In pochi, forse pochissimi, si sarebbero mai aspettati un ultimo slam stagionale così sorprendente: l’eliminazione del campione in carica, la sconfitta di chi ha quest’anno aveva già trionfato in due tornei del Grande Slam, l’ascesa di chi lottava lontano dai riflettori e un numero uno al mondo chiamato a giocare col peso del giudizio di media e colleghi.
Numero uno al mondo. Suona bene, no? Soprattutto quando al vertice è un italiano. Per quanto ancora potremo godere della matematica certezza? Quanto tempo resta al dominio di Sinner? Risposta semplice: impossibile saperlo. Il trionfo a Cincinnati gli ha permesso di conquistare quei punti perduti con la prematura sconfitta in Canada e l’eliminazione agli ottavi di finale durante la scorsa edizione del torneo di Flushing Meadows, gli assicura la possibilità di allungare ulteriormente, soprattutto su Carlos Alcaraz e Novak Djokovic.
I numeri tre e quattro della classifica live (non quella ufficiale, che uscirà al termine dello Us Open) perdono terreno sull’azzurro: il serbo, ovviamente, difendeva il titolo. Nel suo destino, la quarta posizione del ranking ATP con 5560 punti. Djokovic, al momento, non è iscritto ad alcun torneo in Asia, chiamato successivamente alla difesa del torneo a Parigi: così facendo, però, rischia di mettere in serio pericolo anche la qualificazione alle Finals di fine anno, dove difende altri 1300 punti. Nella race è settimo, con 3260 punti. Taylor Fritz, il primo degli esclusi alla nona posizione, è a quota 2990. Non c’è modo quindi, per Nole, di impensierire il trono di Sinner, salvo disastrose sconfitte dell’altoatesino.
Situazione Alcaraz: simile, ma non così disastrosa. Nonostante le sfumate speranze di contesa al vertice della classifica per il prossimo numero tre del mondo, lo spagnolo ha quantomeno già quasi in tasca la qualificazione a Torino. Dopo l’eliminazione in semifinale a New York della scorsa stagione, Carlitos giocò a Pechino e Shangai, venendo eliminato, rispettivamente, al penultimo atto da Sinner e agli Ottavi da Dimitrov. Poi la brutta sconfitta a Parigi e la semi a Torino. Il terreno, per conquistare punti, c’è. Ma vada come vada, non sarà abbastanza almeno fino a novembre.
L’unico reale pretendente, anche a livello aritmetico, resta Alexander Zverev, chiamato a difendere meno della metà dei punti di Sinner nell’ultima parte di stagione. Discussione che sarebbe archiviata in caso di vittoria a New York dell’italiano che salendo a 11180 punti metterebbe, seppur non matematicamente, un’ipoteca sul trofeo riservato ai giocatori in grado di finire l’anno in cima al mondo. Se a trionfare, invece, fosse Sasha, raggiungerebbe gli 8675 punti e la questione si complicherebbe in vista dei tanti punti guadagnati a fine 2023. In ogni caso, il vantaggio resterebbe considerevole: 705 punti in caso di sconfitta con Tommy Paul, poi 905 se battuto ai quarti, 1305 in caso di semifinale, e 1805 dovesse conquistare la finale.
Inoltre, l’italiano non ha fatto così bene negli ultimi due Master 1000 su cemento della stagione. Tradotto, ulteriore possibilità di allungare.
Poche, quindi, le speranze per i contendenti, nonostante una matematica che, attualmente, non condanna neppure il numero 5 Daniil Medvedev. Tutto è possibile, ma poco fattibile. Si resta su cemento, casa di Jannik, tutto dipende da lui.