2. La risalita del tennis USA: Emma Navarro e Jessica Pegula
Pegula finalista, Navarro semifinalista: il tennis USA è in risalita dopo aver attraversato alcune stagioni di difficoltà. Nel ranking di fine 2021 non c’era nemmeno una statunitense fra le Top 10, e occorreva scendere sino al numero 12 per trovare Sofia Kenin. Oggi in classifica abbiamo quattro statunitensi fra le prime dodici: Pegula numero 3 (career high), Gauff 6, Navarro 8 (career high), Collins 11. In questo momento il tennis a stelle e strisce è quello che offre più giocatrici di vertice rispetto a tutte le altre nazioni.
Dopo l’era delle sorelle Williams, il movimento non ha ancora ritrovato una tennista dominante, in grado di rimanere stabilmente in cima alle classifiche e vincere Slam in serie, ma sembra che nel suo insieme abbia superato la fase più difficile E se Gauff a New York non ha saputo replicare l’exploit dello scorso anno, ci hanno pensato Emma Navarro e Jessica Pegula a mantenere il centro della scena.
Spesso accomunate per questioni di status sociale (entrambe provengono da famiglie ricchissime, così ricche che la questione difficilmente passa inosservata), Pegula e Navarro sono state due delle principali protagoniste dell’ultimo Slam. A un certo punto, prima delle semifinali (Pegula vs Muchova e Navarro vs Sabalenka), si è addirittura palesata la possibilità di una finale tutta americana, la finale delle super-ricche. Tra giornali, siti internet e social media, sarebbe stato interessante vedere cosa ne sarebbe uscito a livello di titoli. Poi però Sabalenka ha indirizzato il torneo in un altro modo, rimandando a data da destinarsi il possibile evento.
La semifinalista Emma Navarro, 23 anni (è nata il 18 maggio 2001), a New York ha finalmente confermato a livello Slam tutto quanto di buono aveva fatto vedere in stagione. Era già in ottima posizione nella Race, ma per il sistema della classifica del tennis, nei mesi scorsi risultava sottostimata dal ranking. È almeno da marzo, infatti (da Indian Wells, dove aveva sconfitto proprio Sabalenka) che Navarro ha dimostrato di avere compiuto un bel salto di qualità. E se negli Slam più recenti non era andata oltre i quarti di finale è perché si era imbattuta in due prestazioni superlative delle sue avversarie.
A Parigi aveva perso al quarto turno 6-2, 6-3 da una Sabalenka in giornata di grazia. Aryna aveva chiuso il suo match con uno straordinario +24 nel saldo tra vincenti ed errori non forzati (36/12); ma anche Emma aveva concluso con un saldo positivo di +10 (15/5).
A Wimbledon invece era stata battuta nei quarti 6-2, 6-1 da una Paolini ispiratissima (la stessa Jasmine avrebbe riconosciuto in conferenza stampa: “oggi ho fatto una partita quasi perfetta”); ma in quel caso nel secondo set Emma era apparsa un po’ troppo scoraggiata e remissiva.
A New York però Navarro ha dato prova di una notevole consistenza, e così ha raggiunto la prima semifinale della carriera. Ha eliminato la campionessa uscente Gauff in tre set (6-3, 4-6, 6-3) al termine di una match che forse avrebbe potuto anche chiudere in due set e poi ha sconfitto Paula Badosa con un recupero prodigioso nel secondo set (è passata da 6-2, 1-5 a 6-2, 7-5) È stata di nuovo Sabalenka, futura vincitrice, a sbarrarle la strada. Su Emma Navarro conto di tornare in futuro per approfondire le sue caratteristiche tecniche.
A conti fatti la migliore giocatrice USA è stata la finalista Jessica Pegula. Una tennista dalla carriera davvero particolare. Infatti Jessica è stata protagonista di una maturazione tardiva. Anzi: molto tardiva. Più che a Emma Navarro, sul piano tennistico la sua storia andrebbe avvicinata a quella di Jasmine Paolini: entrambe sono state molte anni sul circuito senza riuscire a sfondare, vivendo diverse stagioni nelle retrovie.
Pegula è nata nel febbraio 1994. Fino a 24 anni non era mai entrata fra le prime 100 del ranking. Jessica aveva affrontato le prime qualificazioni negli Slam addirittura nel 2011, ma fino al 2015 non le aveva mai superate. C’era poi riuscita due volte, ma soltanto nel Major di casa. Al di fuori dello US Open, il primo main draw di uno Slam che ha giocato risale al 2019, a 25 anni compiuti (Roland Garros, sconfitta al primo turno). Insomma il suo è stato tutt’altro che un percorso da talento precoce.
Non è semplice, da fuori, senza conoscere gli aspetti più privati della sua carriera, individuare le ragioni del salto di qualità. La spiegazione più immediata è quella che associa la crescita al cambio di coach. Nell’estate del 2019 Pegula assume David Witt, storico allenatore di Venus Williams. Venus l’aveva licenziato dopo 11 anni di collaborazione, al termine della insoddisfacente stagione 2018 (ricordo che Venus è nata nel giugno 1980).
Witt inizia a lavorare con Pegula, e da quel momento i progressi sono piuttosto rapidi. A onor del vero, però, Jessica era già entrata in top 100 per la prima volta nel febbraio 2019. Forse qualcosa era già scattato prima? Decidete voi come interpretare la questione. Fatto sta che dal periodo con Witt i miglioramenti sono costanti, a partire dal numero 76 a fine 2019.
Poi arriva lo stop per la pandemia, che evidentemente Jessica ha saputo gestire con profitto: numero 62 a fine 2020, ma soprattutto numero 18 a fine 2021. Nel 2022 l’ingresso in Top 10, con Witt che viene votato miglior coach WTA dell’anno. Il resto è storia recente. Dopo tutti questi numeri rimane da ricordare che Pegula ha licenziato Witt all’inizio del 2024, senza che se ne sapessero le ragioni (come quasi sempre accade, del resto).
In questa occasione non c’è spazio per analizzare le sue caratteristiche tecniche, ma, così come per Navarro, conto di tornarci in un futuro articolo. Un ultimo aspetto va comunque sottolineato: Jessica ha finalmente sfatato il tabù degli Slam, una specie di maledizione che voleva non riuscisse mai ad andare oltre i quarti di finale (sconfitta sei volte su sei). Ma alla settima volta le cose sono cambiate: ha vinto il quarto di finale superando proprio la numero 1 del mondo Swiatek, e poi anche la semifinale in rimonta su Karolina Muchova.
a pagina 3: Karolina Muchova