A tutto Alcaraz (Federica Cocchi, La Gazzetta dello Sport)
[…] I fenomeni che hanno riacceso la passione della gente dopo che i Big Three hanno lasciato strada al futuro. Jannik Sinner e Carlos Alcaraz sono le stelle che illuminano Torino, la loro è la finale dei sogni. Carlos è avanti nei precedenti della stagione, battuto solo nell’esibizione a Riad, ma Jannik è stato più continuo e lunedì solleverà il trofeo da numero 1 al mondo di fine anno davanti al pubblico di casa. Carlos, sta per concludersi una lunga stagione con tanti alti e qualche intoppo. «Sì, ho avuto momenti molto molto belli, ma altri decisamente negativi. Non c’è stata via di mezzo. Ho trovato la forza per uscirne sia dentro di me che con l’aiuto degli altri». In che modo? «Mi ha spinto sempre la passione, la voglia di continuare a giocare a tennis, l’ambizione di migliorare e vincere. E poi, soprattutto, la forza delle persone intorno a me che sono sempre state li a incoraggiarmi evitando che la spirale di negatività non mi travolgesse». Tutti qui a Torino si aspettano una sfida Sinner-Alcaraz: la vostra è una bella rivalità, come vorrebbe che fosse ricordata tra 20 anni? «È un discorso complicato. Avendo perso i Big Three, in un certo senso, la gente vuole mettere delle etichette su chi è arrivato dopo, come noi. È vero che io e Jannik abbiamo già vissuto momenti fantastici uno contro l’altro, grandi battaglie che resteranno nella storia di questo sport, ma parliamo di due o tre anni. Dobbiamo essere bravi a mantenere questo livello almeno per i prossimi 15 se vogliamo essere ricordati come loro… Sarebbe bello alla fine della carriera aver ispirato nuove generazioni, come hanno fatto loro con noi». Lei e Jannik avete stili completamente diversi: se potesse rubare qualcosa dal tennis di Sinner? «La calma con cui va in campo: è qualcosa di incredibile. Nei momenti più delicati, quelli di maggiore tensione, invidio la sua tranquillità. Per quanto riguarda il gioco in sé, invece, vorrei provare il suo rovescio o il suo servizio, sono armi potenzialmente letali». Prima di pensare alle sfide del futuro, ci sono quelle già giocate: qual è, secondo lei, il manifesto della vostra rivalità? «I quarti dello Us Open 2022, la battaglia più difficile, ma secondo me tra le più belle. Penso di aver raggiunto il punto più intenso e probabilmente più alto, sia mentalmente che fisicamente, di tutta la mia carriera. Visto il livello in cui abbiamo giocato entrambi, sì, direi proprio che è quella partita». Un’altra cosa che vi accomuna è il legame con i vostri team: Jannik con Vagnozzi e Cahill, lei con Ferrero. È tutto rose e fiori o qualche volta ci sono scintille? «Juanki (Ferrero, ndr) è fondamentale per me. Lavoriamo assieme ormai da sei anni. È passato dal lavorare con grandi giocatori (tra questi anche Zverev, ndr) al gestire un ragazzino da portare in giro per tornei, uno da costruire da zero. Mi ha aiutato molto ad essere la persona che sono oggi. È ovvio che ogni tanto ci scontriamo, come succede in tutte le “migliori famiglie”, ma questi scontri ci aiutano a rafforzare la nostra relazione sia fuori che dentro il campo». Fondamentale anche per sopravvivere a un calendario fittissimo e alle pressioni del circuito… «Certo. Ogni tanto è difficile, dico la verità. È dura tirare fuori l’energia, trovare la giusta motivazione. A volte ti senti schiavo del circuito, schiavo dei tornei. Per fortuna con l’esperienza si impara a trovare momenti per se stessi, giorni liberi che ti fanno staccare e riprendere fiato, che ti aiutano ad andare avanti, a dare il 100% in allenamento o nei tornei giorno dopo giorno». È dura sapere che sarà così almeno per altri 15 anni? «Più che altro vorrei avere più