Jannik Sinner è stato trovato positivo ai metaboliti del Clostebol in due controlli antidoping effettuati lo scorso marzo. La sentenza del 19 agosto del Tribunale indipendente stabilisce che l’azzurro ha dimostrato che non c’erano colpa o negligenza e quindi non gli è stato inflitto alcun periodo di squalifica. Perderà tuttavia i punti e il montepremi vinti a Indian Wells. Sentenza completa alla mano (la trovate qui), vediamo nel dettaglio cosa ha dovuto dimostrare Jannik e quali fatti e tesi ha portato per riuscirci, perché ha continuato a giocare quando solitamente scatta la sospensione provvisoria e perché il risultato in California (semifinale, 325.000 dollari e 400 punti) viene considerato non valido.
Prima, un velocissimo ripasso dell’iter. L’ITIA, che si occupa di antidoping su delega dell’ITF, notifica (“pre-charge letter”, dove charge sono le imputazioni) al giocatore la violazione che può aver commesso e, nella generalità dei casi, lo sospende obbligatoriamente. Il giocatore può rispondere adducendo le proprie ragioni e, qualora l’Agenzia ancora lo ritenga colpevole dei fatti contestatigli, gli invierà una Lettera di accusa. Se il tennista ammette l’accusa, l’ITIA deciderà la sanzione. Se viceversa contesta l’addebito, ci sarà un’udienza davanti a un Tribunale Indipendente composto da tre persone nominate ad hoc dall’Independent Panel (un gruppo di avvocati, esperti medici e/o tecnici e/o altre persone qualificate con esperienza nell’antidoping). Anche la sentenza del Tribunale può essere impugnata dinanzi al CAS, Il Tribunale Arbitrale dello Sport con sede a Losanna.
È importante sapere che, quando l’atleta viene trovato positivo a una sostanza vietata, ha commesso una violazione del programma antidoping in quanto responsabile della sostanza proibita trovata nel campione. Inoltre, l’ITIA non deve dimostrare volontarietà, colpa, negligenza. Questo dicono gli artt. 2.1 e 2.2 del TADP, il Tennis Antidoping Programme, e da qui si parte con quattro anni di squalifica. L’onere ricade dunque sull’atleta: se dimostra l’assenza di volontarietà, la squalifica si riduce a due anni; i due anni possono a loro volta essere ridotti se l’atleta prova l’assenza di colpa o negligenza significative. Dimostrando invece l’assenza di colpa e negligenza tout court, la riduzione azzera il tempo di squalifica. Questo sarà appunto il nostro caso, contemplato dall’articolo 10.5 del TADP, Tennis Antidoping Programme: “Se un giocatore dimostra di non avere alcuna colpa o agito con negligenza per la violazione antidoping, il periodo di esclusione sarà eliminato”. Ricordiamoci l’art. 10.5, che chiameremo anche “Nessuna colpa”.
Com’è andata
Il 12 o 13 di febbraio, il preparatore atletico di Jannik Umberto Ferrara acquista una confezione di Trofodermin, uno spray per curare le ferite che contiene Clostebol. Si tratta di un medicinale da banco in Italia, ma il Clostebol non è consentito in altri Paesi tra cui gli USA. A inizio marzo, Ferrara e Giacomo Naldi, il fisioterapista, sono a Indian Wells con Sinner e soggiornano nella stessa casa con lui e il resto del team. Naldi si ferisce a un dito della mano con un bisturi (per trattare i calli di Jannik) cercando dentro un borsone. Quando Jannik si accorge della fasciatura al dito, gli domanda se abbia usato qualcosa per trattare la ferita e riceve risposta negativa, cosa vera in quel momento.
Due giorni dopo, 5 marzo, Ferrara raccomanda il Trofodermin a Naldi. C’è tuttavia disaccordo tra i due sul fatto che l’uno abbia avvertito l’altro del pericolo antidoping. Naldi lo usa fino al 13 marzo, senza controllare. Sinner, soffre di una dermatite ai piedi e alla schiena che a volte – come a Indian Wells – lo porta a grattarsi con conseguenti piccole ferite. Il 10 marzo Naldi tratta piede e caviglia di Jannik dopo essersi applicato due volte il farmaco e non ricorda se si è lavato le mani.
L’azzurro è sottoposto a due controlli in data 10 e 18 marzo, quando vengono raccolti i campioni che daranno esito positivo. In seguito, Sinner fornirà la spiegazione dei fatti sopra descritta e l’ITIA riterrà che abbia assolto l’onere della prova in relazione all’origine della sostanza proibita.
