Ventidue anni di onorata carriera e il prossimo Roland Garros come ultima tappa di un percorso che, spesso, lo ha visto procedere in maniera altalenante ma quasi sempre su buoni livelli. Del resto, Richard Gasquet ha sempre avuto le stimmate del predestinato e lo sguardo, tipicamente malinconico, di quelli che hanno i riflettori puntati addosso sin dall’infanzia. The Way I Feel, canterebbero i Keane.
Già, perché quella di Gasquet è la storia di un ragazzo transalpino dal rovescio (a una mano) decisamente vintage e di un’adolescenza in cui tutti – ma proprio tutti – gli ripetevano che lui era l’uomo del destino, colui che avrebbe contribuito a riportare in terra francese un trionfo Slam che mancava – e continua a mancare – dal Roland Garros di Yannick Noah del 1983. Il 2007 sarà ricordato sicuramente come il suo anno migliore: finale raggiunta in quel di Estoril, prima semifinale in un torneo del Grande Slam a Wimbledon, trionfo nel torneo di Mumbai, finale raggiunta a Tokyo e, udite udite, una qualificazione alle ATP Finals di Shanghai. Per chi scrive, però, il ricordo più indelebile legato al caro vecchio Richard, sarà per sempre quella combattutissima battaglia vinta contro Wawrinka a Wimbledon 2012 (e il conseguente accesso in semifinale contro Djokovic).
Nel suo ultimo Parigi-Bercy, invece, per Gasquet è arrivata subito una sconfitta contro il belga Zizou Bergs. E’ stato quindi il suo addio al prestigioso torneo francese che gli ha dedicato un momento celebrativo dopo l’incontro. “E’ strano. Si prova tanta emozione – ha sottolineato Gasquet al termine del match – Fortunatamente non è l’ultimo torneo. A volte mi sono sentito sopraffatto, devo ammetterlo. Non ho sempre giocato bene. Ero un po’ teso. Lui aveva due partite alle spalle, quindi è riuscito a prendere il sopravvento in fretta. Non riesco a dire cosa provo. Ho sempre giocato a tennis per tutta la vita. Quindi fare un discorso del genere alla fine è un po’ strano. Ma questa è la vita. Ho cercato di rimandare il più possibile, ma un giorno doveva succedere“.
In sala stampa Richard ha proseguito così nel suo flusso di coscienza: “È stato strano ritrovarmi in campo dopo Arthur (Fils) e Giovanni (Mpetshi Perricard), due ragazzi di 20/21 anni e io ne ho 38! Mi dico ‘cavolo (l’espressione in realtà è stata più colorita, ndr) ero abituato a Gilles (Simon) e Jo (Tsonga), ho iniziato al Roland-Garros facendo riscaldamento con Cédric (Pioline)’ quindi ammetto che a volte è difficile per me trovare i miei punti di riferimento. È normale. Quando sei nello spogliatoio e vedi giocatori così giovani, beh, sai, è difficile. Dici a te stesso che la fine sta arrivando e che forse non è poi così male“.
Insomma, un’analisi profonda, accurata, atavicamente emozionale per uno che ha collezionato ben 16 titoli in singolare e che si è spinto fino alla posizione numero 7 del ranking ATP: “Appena ho annunciato l’addio, mi sentivo teso. Sai che è l’ultima volta quindi è stata molto dura. Si tratta pur sempre di una grande passione per me. Mi sono preparato così tanto per Bercy. Mi ero detto che avrei dato il 100% di quello che avevo, ma il mio livello non era sufficientemente alto in questo torneo. Se ora occupo questa posizione in classifica non è per caso. Sono 130° nel ranking. Ecco perché mi fermo. Altrimenti non finirei la mia carriera ora. Sono fortunato ad essere in buona forma fisica, a giocare bene, a poter pensare di vincere qualche partita. Cerco di non farmi male e di divertirmi il più possibile. Cercherò di continuare così, fino al Roland Garros.“.
La chiosa di Gasquet, infine, è dedicata al futuro immediato e allo stato d’animo che sta attraversando in questo momento: “È la prima volta che prendo il microfono per dire che è l’ultima volta che vengo a un torneo. Ci sono sempre delle prime volte, questa è arrivata a 38 anni… è speciale dirsi addio. Ho passato metà della mia vita tra i professionisti. Fortunatamente mancano ancora parecchi mesi al Roland Garros.” Nel frattempo Richard proverà a togliersi ancora qualche soddisfazione salutando il pubblico che lo ha tanto amato nei vari tornei in terra francese: “Mi piacerebbe giocare un’ultima volta a Montpellier e Marsiglia, perché sono posti cari al mio cuore. Anche Monaco. Mi piacerebbe giocare le qualificazioni lì. Anche qualche Challenger in Francia. Penso che sia una buona scelta fermarsi al Roland Garros. Volevo giocare il maggior numero di partite possibile, perché concludere la propria vita sportiva non è facile“.