tempo per stare con i miei cari, con la famiglia, i miei amici. E, soprattutto, cerco di non pensare a come sarà la mia vita nei prossimi 15 anni. Meglio concentrarsi su un pezzo alla volta. Cominciamo con i primi cinque, poi vedremo». Dopo Torino, Malaga e la Coppa Davis dove Rafa Nadal saluterà definitivamente il tennis. Lei sarà al suo fianco come all’Olimpiade, cosa prova? «Parigi con Rafa è stato un sogno. Lui è il mio idolo da sempre, è tra i migliori atleti, se non il migliore che la Spagna abbia mai avuto. La notizia del suo ritiro non è stata piacevole per nessuno di noi, ma il fatto che saluti in Spagna, a Malaga, giocando in Coppa Davis, renderà questo evento speciale per tutto il nostro Paese. Sarà ancora più speciale per me, dato che quella settimana potrò vivere fianco a fianco con il mio eroe». Lei è amatissimo anche dagli italiani, sorride e dà spettacolo. Ma un difetto ce l’avrà? «Ne ho così tanti, ma se devo sceglierne uno dal mazzo, è che sono piuttosto disordinato. E me la prendo sempre un po’ comoda, arrivo in ritardo» In campo però è scatenato, indomito come il suo Real Madrid. «Il Real Madrid è la squadra più grande che ci sia: il suo spirito, la voglia di lottare e non arrendersi, mi appartengono. Ultimamente non è un gran momento per la squadra e il Milan di Jannik ci ha dato una bella batosta al Bernabeu ma sono sicuro, ci risolleveremo». La rivincita si giocherà su un campo da tennis.
Provate a prendermi (Riccardo Crivelli, La Gazzetta dello Sport)
Il Maestro è nell’anima. Della città, pazza di lui. Del torneo, di cui è largamente favorito anche per i bookmakers, che lo quotano a due. Dei fan, che ormai gli riservano la passione viscerale destinata soltanto alle più grandi rockstar di sempre. Sinner, solo Sinner, fortissimamente Sinner. Non a caso i bambini e i ragazzi che giovedì lo hanno incontrato al Nike Store, nel loro candore ancora innocente, gli hanno tutti rivolto sostanzialmente la stessa domanda: come si gestisce la pressione da numero uno del mondo, come si combatte la tensione di dover vincere a ogni costo, soprattutto in Italia davanti a un pubblico estasiato che non si aspetta altro? E lui, con la saggezza di un consumato veterano nonostante i 23 anni, e la serenità che accompagna solo i più forti, ha espresso plasticamente la sua filosofia: «Da quando sono andato via di casa a 14 anni mi alleno per arrivare a giocare partite come queste, al più alto livello. Noi viviamo per la pressione, io cerco sempre di convogliarla in energia positiva. Ma non pensate che sia facile, dentro e fuori dal campo: quest’anno ho giocato 71 partite, ma solo 4 o 5 sono state perfette e tutto ha funzionato al meglio; nelle altre devi adattarti e trovare le soluzioni giuste per raggiungere l’obiettivo». […]. Non a caso, in una stagione straordinaria culminata nella conquista di due Slam e nell’approdo al numero uno del mondo, la sua forza principale è stata quella di non farsi trovare in posizione di inferiorità: secondo le statistiche Atp, infatti, per i suoi avversari è molto complicato arrivare a palla break e la sua capacità di tenere il punto quando l’avversario potrebbe strappargli il servizio è la migliore in assoluto. Le cifre non mentono: Sinner nelle ultime 52 settimane ha vinto il 70% di punti con la prima di servizio, ma la percentuale sale al 73% sulle palle break, il sintomo del perfetto controllo nei momenti più caldi. Ancora: a livello Atp la percentuale media di servizi a cui il proprio avversario non sa rispondere è del 38%, ma per lui sale al 43%; in situazioni di palle break questo dato scende al 28%, per la Volpe Rossa invece sale a un clamoroso 46%. Una macchina quasi perfetta a cui, nel girone delle