È un momento storico per il tennis italiano. La presenza da numero uno al mondo di Jannik Sinner alle Nitto ATP Finals non ha affatto oscurato un’altra importante rappresentanza italiana, vale a dire il doppio composto da Simone Bolelli e Andrea Vavassori.
Il bolognese ritorna a questo magnifico appuntamento nove anni dopo la prima volta insieme a Fabio Fognini mentre per il torinese è l’esordio assoluto, reso ancora più speciale proprio dalla città di Torino che ospita la manifestazione.
Il girone degli azzurri è il Bob Bryan Group ed è composto dalle teste di serie numero uno Marcelo Arevalo/Mate Pavic, il veterano 44enne Rohan Bopanna insieme a Matthew Ebden e la coppia tedesca Kevin Krawietz/Tim Puetz, l’unica formata da atleti della stessa nazione insieme a Purcell/Thompson.
Il duo azzurro ha parlato direttamente dalla sala stampa della Inalpi Arena in occasione della conferenza a due giorni dal loro debutto contro Bopanna/Ebden.
D. Com’è andata ieri sera al Grand Opening Show Nitto ATP Finals?
Bolelli: «È stato divertente, fare anche cose extra tennis ogni tanto ci sta, c’era un grandissimo pubblico, abbiamo guardato gli ultimi minuti di Mengoni, c’era tantissima gente ed è stato simpatico»
D. Quanto è importante per voi essere qui?
Vavassori: «Per me è sicuramente un sogno perché è da quando abbiamo iniziato insieme che abbiamo questo obiettivo. L’anno scorso abbiamo cominciato tardi, Melbourne ci ha aperto le porte per andare ai 1000 e quindi puntare a questo obiettivo. Sono contento di giocarlo qui per quanto mi riguarda, davanti a gente che mi ha visto crescere, dalla famiglia alle persone che mi hanno seguito sin dai tornei giovanili, sicuramente è una bella storia da poter raccontare e magari ispirare le generazione future che partono con mezzi limitati. Io ho avuto la fortuna di avere mio padre maestro, un aiuto in più, ma sono partito anche io da una scuola pubblica con tornei regionali, essere qui è un sogno che si realizza»
Bolelli – «Grande emozione, l’anno scorso non avevo finito bene l’anno, ero numero 50/55 al mondo, non pensavo di essere qui oggi però come ha detto Andrea la finale di Melbourne ci ha dato fiducia e consapevolezza nei nostri mezzi. Le Finals sono sempre state il nostro obiettivo da inizio stagione. Siamo qua, giochiamo in casa, per Vavassori ancora di più, sarà sicuramente una grande emozione, abbiamo voglia di far bene»
D. Simone, cos’è cambiato dalle Finals con Fabio Fognini?
Bolelli – «Nel 2015 diciamo che è nata per caso, abbiamo vinto Melbourne e quindi dopo quel torneo non eravamo matematicamente qualificati, ma poco ci mancava. Poi abbiamo deciso di continuare con Andrea per provarci, questa volta dedicandomi solamente al doppio ed è stato un obiettivo più cercato, più mirato. Ho avuto la fortuna di giocarlo con due grandi amici, prima Fabio poi Andrea, quindi è molto importante avere molto feeling col partner e avere questo legame che va al di fuori dell’aspetto tecnico in sé, sono molto contento di essere qua con Vavassori perché è stato un anno duro, abbiamo viaggiato e giocato tanto e ce lo siamo meritato. Ora ce lo godiamo»
D. Andrea, è stato emozionante leggere il tuo post su Instagram per tuo papà. Cosa vorresti dirgli e per quanto riguarda i giovani, cosa diresti per ispirare le nuove generazioni?
Vavassori – «Mi sono emozionato anche io scrivendolo, a volte quando ci si ferma a riflettere del percorso fatto e dei sacrifici fatti, si parla poco di mio padre perché un maestro che si è costruito una carriera da solo quindi è partito da una carriera da maestro di circolo e studiando, facendo scarifichi, ci mi ha permesso a me e a mio fratello di farci fare questo percorso. Devo molto a lui per avere questa visione e averci creduto molto. Ai giovani posso portare il mio esempio come quello di Simone, lavorare ogni giorno perché se uno ci crede davvero e ha la fortuna di scegliere le persone giuste si possono realizzare tutti i sogni»
D. Andrea, a livello di emozioni cosa ci puoi dire?
Vavassori: «Io penso che quest’anno mi abbia permesso di entrare in campo molto tranquillo, ho giocato tre finali Slam che penso sia la cosa più difficile da gestire nel nostro sport e abbiamo giocato le Olimpiadi, un’esperienza incredibile così come la Coppa Davis, manifestazioni in cui giochi anche per la tua nazione quindi un altro tipo ancora di pressione. Ieri è stato un altro test perché va oltre la nostra comfort zone, entrare in uno stadio fare una cosa diversa ti mette una pressione diversa dunque siamo molto felici di essere qui e ce la stiamo godendo a 360 gradi. Ci stiamo godendo le cose fuori dal campo che fanno parte del nostro sport e ci fa piacere farle, non vediamo l’ora di entrare in campo e dare tutto»