Dai piani alti arriva rumore. Endeavor ha deciso di iniziare un processo di revisione e successiva potenziale vendita dei suoi due eventi tennistici IMG (di cui è proprietaria): il Miami Open presented by Itaù e il Mutua Madrid Open, entrambi tornei 1000 combined. La holding statunitense, fondata nel 2009, rappresenta numerosi artisti di cinema, televisione, musica, e controlla anche leghe sportive come l’UFC, l’Euroleague e la WWE.
“I tornei di Miami e Madrid sono cresciuti in modo significativo” – ha commentato Mark Shapiro, presidente di Endeavor. “Sono stati stabiliti record di presenze e sponsorizzazioni anno dopo anno. Siamo orgogliosi di questo progresso e siamo convinti che queste risorse uniche siano ben posizionate per avere successo anche in futuro”. La holding statunitense ha affermato che non è stato stabilito un calendario per questo processo di revisione e che “non vi è garanzia che la disamina si tradurrà necessariamente in un’azione specifica”.
Insomma, è ancora tutto molto vago. Ma il sasso è stato lanciato. Che sia l’inizio di una nuova era del tennis con licenze di grandi tornei che, potenzialmente, potranno finire nelle mani dei ricchi proprietari petroliferi arabi? È forse presto per dirlo. Sotto sotto, però, il presentimento è quello.
Nota di Vanni Gibertini –
Si tratta di una mossa, che per la verità era nell’aria da un po’ di tempo, che potrebbe creare un effetto domino sul calendario. Soprattutto perché, è inutile nascondersi dietro un dito, la montagna di soldi del fondo d’investimento saudita PIF ha la forza sufficiente per far cadere tutte le tessere necessarie a creare una vera e propria rivoluzione.
È noto che l’Arabia Saudita vorrebbe un Masters 1000, e l’ATP sembra essere ben disposta a concederlo, non si sa se creandone uno nuovo oppure consentendo lo spostamento di un evento esistente. Da questo punto di vista, delle due “date” in vendita, quella più appetibile per i sauditi sembra essere quella del Miami Open: la finestra per poter disputare un torneo outdoor in Arabia Saudita è piuttosto stretta, e va da novembre a febbraio-marzo. Prima e dopo le temperature rischiano di essere proibitive.
Il circuito ATP ha già due ATP 500 che si svolgono in Medio Oriente a febbraio: Doha (promosso a 500 a partire dal 2025) e Dubai, e un Masters 1000 potrebbe completare quello “swing” in maniera ideale. Poi ci sono anche le ragazze della WTA in quella zona durante il mese di febbraio, ma quelli sono già due Masters 1000, per l’inclusione del tour femminile potrebbe essere più complicata, ma non è una priorità al momento, ci sono già le WTA Finals in Arabia.
Perché questo progetto possa realizzarsi, tuttavia, sarebbe necessario anticipare di qualche settimana la data del Miami Open, e questo richiederebbe il benestare del BNP Paribas Open, il torneo che da dieci anni consecutivi vince il premio come miglior Masters 1000 del calendario. Inoltre bisognerebbe ricollocare anche l’ATP 500 di Acapulco, al momento programmato nella stessa settimana di Dubai e posizionato come tappa di passaggio per chi proveniva dalla “gira sudamericana” sulla terra battuta e voleva riacclimatarsi sul cemento prima di Indian Wells.
Al momento il torneo di Acapulco 2025 è un bel punto interrogativo, con la cittadina messicana che si sta ancora riprendendo dalle inondazioni provocate dalla tempesta tropicale John che poco meno di un mese fa ha causato devastazioni nella zona del torneo, appena 11 mesi dopo che l’uragano Otis, nell’ottobre 2023, si era scatenato in tutta la sua potenza allagando completamente l’impianto che ogni anno ospita l’Abierto Mexicano. La maggior parte delle strutture alberghiere ad Acapulco sono ancora inutilizzabili e sarà un’altra corsa contro il tempo per gli organizzatori per essere pronti a ospitare l’ATP Tour in meno di quattro mesi.
Ma tornando alla questione del possibile spostamento del Miami Open in Medio Oriente, sicuramente ci saranno forti opposizioni da parte di chi cinque anni fa portò il grande tennis all’Hard Rock Stadium dopo che l’IMG aveva perso la battaglia per rimodernare l’impianto di Crandon Park a Key Biscayne, ovvero il proprietario dei Miami Dolphins Stephen Ross. In base a un accordo raggiunto con la Contea di Miami-Dade, dove è ubicato lo stadio (anche se a un tiro di schioppo dal confine con la Contea di Broward), Ross riceve un pagamento fino a due milioni di dollari per ogni evento che si disputa nell’impianto, finanziato in gran parte con soldi pubblici e trasformato in un polo multisport che ospita oltre al tennis e alle partite NFL dei Miami Dolphins anche il Gran Premio di Formula 1.
Secondo uno studio commissionato dall’IMG stessa, la ricaduta economica del Miami Open sul territorio di Miami e dintorni è di quasi 400 milioni di dollari per ogni edizione, di conseguenza è prevedibile che a livello politico si muoveranno in parecchi per mantenere questo torneo, così come la USTA non vorrà perdere un Masters 1000 sul suolo americano appena dopo aver ottenuto un ATP 500 in più (Dallas) a rimediare la perdita dello storico torneo di Memphis il cui titolo emigrò verso Rio de Janeiro nel 2014.
La partita è comunque appena cominciata, ma è probabile che ci sia molto più interesse per la data di Miami che per quella di Madrid, che così incastonata nel bel mezzo della stagione europea sulla terra battuta è probabilmente meno appetibile per altre realtà. Non è pensabile giocare all’aperto in Medio Oriente all’inizio di maggio, e si fatica ad individuare altri impianti disponibili in Europa per ospitare un torneo combined di quelle dimensioni.