Finals, si aggiungerà il rendimento nei confronti diretti: con De Minaur è 7-0 dalla prima sfida del 2019 in finale alle Next Gen di Milano che fece scoprire le potenzialità di Jannik; con Medvedev è 7-7 ma 4-1 in stagione con il trionfo in rimonta agli Australian Open e l’unica sconfitta nel contesto particolare del malore a Wimbledon; con Fritz è 2-1 avendo vinto gli ultimi due, compresa la finale dominata agli Us Open a settembre. Insomma, che provino a prenderlo: «Quando sei il numero 10 al mondo e perdi contro il numero 5 è un po’ diverso. Invece quando sei il numero 1 al mondo sei sempre “il ricercato”. Ma questo rende il gioco anche più bello». Quanti pensieri Sinner, ormai è chiaro, si esalta sotto pressione, una dote che gli avversari conoscono e che ne scardina le certezze. Toccherà per primo a De Minaur, domani sera, provare a trovare una chiave per aprire lo scrigno magico del più forte giocatore del mondo: «Contro Jannik devi essere pronto fin dalla prima palla. Non c’è sfida più difficile che iniziare il torneo contro di lui. Devi partire bene, reggere il confronto sin dai primi punti: sarà una grande esperienza, una grande sfida». Demon, sconfitto in finale a Rotterdam nell’unico confronto stagionale con l’azzurro, non nasconde la sua ammirazione per il fenomenale rivale: «La carriera di Jannik è ancora all’inizio ma ha già raggiunto tantissimi traguardi, è il miglior giocatore al mondo. Sta giocando un tennis incredibile con grande continuità. Ha la miglior percentuale di vittorie nel Tour ed è tutto meritato. È un avversario davvero difficile da affrontare». Gli stessi pensieri di Medvedev, che nei primi sei incroci (6-0 per lui) pareva inavvicinabile e poi non ha più trovato la password per mandare in tilt il ragazzo di Sesto Pusteria: «Per battere Sinner devi giocare un match perfetto al millimetro. Dall’inizio alla fine devi essere li, devi farlo stancare fisicamente e metterlo alla prova. Se non riesci a farlo dall’inizio, prende il controllo del match ed è difficile spezzare il suo ritmo. Un avversario molto, molto duro». Fritz, invece, riconosce a Jannik un’altra peculiarità: «È stato così costante quest’anno, la cosa più impressionante è che non ha mai giocato male, nemmeno una singola partita. È stato davvero solido per tutta la stagione. È super aggressivo da fondo campo ed è difficile metterlo sulla difensiva perché è in grado di tirare fortissimo da qualsiasi angolo del campo, trasformando improvvisamente la difesa in attacco. E poi è cresciuto tanto al servizio». La musica del Maestro.
Carica Sinner: “Il pubblico mi aiuterà” (Lorenzo Ercoli, Il Corriere dello Sport)
[…] Le due ore di allenamento con Alexander Zverev, anteprima di uno dei match da sogno di queste edizione delle Nitto ATP Finals, sono la testimonianza di quanto lavoro ci sia dietro ogni dettaglio, nello specifico di quanti tentativi ci siano dietro quei 3-4 dropshot sfoderati nei momenti decisivi di una partita, a volte di un intero torneo. Questa rischia di essere una visione troppo romantica di quella che, per un campione, è semplice routine, ma chi è abituato a vedere Jannik esclusivamente in partita rimarrebbe sorpreso dal numero di palle corte provate nel set di allenamento con il numero 2 del mondo. Avrà indubbiamente preso nota Sascha che, sotto lo sguardo attento dei tanti bambini presenti sugli spalti, si è aggiudicato la partitella per 7-6, vincendo il tie-break. Dopo un inizio perfetto di Jannik, avanti 3-0 con break, frutto delle tante variazioni in grado di sorprendere il rivale, Zverev si è trasformato in una macchina al servizio, capace di mettere in difficoltà anche chi, come l’altoatesino, ha nella risposta un punto di forza naturale. Il