Toni Nadal, zio e storico allenatore di Rafa, ha concesso un’intervista a Flashscore nel corso della quale ha inevitabilmente parlato degli ultimi giorni della carriera del nipote, che saluterà per sempre il tennis giocato a Malaga, in occasione delle Finali di Coppa Davis (in programma dal 19 al 24 novembre). Toni, che prima di dedicarsi a tempo pieno all’Academy di Maiorca, ha accompagnato Rafa al trionfo nei primi 16 tornei dello slam della vita, non ha vissuto il ritiro del nipote come uno shock, ma ammette che quello di Malaga sarà un momento speciale, da vivere con gli occhi lucidi: “Sarà indubbiamente un momento emozionante. Chiudere una tappa di oltre 20 anni, la tua, nel tennis professionistico, e farlo improvvisamente, è difficile. Ma, d’altra parte, eravamo pronti, sapevamo che questo momento doveva arrivare e che era molto vicino. Quindi, l’abbiamo presa come una cosa normale”.
Rafa ha cercato in tutti i modi di godersi l’ultimo ballo, cercando di tornare competitivo. Gli ultimi mesi della carriera non hanno però reso onore a uno dei più grandi campioni della storia, e qualche tifoso non ha apprezzato un finale un po’ amaro: “Le persone tendono sempre a incolpare gli altri per cose che non fanno loro stessi” ha commentato saggiamente Toni, perchè il ritiro è una cosa personale, e noi non siamo nessuno per giudicare il ritiro degli altri.
“Per Rafael è stato difficile ritirarsi perché, per chiunque, smettere di fare un’attività che ti piace e che hai fatto per molti anni, è complicato. In seguito, mio nipote ha vissuto un’altra realtà: per anni ha vissuto con problemi, con infortuni che è sempre riuscito a superare. Questa volta non è stato così, sebbene lui ci sperasse. Non è successo e quando ha capito che era impossibile, si è ritirato. Ma avrebbe voluto continuare, ovviamente”.
Zio Toni – che continua a chiamare il nipote Rafael, senza il vizio del soprannome – ha analizzato, in generale, il ruolo dell’allenatore, che deve diventare una guida, e il rapporto tra l’allenatore e il giovane talento: “Chiaramente quando sei giovane attraversi un processo di formazione e poi quando raggiungi l’élite le cose cambiano. Sono stato un allenatore molto esigente, ma ho sempre cercato di trasformare questa richiesta in autoesigenza. Alla fine è il giocatore che dice dove vuole andare. L’allenatore accompagna, cerca di motivare quando è necessario, ma è una questione personale per ogni individuo. Lo sport agonistico è impegnativo e bisogna esserne consapevoli”.
E – a proposito di giovani talenti- possiamo dire che quella di Malaga sarà la fotografia del passaggio di consegne tra due compagni di squadra: il grande campione Rafa e il giovane erede Alcaraz. Toni non ha dubbi: “Alcaraz è già da qualche anno tra i migliori al mondo. È un grande giocatore e credo che, fortunatamente per gli spagnoli, abbiamo un giovane che ci darà grandi soddisfazioni e che ci farà divertire in molte domeniche di finali importanti”.
In chiusura un pensiero sul rapporto di odio, invidia e amore tra la città di Parigi – certamente la copertina della storia di Rafa – e il campione di Manacor, dalla noia del dominio al grande omaggio delle Olimpiadi: “Il primo anno, nel 2005, non ha avuto alcuna ostilità. Penso che dopo, quando ha iniziato a vincere così tanto, la gente non voleva vedere vincere sempre lui. Ma credo che alla fine il pubblico francese si sia arreso al comportamento di Rafael, perché nella vita non conta solo vincere, ma anche come si vince. Credo che Rafael lo abbia fatto molto bene ed è per questo che la Francia è cambiata, a tal punto da concedergli l’omaggio che gli hanno tributato alle Olimpiadi”.