A pochi giorni dall’inizio delle ATP Finals di Torino, Lavazza ha presentato il proprio calendario 2025, portando il numero 1 del mondo, Jannik Sinner, sul palco dell’evento “Let’s blend!“. Ad accompagnarlo, la poesia di Federico Buffa, presentatore della serata e fra le penne, e voci, più prestigiose della nostra nazione.
Due personalità sportive capaci di trasmettere emozioni a chi ne è ammiratore, con strumenti diversi, certo, ma con un’unica passione a farne da base.
Per Jannik pochi minuti a disposizione, in una serata fin troppo ricca di grandi ospiti, da Big Mama al fotografo Omar Viktor Diop. Tante celebrità, tante persone, sempre accumunate da un complicato rapporto con la pressione, compagna di vita d’ogni esistenza: “La pressione è una cosa molto bella, – ci racconta Sinner – per ognuno è diversa, tra famiglia e lavoro. La mia è un privilegio: giocare davanti a uno stadio pieno, poter provare cose nuove in momenti importanti. La vivo in modo tranquillo, quando scendo in campo sento sempre che è una grande opportunità: mal che vada, perdi. Se sei un dottore, magari meglio non fare errori: il tennis è molto più semplice“. Il suo è divenuto ormai un vero e proprio manifesto della pressione, forse impossibile da vivere meglio: quella dello sportivo, non può che esser un grande privilegio. Conquistato, però, con grandi sacrifici, sempre in lotta con se stessi: “Non sempre la competizione è un bene. Anche quando giochiamo a carte, non è molto piacevole… Sono molto competitivo, ma è anche grazie a questo che sono qui. Tanti sacrifici, con scelte diverse fatte anche in momenti in cui le cose sembravano andare bene. Tutti noi sportivi siamo tosti“.
Al di la della competizione, però, è sempre indispensabile trovare chi disposto a porgerti una mano, un aiuto, anche quanto tutto sembra andare male. Dopo un anno complicatissimo, fra vicende giudiziarie e false insinuazioni, Jannik è stato costretto a stravolgere il proprio concetto di squadra, cercando di restare aggrappato alle proprie certezze: “Ci sono tante persone dietro le quinte, senza team non fai niente, soprattutto nei momenti difficili. Ogni tanto ragiono con la mia testa, ma non è sempre la cosa giusta. Magari in campo io vedo una cosa, l’allenatore un’altra: c’è confronto, e serve a crescere in tutti gli ambiti, dal cosa mangiare al quando alzarsi. Alla fine scelgo ciò che è meglio per me, sono comunque sempre io a scendere in campo. Stiamo lavorando tanto, sempre con un obiettivo in testa“. Obiettivo che, ormai, resta sempre lo stesso: vincere, quanto più possibile. Se la vittoria è l’unica cosa che conta? No di certo, ma deve essere l’obiettivo di ogni sportivo che miri alla storia: Sinner ha cominciato a scriverne un intero capitolo.
Ma tutto è iniziato tempo fa, quando il suo tennis non era ancora brillante, preciso e potente come lo è oggi, ma chiaramente stracolmo di talento. Incalzato da Federico Buffa, Jannik è costretto a riportare alla propria memoria quei tornei giocati quando la Lavazza lo scelse come prossimo membro della grande famiglia, quando era ancora numero 140 del mondo: “Eh, ci penso… Ho giocato Vienna quando sono entrato nei primi 100… In Cina non ho giocato… Boh, non lo so“. Ecco, magari fra gli obiettivi futuri possiamo puntare a un miglioramento della memoria a lungo, e corto, termine.
“Ma allora cos’hanno visto in te?” chiede Buffa: “Eh, uno a cui piace il caffè“. Ottimo, breve e coinciso. “È importante essere un bravo sportivo, ma ancor di più essere una persona per bene, con sani valori e che mette il lavoro davanti a tutto. Prima, ovviamente, vengono le persone, così come la famiglia Lavazza, che mi ha dato tanta fiducia fin dall’inizio. Tanto supporto, anche nei momenti difficili. Mi sento al sicuro: non solo con la mia famiglia e il mio team, ma anche con la famiglia Lavazza e gli altri sponsor. Ne sono onorato“.
Italiano, certamente, ma forse atipico: nato in una nazione riconosciuta come fortemente emotiva, sempre protagonista di show sui campi, Jannik è diverso. Mai una parola fuori posto, mai una racchetta a terra, o quasi: “Da piccolo ogni tanto la racchetta volava, ma si impara dagli errori e dalle proprie azioni. Piano piano sono cresciuto. Ognuno di noi ha dei giorni in cui è nervoso, in cui le cose non funzionano come dovrebbero. Bisogna accettarlo, la parte mentale è molto importante“.
A fine intervista, c’è spazio per una domanda fuori copione, più “da campo” di altre: “Sul campo ti vediamo sempre leggero, agile. Come gestisci la crescita muscolare e l’importanze di elasticità nel tennis?” “È molto importante l’equilibrio, fra muscolatura, velocità ed elasticità… Secondo me ora la forma fisica può ancora migliorare, qualche chilo in più devo metterlo: la stagione è sempre più lunga, a fine anno si consuma sempre. Quanto sto bene fisicamente mi sento leggero, ed è forse la parte principale. Bisogna fare attenzione alla programmazione, e credo che quest’anno sia stato fatto molto bene“. Equilibrio, la parola chiave.
Tante soddisfazioni, quindi, ma anche infiniti spunti da cui partire per migliorare. La stagione è ormai conclusa, ma nel 2025 l’unico obiettivo è fare ancora meglio.