tutto porta inoltre a pensare che il campo non sia poi così lento come prospettato dall’azzurro. Il pubblico delle scuole è stato democratico, impazzendo per Sinner ma non esitando a esaltare i grandi punti di Zverev. È così che si è giunti al momento della verità, con il tie-break vinto 8-6 dal teutonico. [..] Sulla scia vincente di Parigi Bercy, poi Zverev ha svolto del lavoro extra con il suo team: il papà Alexander Zverev Sr., il fratello Mischa, costretto in stampelle (ex n. 25 del mondo), e l’ex numero 1 al mondo di doppio Marcelo Melo. La direzione è chiara: nel 2025 saranno Sinner e Alcaraz gli avversari da battere con costanza. TUTTI CON SINNER. Quanto a Sinner ormai da martedì è alle prese con vari eventi extra campo, oltre che con gli allenamenti. Quello odierno, alla vigilia dell’esordio con Alex de Minaur (ore 20.30), dovrebbe essere il primo giorno senza apparizioni pubbliche: un momento perfetto per entrare in clima partita. Ieri sera, invece, l’altoatesino, insieme ai compagni di nazionale Andrea Vavassori e Simone Bolelli, ha fatto un’apparizione all’Inalpi Arena in occasione del “Grand Opening Show” che ha inaugurato con le performance di Madame, Blanco e Marco Mengoni, l’edizione 2024 delle Nitto ATP Finals, la quarta a Torino. «È bello iniziare il torneo unendo tennis e musica. Ma è meglio non chiedermi di cantare, scapperebbero tutti – ha scherzato Sinner – Il clima tra noi giocatori? Siamo un bel gruppo anche se ieri mi hanno preso in giro perché ho detto che il mio supereroe preferito era Speed quando volevo dire Flash. In campo non mi aiuteranno ma ci penserà il pubblico>>
E’ il doppio speranza (Tommaso Mangiapane, Il Corriere dello Sport)
Una presenza azzurra in tutte e quattro le categorie, tra ATP e WTA, delle Finals di fine anno non si era mai vista nella storia del tennis. A Jannik Sinner, Jasmine Paolini e Sara Errani si sono infatti aggiunti, lo scorso 9 ottobre, Simone Bolelli e Andrea Vavassori fra i migliori otto giocatori di questa stagione nelle rispettive specialità. Un riconoscimento conquistato con ampi meriti sul campo, arrivato ufficialmente dopo aver raggiunto i quarti di finale nel Masters 1000 di Shanghai ma costruito passo dopo passo nel corso di questa loro prima stagione completa come coppia davvero da incorniciare. LA STAGIONE DEL DUO. E proprio il risultato raggiunto nel torneo cinese ha regalato a Vavassori anche la gioia di diventare il primo tennista italiano della storia, da quando esiste il ranking computerizzato, a salire sul sesto gradino della classifica di doppio. Nel complesso il torinese, che quest’anno allo US Open si è tolto anche la soddisfazione del primo titolo Slam nel misto insieme ad Errani, è diventato solo il terzo italiano di sempre ad entrare nella top-10 di specialità, dopo Fabio Fognini e proprio il suo attuale compagno Bolelli. Un sodalizio nato a metà della scorsa stagione che aveva dato i suoi frutti dopo appena un torneo disputato insieme, frutti maturati in una finale sull’erba di Halle ed una sulla terra di Umago. Preludio di un’affinità che quest’anno è sbocciata in tutto il suo splendore a partire subito dal primo Slam dell’anno. A Melbourne Park, Bolelli ha ritrovato infatti la finale del torneo australiano a distanza di nove anni da quella storica vinta insieme a Fognini. Questa volta però il risultato non gli ha sorriso e il duo azzurro ha finito per sbattere contro gli assoluti protagonisti della passata stagione Bopanna/Ebden. Una coppia che il bolognese e il torinese ritroveranno nel girone delle Finals intitolato a Bob Bryan, quando andrà in scena il loro quinto confronto di questa stagione. Bolelli e Vavassori si sono presi in parte la loro rivincita sui