Argomenti contro l’esibizione
Nonostante la presenza del meglio che il tennis maschile possa offrire, gli spalti non sono stracolmi come invece accade regolarmente nei tornei ufficiali in Europa e in Nord America. Evidentemente il prodotto tennis non interessa abbastanza in Arabia Saudita, e allora perché bisogna andare a giocare un altro evento nel mezzo della stagione proprio là?
Il montepremi è uno schiaffo alla miseria: d’accordo, in un’economia di mercato è la legge della domanda e dell’offerta che fissa il prezzo, ma perché l’Arabia Saudita offre così tanto di più rispetto agli altri Paesi, quando sembra evidente che il tennis non è così popolare? Sembra evidente che ci sia un doppio fine, quello del “greenwashing”, e partecipando a questo evento i giocatori si rendono complici di questo tentativo di distrarre l’attenzione dai problemi che ci sono in Arabia Saudita.
I tennisti sono professionisti, e quindi giocano per denaro: ma hanno davvero bisogno di questi dollari che sembrano voler “comprare” il loro appoggio alla situazione sociale in Arabia Saudita?
Argomenti pro esibizione
Innanzitutto bisogna puntualizzare che si tratta di un’esibizione, che non ha il valore dei tornei ufficiali e che ha avuto grande risonanza mondiale solamente per i nomi che vi partecipano.
Le esibizioni consentono ai giocatori di guadagnare al di fuori dei montepremi e delle sponsorizzazioni, con un dispiego di energie molto inferiore rispetto alle competizioni ufficiali, e in alcuni casi (come questo) hanno il pregio di portare tennisti di altissimo livello in luoghi in cui di solito non hanno la possibilità di esibirsi. Il Tour è estremamente ripetitivo, e ora che i Top players scelgono con grande cura gli eventi a cui prendono parte, sono “visibili” da parte degli appassionati solamente in un numero limitato di luoghi al mondo. Poterli vedere anche altrove offre a più fans la chance di poterli osservare dal vivo, sebbene in un contesto “meno competitivo”, che sovente però può offrire maggiori possibilità di contatto. Infatti, durante i tornei importanti i tennisti sono quasi sempre completamente assorbiti dalla competizione; in un ambiente come questo, invece, dove la tensione per il risultato è molto minore e le ore fuori dal campo sono vissute in maniera molto più rilassata, è possibile che l’interazione con i tifosi sia più frequente.
La situazione dei diritti civili in Arabia Saudita non è quella che si vorrebbe, certamente, ma sarebbe cambiata se questa esibizione non si fosse disputata? Probabilmente no, quindi si può argomentare che il boicottaggio di questa esibizione sarebbe propriamente fine a se stesso.
Inoltre, l’Arabia Saudita non è l’unico Paese problematico dal punto di vista dei diritti umani dove si gioca a tennis: i circuiti ATP e WTA hanno passato oltre un mese in Cina, dove certamente ci sono problemi da questo punto di vista. Anche gli altri Paesi del Golfo che da anni ormai accolgono il tennis pro possono essere accusati di pratiche poco “liberali”: si pensi al Qatar e agli Emirati Arabi, dove peraltro molti tennisti addirittura risiedono. C’è chi può trovare poco “civile” la pena di morte in vigore in più della metà degli stati degli USA, per non parlare delle leggi sul possesso delle armi. Che si fa, si boicottano anche gli USA?
E come già più volte fatto notare, questa esibizione non sarebbe l’unico punto di contatto tra il tennis e l’Arabia Saudita: anche se dovesse essere boicottata da tutti i tennisti e venisse cancellata, il coinvolgimento del Paese nel tennis rimarrebbe comunque molto pesante. Quindi ha senso scandalizzarsi per questa manifestazione che distribuisce 14,3 milioni di dollari a sei tennisti quando tra poche settimane ce ne sarà un’altra che distribuirà 15 milioni a otto tenniste, se il problema è rappresentato dalla provenienza di quel denaro?
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