Jannik Sinner aveva perso solo un tie-break negli ultimi diciannove, nei quarti di finale di Wimbledon al cospetto di Daniil Medvedev, in una giornata in cui tra l’altro non era al massimo della forma fisica, per tacer di altri pensieri; ci voleva una edizione pressoché innaturale del campione murciano perché il numero uno del ranking tornasse a cedere il passo in un tredicesimo game.
Considerando la superlativa qualità espressa dai contendenti della finale del China Open di Pechino lungo l’arco delle tre ore e venti minuti, riprendiamo il corso dei dieci punti che hanno concluso il match, vera e propria summa dello spettacolo offerto dall’italiano e dall’iberico. Provando a immaginare anche le sottili implicazioni psicologiche che possono aver guidato o distratto i protagonisti.
Sinner chiude il primo punto con un classico uno-due, prima di servizio a uscire e dritto dalla parte opposta irraggiungibile; subito dopo attutisce la prima palla di Alcaraz trovando la profondità che gli serve per spingere con il dritto e, una volta allontanato il rivale dalla linea di fondo, per proporre un dropshot di dritto che mette Carlitos fuori gioco. Il campione di Wimbledon si rompe anche una scarpa per rincorrere la pallina di Jan, e va cambiarsi le calzature nel bel mezzo del tiebreak.
Sinner approfitta della seconda palla di Alcaraz per rispondere con un fendente di dritto da destra verso sinistra: la profondità è quella che serve e il numero due del ranking non trova il tempo per organizzare la difesa; è il momento migliore per l’altoatesino, coraggioso nel momento in cui è opportuno rischiare.
Jannik pesca una prima centrale sul 3-0 cui Alcaraz si oppone rispondendo basso ma in mezzo al campo. L’azzurro esegue due colpi interlocutori, non spingendo né provando a muovere il contendente. Forse è un naturale, umanissimo voler tirare il fiato anche dal punto di vista nervoso dopo i primi tre punti; Alcaraz ne è forse sorpreso ma non intende indugiare, dal momento che è in ritardo e non può tralasciare il benché minimo attimo di indecisione del favorito numero uno del torneo.
Carlos sceglie di spingere, prima che Jan riparta e un dritto inside in del murciano apre la difesa dell’italiano. Carlos controlla una demivolée non semplice e chiude con un colpo al volo di rovescio a campo aperto. La prontezza dello spagnolo è prodigiosa, così come la dimostrazione dei mezzi tecnici con cui ha messo in pratica le geometrie che gli hanno permesso di recuperare il primo dei due mini-break. Dal momento che non tutti i punti hanno lo stesso peso, anche per come vengono conseguiti, il messaggio a Sinner è: non hai nemmeno il tempo di prendere fiato.
Sinner non trova le contromisure al coraggio di Alcaraz
Il quinto punto è il più applaudito del finale di match: Jannik non mette la prima palla e sulla seconda Alcaraz gli ruba il tempo con la risposta di rovescio lungolinea. Sinner alza un lob profondo, Carlos deve tornare sui suoi passi ma governa bene un dritto che gli consente di ritrovare la posizione. Il campione dello US Open picchia di dritto ma non trova la profondità e allora è di nuovo lo spagnolo che cambia tutto con un dritto in diagonale, questo sì vicinissimo alle linee del corridoio, per spezzare l’equilibrio dello scambio e vincere il successivo scontro ravvicinato a rete.
Jannik non è riuscito a forzare con criterio, forse preoccupato dalla veemenza che l’avversario sa produrre e allo stesso tempo gestire con rigore; Carlitos sta facendo tutto bene e sigla il 3-3 del cambio campo con un servizio vincente. Lo spagnolo serve una buona prima e si prende il 4-3 colpendo una volée di dritto in mezzo al campo e chiudendo l’uscio al passante incrociato di Sinner con un nuovo colpo di volo, questa volta di rovescio.
Volée profondissima; Alcaraz torna a fondocampo senza portarsi la mano all’orecchio per sollecitare l’applauso, in realtà la prodezza è clamorosa e il coraggio che gli è servito per pensarla è straordinario. Forse il passante dell’azzurro è un po’ troppo alto, considerando che la prima volée, quella con cui Carlos approccia la rete, non è troppo profonda.
Sinner serve sul 3-4, per la prima volta è in svantaggio: la prima non entra e di nuovo il primo a spingere è l’ormai irrefrenabile vicecampione olimpico. Jannik scambia ancora troppo “alto” e lo spagnolo spinge di nuovo con il dritto a uscire, anche stavolta precisissimo e pesante come un sasso: 3-5 e quinto punto consecutivo per Alcaraz. L’azzurro mette la pallina in gioco ma nel cercare la linea di fondo la oltrepassa, commettendo il primo vero errore del tie-break. Alcaraz serve sul 6-3 e continua a non lasciare al rivale il tempo per organizzarsi, chiudendo con un nuovo dritto inside out e aggiudicandosi così il trofeo.
Sinner ha dominato i primi tre punti con stoccate profonde che hanno destabilizzato Alcaraz; l’impressione è che, forse inconsapevolmente, abbia abbassato la pressione che stava esercitando. Il suo rivale deve averlo intuito per come è riuscito a vincere il primo punto del suo jeu decisif, e su quello che era il suo ultimo appiglio di fronte al numero uno del mondo, ha saputo costruire un capolavoro strepitoso.
Jan ha smesso di essere preciso perché Carlitos gli ha dapprima tolto il tempo per poi con il passare degli scambi sottrargli sicurezza; così probabilmente si spiegano le piccole incertezze che hanno agevolato l’avversario. Minuzie magari contro chiunque, ma non con un Alcaraz scatenato, capace nei suoi frangenti migliori di vivere progressioni agonistiche degne del suo conterraneo Nadal e prima ancora di Jimmy Connors. Situazioni cui Sinner, più misurato e meno incline caratterialmente a creare e fors’anche ad affrontare, mercoledì non ha saputo porre rimedio. Dopo tre sconfitte su altrettanti incontri con il prodigio murciano, rimediate pur nel suo anno migliore, questo è certo un punto su cui riflettere e lavorare per il campione di San Candido insieme con il suo staff.