campioni in carica di Miami (dove al primo turno si sono imposti proprio sugli azzurri) nel loro ultimo scontro diretto: la semifinale del Roland Garros. IL RIMPIANTO SLAM. A Parigi i due italiani hanno raggiunto e purtroppo perso – la seconda finale Slam dell’anno, essendosi dovuti arrendere però nuovamente ad una coppia di assoluto valore come Arevalo/ Pavic. Duo salvadoregno-croato che adesso si presenta a Torino avendo chiuso la stagione da numeri 1 della Race e con il titolo nei ‘1000’ di Roma e Cincinnati, i quarti a Wimbledon e la semifinale allo US Open oltre ad altri due trofei ATP.[…] L’urna piemontese ha poi decretato che gli ultimi avversari degli azzurri saranno due giocatori che fanno coppia stabilmente dal 2021 come Krawietz/ Puetz, che quest’anno hanno conquistato un solo titolo, sulla terra “di casa” di Amburgo, seppur abbiano chiuso la loro stagione in crescendo. Ne è una dimostrazione la finale persa allo US Open, là dove il duo tedesco aveva avuto la meglio agli ottavi proprio su Bolelli/Vavassori andando a vendicare la sconfitta subita due mesi prima nella finale di Halle. I TITOLI DEL 2024. L’ATP 500 sull’erba tedesca era valso lo scorso giugno a Vavassori il primo trofeo vinto su una superficie diversa dalla terra rossa. Ad inizio stagione, infatti, il 29enne torinese e il 39enne bolognese avevano alzato al cielo il loro primo titolo in coppia (e rispettivamente il dodicesimo e il quarto titolo ATP di specialità) nel ‘250’ di Buenos Aires. Un successo arrivato superando in finale altri due dei protagonisti di queste Finals, ma inseriti nel Girone Mike Bryan, come Granollers/ Zeballos. Il 2024 ha poi riservato alla terza coppia italiana di sempre capace di raggiungere l’ultimo atto di un Major maschile altri buoni risultati nei ‘1000’: vedere le semifinali ad Indian Wells e Roma e i quarti a Monte-Carlo, Madrid e Montreal. Questo prima di risollevare un’ultima parte di stagione che stava diventando un po’ fiacca con il terzo titolo dell’anno, conquistato nell’ATP 500 di Pechino contro i campioni in carica di Wimbledon Heliovaara/Patten. Una buona iniezione di fiducia vista Finals per Bolelli e Vavassori, che possono già essere ampiamente soddisfatti dei risultati centrati quest’anno e soprattutto del fatto che a Torino, in una partecipazione al torneo che è già un traguardo e con tutto il pubblico dalla loro, potranno togliersi tante soddisfazioni.
Sinner il grande iniziò a Torino (Lucio Boncori, Tuttosport)
Soltanto un anno fa, con la vittoria nel girone delle Atp Finals contro Novak Djokovic, pensavamo di aver toccato la vetta. Ma in realtà non avevamo visto ancora nulla. La sconfitta in finale sempre contro il serbo, che quest’anno non difenderà i titoli vinti nel 2022 e nel 2023, è stata solo una tappa di un percorso, che in meno di un anno ha portato Jannik Sinner a ripresentarsi a Torino da numero 1 del mondo, cosa che nella storia del tennis italiano non era mai successa. […]. Dopo la sconfitta nella finale delle Atp Finals contro Djokovic, sarebbe arrivata la conquista della Coppa Davis, con l’insalatiera riportata in Italia a distanza di 47 anni dal trionfo di Panatta, Bertolucci, Barazzutti e Zugarelli del 1976, ma il bello doveva ancora venire. IL PRIMO SLAM Sinner inizia la stagione 2024 all’Australian Open, da numero 4 del mondo. Non perde un set fino alla semifinale: battuti nell’ordine Botic van de Zandschulp, Jesper de Jong, Sebastian Baez, Karen Khachanov e Andrey Rublev In semifinale, riecco Novak Djokovic, e Sinner diventa il primo a fermarlo in semifinale o in finale all’Australian Open, oltre a essere il primo a non concedere palle break in un match completato contro Nole. Sinner diventa il primo