Il 4 aprile, la prima notifica da parte dell’ITIA a Sinner per una Adverse analytical finding (AAF), vale a dire che era stata rilevata nel primo campione (quello del 10 marzo, durante Indian Wells) una sostanza proibita, precisamente i metaboliti del Clostebol. Sospensione provvisoria con effetto immediato. Jannik presenta una richiesta urgente a Mark Hovell (membro del NAPD, il comitato antidoping britannico gestito da Sport Resolution) perché detta sospensione sia revocata. La richiesta è accolta perché Hovell è soddisfatto dalle prove fornite dal giocatore, dalla dichiarazione del laboratorio e delle parti. L’azzurro risulta sospeso dal 4 al 5 aprile, quindi dopo la conclusione di Miami e prima del suo esordio a Monte Carlo contro Korda il 10 aprile.
Il 17 aprile, un’altra notifica per la positività alla stessa sostanza nel secondo campione (18 marzo, prima di Miami). Di nuovo sospensione provvisoria, ricorso immediato e accolto, anche perché, consultando anche un articolo di ricerca accademica, Hovell ha ritenuto che qualsiasi periodo di sospensione eventualmente imposto avrebbe potuto essere completamente annullato sulla base dell’art. 10.5. Per quanto riguarda le date, nella sentenza si legge che Sinner è stato sospeso dal 17 al 20 aprile, con Hovell che ha accolto il ricorso il 24 aprile. A ogni modo, Monte Carlo era terminato e il primo match a Madrid (derby con Sonego) è stato il 27.
L’ITIA ha condotto i colloqui con Sinner e i componenti del team e ascoltato i consigli di due esperti prima di inviare la lettera di accusa, cosa che ha fatto il 30 maggio dopo aver considerato le risposte di Jannik alle due notifiche.
Il 19 giugno, il tennista replica spiegando le circostanze della AAF e proponendo una risoluzione sulla base di “Nessuna colpa” oppure, in subordine, una riduzione della pena per “Nessuna colpa o negligenza significative”.
Il 1° agosto vengono nominati i tre giudici del Tribunale Indipendente che si avvale di tre esperti. Questi considerano plausibile (o molto plausibile) la spiegazione del giocatore; due di loro fanno riferimento alla piccola quantità di concentrazione della sostanza, per uno compatibile con il trattamento del fisio, per un altro incapace di produrre effetti dopanti. Per l’ITIA la spiegazione fornita su come la sostanza è entrata nell’organismo è “più probabile che no” (51% sulla bilancia delle probabilità), quindi chiede al Tribunale di non considerare la squalifica di quattro anni.
Cosa dice l’ITIA
A questo punto, se anche il Tribunale ritiene che la fonte sia stata provata, la prima cosa da fare è valutare se il giocatore ha diritto a invocare l’art. 10.5 sulla base dei fatti. Già qui non è così semplice, perché dipende se si considera o meno il Commento a quell’articolo. Commento “restrittivo” che non c’è nel TADP, ma è presente nel WADC, il World Antidoping Code e, se applicabile in questo caso, la questione “Nessuna colpa” non può essere considerata. Il Commento dice che non si può invocare il 10.5 se la sostanza è stata somministrata dal personale medico a insaputa dell’atleta.
C’è inoltre la questione “somministrazione”. Se un membro del team gli consiglia di assumere un certo integratore che poi risulta contaminato, il tennista non può dire di non avere alcuna colpa. In questo caso, il Tribunale deve ritenere che né Sinner né Naldi fossero a conoscenza della “somministrazione” per applicare il 10.5. Ripetiamo: escludendo l’art. 10.5, si passa al 10.6, vale a dire squalifica a partire da due anni ridotta di un periodo deciso sulla base di “Nessuna colpa o negligenza significative”.
Per l’ITIA, che nel processo è ovviamente l’accusa, Sinner non aveva alcuna conoscenza della presenza del farmaco in quella casa, della sostanza contenuta e del fatto che Naldi la stesse usando.
