Non ha avuto incertezze Coco Gauff, vincendo all’esordio contro la connazionale e amica Jessica Pegula. La numero 3 del mondo non sente particolarmente la pressione in questi casi: per lei la competizione e la professionalità sono di casa, una volta fuori dal campo si ritorna amici come prima. Anche se il pubblico non era certo quello delle grandi occasioni, Coco è sicura che per i prossimi anni si possa solo migliorare, prendendo come esempio il grande passo in avanti che ha fatto la WNBA.
D: Un paio di giorni fa, Qinwen ha detto che, quando gioca contro un’amica, le è difficile dire “Come on” con la stessa enfasi che userebbe normalmente. Mi chiedevo se ti capita la stessa cosa quando giochi contro qualcuno come Jess.
Gauff: “No, per niente. Penso che io e Jess siamo entrambe delle giocatrici professioniste, proprio come lo è Qinwen. Ognuno ha una mentalità diversa. Ho due fratelli più piccoli e, onestamente, non mi faccio molti problemi. Uno ha quasi dieci anni meno di me e mi impegno comunque al 100%, quindi, per me, se posso farlo contro mio fratello, che ha nove anni e mezzo meno di me, non ho problemi a farlo contro qualcuno sul tour. In ogni caso, che sia una mia amica o no, non farei mai nulla di irrispettoso. Ho sentito il “come on” che ha fatto, e nessuno la prende sul personale. È tennis, è sport. Capisco perché Qinwen possa avere quel tipo di mentalità, penso che ognuno sia diverso, ma forse il fatto di avere dei fratelli mi aiuta molto in questo, perché sono naturalmente una persona competitiva. I miei genitori mi hanno insegnato a dare tutto in campo e, una volta finita la partita, si può tornare come prima.”
D: È stata un po’ un’avversaria difficile per te: nelle ultime tre volte eri 0-3 contro di lei. Cosa pensi sia andato diversamente questa volta?
Gauff: “Onestamente, non credo che ci sia stato nulla di diverso. Penso che abbiamo giocato in modo simile. Penso di aver servito meglio rispetto alle volte precedenti, quindi l’ho affrontata in modo diverso, e questa è la nostra prima volta che giochiamo su una superficie dura indoor, quindi forse questo ha avuto qualcosa a che fare con il risultato. Non lo so. So di aver perso molto contro di lei, ma a volte non sembra, perché ci alleniamo molto insieme, e ovviamente quando giochiamo a volte vinco io e a volte vince lei. Non pensavo che il nostro head to head fosse così negativo per me“.
D: Hai giocato le Olimpiadi all’inizio dell’anno, ma non giocherai la Billie Jean King Cup. Come trovi questi eventi a squadre rispetto al normale circuito?
Gauff: “Li adoro davvero, ed è per questo che ho deciso di giocare la United Cup. È stato anche uno dei motivi per cui non mi sono impegnata a giocare la Billie Jean King Cup, proprio perché il calendario è lungo. Sapevo che, dopo aver giocato le Olimpiadi e passando alla stagione sul cemento, non sarei stata al 100%. Ho fatto un rapido cambio a Fort Worth, ed è stato davvero difficile per me, quindi non volevo mettermi in quella posizione, perché sentivo che non sarebbe stato il meglio per la squadra. Amo assolutamente giocare gli eventi a squadre, penso che sia così unico e fantastico avere amici che ti sostengono, che ovviamente tu vuoi che vincano, ma con la possibilità in più di essere lì in campo e di sventolare la tua bandiera. Penso sia bellissimo. Magari se il calendario lo permettesse giocherei la Billie Jean King Cup, ma mi diverto sempre in campo e non vedo l’ora di partecipare alla United Cup.”
D: A livello di pubblico è stato tutto abbastanza tranquillo, mi chiedevo se sei rimasta delusa dall’affluenza.
Gauff: “No, penso che in qualche modo anzi me lo aspettassi. Prima di tutto, è la prima volta che un evento di tennis professionistico femminile viene organizzato in Arabia Saudita, e quando che c’è qualcosa di nuovo in una certa zona non mi aspetto che gli spalti siano sempre pieni. Anche quando abbiamo giocato a Cancun l’anno scorso, ad esempio, non era tutto pieno almeno fino agli ultimi turni. Penso che se giocheremo qui per tre anni come previsto magari ci saranno sempre più persone, perché qualcuno potrebbe raccontare a un amico che si è divertito e magari torneranno insieme l’anno prossimo. È una parte della crescita del gioco, ci sono sempre delle difficoltà. Guarda la WNBA: qualche anno fa gli spalti probabilmente non erano così pieni, e ora sono pieni per tutte le squadre. Penso che sia semplicemente una fase di crescita.”
A cura di Francesco Maconi