italiano in finale nel torneo di singolare maschile a Melbourne: va sotto di due set contro Daniil Medvedev ma non si arrende, rimonta lo svantaggio e si laurea campione. IL PRIMO MASTERS1000 Torna in Italia da re, Sinner; che però è soltanto all’inizio della cavalcata. Vola in Olanda, a Rotterdam, raggiunge le 200 vittorie nel circuito maggiore, e alza un altro trofeo, battendo Alex de Minaur in finale e guadagnando una posizione nel ranking, salendo sul podio ed eguagliando Nicola Pietrangeli, che era stato numero 3 quando ancora la classifica non era computerizzata. Diciannove vittorie, consecutive lo portano fino in America, dove a Indian Wells si arrende a Carlos Alcaraz in un torneo che, si scoprirà, coinciderà con l’inizio del suo calvario silenzioso. Da Indian Wells a Miami, seconda tappa del Sunshine Double, che l’altoatesino conquista lasciando soltanto quattro game in finale a Grigor Dimitrov, dopo aver sconfitto in semifinale Daniil Medvedev, quello che un tempo era una bestia nera prima che si invertissero i ruoli. Per Sinner è il secondo Masters 1000 vinto in carriera, dopo quello in Canada dello scorso anno. Una vittoria, quella in Florida, che gli vale la seconda posizione del ranking Atp, dove nessun italiano si era mai spinto fino a quel momento. TERRA ED ERBA Dagli Stati Uniti a Montecarlo, per la stagione sulla superficie che meno si addice alle qualità di Jannik Sinner, la terra rossa. A Montecarlo, comunque, arriva una semifinale, persa contro Stefanos Tsitsipas complice anche un errore arbitrale su una chiamata che penalizza l’azzurro. Si volta pagina: dal Principato, residenza di Sinner, a Madrid, dove le cose sembrano andare bene. Jannik soffre negli ottavi contro il russo Kotov – aveva iniziato a manifestare problemi all’anca. Prima del quarto di finale contro Felix Auger-Aliassime, Sinner è costretto a ritirarsi: una decisione per provare a preservare gli Internazionali d’Italia, ma il dolore sarà troppo forte per rischiare di fare peggio. Niente Foro Italico, appuntamento al Roland Garros, dove l’azzurro perde in semifinale contro Alcaraz ma durante la partita dei quarti contro Dimitrov diventa aritmeticamente numero uno per via del forfait di Djokovic. Dalla terra all’erba, da Parigi a Halle, il primo torneo che Sinner gioca da numero 1 del mondo. E che il numero 1 vince, in finale sul polacco Hubert Hurkacz. Sono le prove generali per i Championships di Wimbledon, in cui Jannik batte Matteo Berrettini in una splendida partita sul centrale, ma cede nei quarti a Daniil Medvedev, prima di annunciare la sua assenza all’Olimpiade a causa di una tonsillite. L’INCUBO CLOSTEBOL Sinner riparte dall’America: trionfa a Cincinnati in finale su Frances Tiafoe, ma Jannik non sembra sereno. Pochi giorni dopo si scoprirà il perché: da mesi c’è un procedimento dell’International Tennis Integrity Agency per una doppia positività al Clostebol in due controlli a Indian Wells, causati dal contatto tra il corpo di Sinner e le mani del fisioterapista Giacomo Naldi, che aveva curato una ferita a una mano con una pomata, il Trofodermin, contenente Clostebol, sostanza proibita. L’Itia accetta la tesi difensiva di Sinner e dei suoi legali: la risposta arriva in campo, con uno US Open chiuso in maniera trionfale in finale contro Taylor Fritz. Non è l’ultimo titolo di Jannik, che perde una finale epica a Pechino contro Alcaraz ma si riscatta immediatamente contro Djokovic, portandosi a casa il settimo titolo stagionale a Shanghai. Titolo a cui si aggiunge quello nel Six Kings Slam, ricchissima esibizione giocata a Riyadh. Un virus intestinale lo mette fuori causa a Parigi Bercy ma, per le Nitto Atp Finals di Torino, Sinner è più pronto che mai.