Cosa dice Sinner
Viene rilevata l’esistenza di un problema Clostebol in relazione agli atleti italiani: oltre la metà dei procedimenti che riguardano quella sostanza coinvolgono rilevamenti in Italia. Secondo Sinner, non può essere intenzione delle regole antidoping di svantaggiare atleti di determinati Paesi. E d’altronde non è mai stato portato alla sua attenzione tale rischio specifico. Jannik fa inoltre notare che la somministrazione deve essere avvenuta in coincidenza con il torneo di Indian Wells, dal momento che mediamente viene controllato una volta al mese, sempre con esito negativo, che presta cautela quando si tratta di assumere medicinali o integratori. E che, rispetto a questa positività, non c’era nulla di diverso che avrebbe realisticamente potuto fare o che il TADP gli imponesse di fare. C’è stata mancanza di comunicazione tra Ferrara e Naldi – nessuno dei due ha voluto assumersi personalmente le proprie responsabilità in quanto assoggettati al TADP. Jannik sa di essere responsabile per le azioni dei membri del suo team, ma ha assolto quelle responsabilità scegliendo con cura eccezionale persone di altissimo profilo ed esperienza, facendo loro comprendere l’importanza di attendersi al TADP, eccetera, quindi non può essere responsabile per l’errore di Ferrara e/o Naldi. Un punto di vista che Sinner presenta supportato dalla sentenza Sharapova del CAS (riassumendo: la mancanza da valutare non è quella fatta dalla persona delegata, ma quella commessa dall’atleta scegliendo una persona non qualificata, non dandole istruzioni adeguate…). Insomma, lui ha delegato a Ferrara l’autorità di assicurarsi che tale prodotto non contenesse una sostanza proibita – delega assolutamente ragionevole. Porta poi una serie di sentenze risolte in “Nessuna colpa”, tra le quali i casi dei tennisti Richard Gasquet e Marco Bortolotti.
Per quanto riguarda il “Commento” all’art. 10.5, non sarebbe applicabile perché implica che il medico sia consapevole di stare somministrando la sostanza. Inoltre, parla esplicitamente di medici e “trainer” (in inglese, chi tratta indisposizioni e infortuni minori degli atleti) e in caso di qualsiasi dubbio dovrebbe essere interpretato contra proferentem contro l’ITIA (quando c’è una clausola contrattuale dubbia, viene interpretata contro chi l’ha predisposta, quindi in senso favorevole alla parte debole).
Discussione
Sulla discrepanza per cui Ferrara ha avvertito del pericolo antidoping del farmaco Naldi, mentre questi non ricorda, il Tribunale propende per la prima versione considerando l’esperienza di Ferrara in materia e che Naldi era arrivato in California dopo gli altri e poteva avere ancora gli effetti del jet-lag. Avvertimento ritenuto necessario da Ferrara perché temeva un contatto diretto con il Trofodermin piuttosto che una qualche contaminazione incrociata.
Sulla applicabilità del “Commento”, secondo il Tribunale, il fisioterapista rientra tra le figure interessate al pari del personale medico. Tuttavia, la parola Somministrazione contenuta nello stesso Commento non può essere ricompresa nello scenario in esame; ciò perché, come argomentato dalla difesa, implica volontarietà da parte di chi somministra la sostanza, mentre qui Sinner è stato contaminato inavvertitamente durante un massaggio dal fisio che ha usato, senza saperlo, la sostanza per curare una propria ferita, fatto di cui il giocatore non era al corrente e non avrebbe potuto esserlo.
Tra la giurisprudenza che il Tribunale trova rilevante ci sono il caso di Sara Errani in quanto completamente diverso da quello in esame – c’era stata negligenza perché era già successo che una compressa cadesse dalla scatola, per la scatola stessa tenuta in cucina – e il caso Gasquet (noto come “il bacio alla cocaina”), viceversa molto simile perché Richard non aveva visto la ragazza assumere cocaina o notato gli effetti della droga.
Al tribunale è chiaro che Sinner non sapeva, sospettava e non avrebbe ragionevolmente potuto sapere o sospettare anche con la massima cautela che il Clostebol fosse presente nell’abitazione, non sapeva né sospettava che Naldi lo avesse applicato sul dito, né che fosse possibile un trasferimento di una sostanza proibita durante un massaggio terapeutico o una fasciatura al piede. Il giocatore, conclude il Tribunale, ha esercitato la massima cautela e fatto tutto il possibile per evitare un risultato positivo.
La sentenza
Il giocatore ha commesso due violazioni delle regole antidoping (artt. 2.1 e 2.2), ma non ha alcuna colpa o negligenza per le due violazioni, quindi qualsiasi periodo di divieto di competere sarà cancellato. Poiché ha commesso una violazione durante un torneo (campione del 10 marzo), medaglie, titoli, punti e montepremi ottenuti a Indian Wells saranno restituiti. Nessuna conseguenza per quanto vinto negli eventi disputati dopo quel torneo e prima della data di questa decisione.