andato bene, e non era per nulla scontato.