Simone Vagnozzi: “Un anno intenso, pieno di prime volte. Sinner ora è più forte e completo” (Stefano Semeraro, La Stampa)
[…] Simone, ci racconta questo 2024 decisamente intenso? «È stato un anno pieno di prime volte: la prima vittoria Slam, la prima volta n.1 al mondo. Abbiamo avuto anche a che fare con problemi che conosciamo tutti. Bisogna sapersi adattare». Qual è stato il ruolo del team nel gestire tante situazioni? «Il merito maggiore va a Jannik, che entra ogni giorno in campo con le giuste motivazioni. Quello che gli piace fare è giocare a tennis, competere. E se dice che non gioca per soldi, è la verità. I montepremi e la fama sono un incentivo, non il punto di partenza. Quello che fa partire tutto è la passione di Jan». Come decidete gli obiettivi a inizio anno? «Si parte da un’idea di massima, poi ci si muove in base a i risultati. Se vai sempre in fondo ai tornei salti qualcosa, se perdi nei primi turni, inserisci un evento in più per “sentire” la competizione e tornare a vincere». Il momento più esaltante del 2024? «Gli Australian Open. Vincere il primo Slam ti toglie un peso dalle spalle. Da lì è partito tutto quello che sta succedendo ora». Più degli US Open? «Lì la vittoria aveva un altro senso, per quello che è successo». Il momento peggiore? «Non sono stati mesi facili. La sconfitta più bruciante per me resta quella con Medvedev a Wimbledon. Jan stava giocando un ottimo tennis, pur non essendo pronto fisicamente. Ha portato Daniil al quinto, quasi vinceva. E c’era tanto dietro». La sua tenuta mentale in quei mesi è stata impressionante. «Da quel lato Jan è fortissimo, in campo dimentica tutte le problematiche. Noi abbiamo provato a dargli più supporto possibile, evitando di pensare a quello che non potevamo controllare. Avere la coscienza a posto ci ha aiutato». Date anche l’impressione di divertirvi molto. «Serve leggerezza. È vero che siamo giudicati da tutti, ma alla fine noi alleniamo e Jan gioca a tennis: non siamo scienziati, non salviamo vite. È giusto rimanere con i piedi per terra e non dimenticare quanto siamo fortunati». Al team si sono aggiunti Marco Panichi e Ulysses Badio. «Due persone simpatiche, rispettose, con cui si sta bene. Ed è la cosa principale. Poi i metodi sono diversi, bisogna adattarsi. Cambiare in corsa non è facile, però sono due grandi professionisti, hanno lavorato con Djokovic. Dobbiamo prendere il meglio anche da loro». Per il 2025 da cosa partirete? «La parola più importante è “equilibrio”. Quando le cose vanno bene bisogna cercare di stravolgere il meno possibile, inserendo qualcosa di nuovo. Rispetto a due anni fa Jannik è più completo, più forte fisicamente, ha più esperienza. Il piatto è quasi pronto, ma non ti puoi adagiare. Ed entrare in campo sapendo di fare qualcosa di nuovo aiuta, è fondamentale per le motivazioni». Al piatto “quasi pronto” cosa manca? «A questo livello, dettagli minimi. Jannik non sarà mai Alcaraz, il suo è un tennis diverso. Ma può variare di più il servizio, migliorare lo slice di rovescio. Ha aggiunto la smorzata di diritto, poi verrà quella di rovescio, può leggere meglio i momenti del match. I Tre Grandi si sono sempre evoluti, lui deve fare lo stesso». Lui e Alcaraz domineranno il tennis? «Ci sono altri che possono bene. Penso a Zverev: se si sblocca e trova l’acuto diventerà un pretendente. La cosa di cui sono certo è che Jan e Carlos resteranno lassù per tanti anni». Dopo un anno così, quanto sono importanti le Finals? «Molto, e in Italia lo diventano ancora di più, soprattutto quest’anno che Jannik non ha potuto competere a Roma». Chi è il favorito? «Siamo alla fine di un anno estenuante. C’è chi sta meglio, chi è cotto, difficile fare pronostici. Il campo è più lento rispetto altri anni, quindi più adatto ad Alcaraz. Ma sono gli otto più forti del mondo». Cahill è stato italianizzato? «Nel mangiare sì, nella lingua no. Ci stiamo lavorando». A lui toccano le rifiniture. «Porta la tranquillità dell’esperienza. Queste situazioni le ha già vissute. Ci dividiamo i ruoli comunicandoci tutto. Anche perché se io dico a Jan di divertirsi, e Darren che è la partita della vita, non funziona». Certi attacchi dall’interno dell’ambiente vi hanno disturbato? «Se parli di qualcosa, devi essere informato. La sentenza è lunga 50 pagine, non so quanti le hanno lette. Non si possono fare confronti con casi diversi, come quello di Simona Halep. Ma nello spogliatoio tutti sanno che Jannik non ha fatto nulla di sbagliato». Eppure è sotto processo. Un paradosso? «Se fossi un giocatore meno sereno di Jan, sarei preoccupato sapendo che non ho avuto nessun vantaggio, ho fatto tutto il possibile per evitare contaminazioni, eppure rischio lo stesso la squalifica».
In delirio per Sinner, il re delle Finals. Domani l’esordio: “Torino ti devo tanto” Vincenzo Martucci, Il Messaggero)
IL PERSONAGGIO «Lasciate che i pargoli vengano a me». Non siamo blasfemi, sgraniamo gli occhi, a Torino, a ogni apparizione in pubblico del Profeta dai capelli rossi, Jannik Sinner, nella settimana di vigilia delle ATP Finals coi migliori 8 del mondo che domani alle 20.30 culmina nell’esordio del 23enne altoatesino contro la vittima sacrificale, Alex De Minaur. Che si fa chiamare Demon, Diavolo ma, contro il primo numero 1 del mondo italiano del tennis, teme l’ottavo ko su 8 travolto all’Inferno dalla Sinnermania. UNO DI NOI Davanti al fenomeno strappato allo sci si moltiplicano le masse, si alzano i cori, si dilatano in consensi, accoppandosi a selfie, autografi e felicità in una ubriacatura collettiva che non è paragonabile con le analoghe ubriacature collettive che caratterizzarono Alberto Tomba e Valentino Rossi. Qui andiamo oltre, molto oltre, senza confini. […]. Non gli bastano le decine di pubblicità con cui l’idolo inonda tv e giornali. Lo chiede sempre di più. Perché? La risposta è la signora coi capelli bianchi che fino al 2019 (pietra miliare del nuovo dio del tennis alle Next Gen di Milano) non conosceva il tennis, è la adolescente sognante che chiede continuamente conferma sul temuto sbarco di Ana (Kalinskaya, la fidanzata/collega), è il tennista in erba che spera di toccare il Profeta per diventare come lui, è il bimbetto che non molla la balaustra per ore, è tutti noi. Perché, anche se lui vince e noi no, Jannik è semplice, magrolino, delicato, quasi emaciato, il bravo ragazzo con le gambe che sembrano intrecciarsi come quelle di Bambi, con quelle smorfie di fatica, con quella ostinazione nel rimettersi sempre, di nuovo, a testa sotto al lavoro, anche dopo i punti più serrati e i colpi più duri, anche adesso che sopporta da novello Tantalo le forze più potenti e i poteri oscuri più forti. E persino la minaccia di una squalifica per “responsabilità oggettiva”, non per doping. Figurati, Jannik che è il più sincero e semplice di tutti? FATICACCIA Lui sorride beato, ma mantiene la calma. Come faccia non si sa. Avvolto in quell’aura magica di una stagione memorabile, con 2 urrà Slam e il numero 1 del mondo, 7 titoli ATP, 65 vittorie, sole 6 sconfitte e più progressi di tutti. Torino lo avvolge da tutte le parti, ma non lo travolge, non lo tira per la maglietta, non lo strattona, lo accarezza con gli occhi, come una divinità amatissima e preziosa, coccolandolo adorante. […]. Quand’ha battuto il record di tifosi? Forse al Media Day, con duemila persone davanti al Museo del Risorgimento, forse ieri coi mille studenti del palasport che lo ammiravano nel nuovo servizio con la schiena più arcuata e con più rotazione contro Sascha Zverev. Di sicuro ha vinto quando, svicolando dalle lusinghe e dalle trappole verbali, ha detto: «Non è solo Sinner. Da quando abbiamo vinto la Davis lo scorso anno, il tennis in Italia è cresciuto. Io ho fatto ottimi risultati ma non ci dobbiamo dimenticare di quello che hanno fatto prima Fognini e Berrettini, e le ottime stagioni di Musetti, Cobolli, Arnaldi. L’obiettivo è sempre far crescere questo sport che è molto bello. C’è tanto interesse, tanta gente che vuole giocare». GIOVANISSIMI All’alba del 2000 l’eroe dei giovanissimi era Rafa Nadal, oggi è Jannik. Che catechizza i discepoli: «Tutto è partito da qui. Sento il calore della gente, per me, per la carriera, Torino è una città importante. Qui ho giocato per la prima volta anche la Davis, davvero emozionante. E questo torneo, dopo lo scorso anno, è diventato ancora più importante». Inutile fare calcoli: «Ogni partita sarà una battaglia. Con questo format è importante partire subito forte per non sbagliare il primo incontro. Se vinci hai fiducia, se perdi, invece, hai più pressione per le sfide che verranno nel girone». Parola del Profeta.