L’evoluzione di Sinner: tra due anni ancora più forte (Paolo Bertolucci, La Gazzetta dello Sport)
C’è una considerazione che deve far godere gli appassionati italiani e preoccupare gli avversari: a 23 anni Jannik Sinner ha ancora ampi margini di miglioramento e sicuramente tra un paio di stagioni giocherà meglio e con dettagli tecnici più perfezionati rispetto ad oggi. Siccome stiamo parlando del numero uno del mondo con quasi 4000 punti di vantaggio sul secondo e di un giocatore che ha vinto due Slam, è evidente che non se ne conoscono ancora appieno le fenomenali potenzialità. Dalle Finals 2023 perse con Djokovic a quelle dominate nel 2024 i progressi di Sinner sono stati evidentissimi, risultati e classifica ne sono una conseguenza. Dopo i balbettii di inizio carriera, il servizio è diventato un colpo. Solido,
incisivo, sicuro anche grazie alla modifica delle modalità di esecuzione, con il passaggio al foot up dove il piede posteriore si avvicina a quello anteriore per dare più slancio e potenza alla battuta. Jannik poi ha la
straordinaria capacità di ottenere punti preziosi dalla prima quando ne ha più bisogno, cioè nei momenti caldi delle partite. L’unico lieve appunto può riguardare la percentuale di prime, che può sicuramente salire ancora, ma il campione di Sesto Pusteria compensa queste statistiche con l’ottimo rendimento della seconda, decisamente affidabile.
In questo caso Sinner partiva da una base già molto consolidata, e quindi si è trattato solo di apportare piccoli aggiustamenti. Sul dritto, ad esempio, in alcune fasi di gioco assume ora un atteggiamento più aggressivo grazie alla posizione dei piedi che gli permette di colpire in
avanzamento. Se all’inizio della carriera era il colpo che ogni tanto tendeva a perdere, adesso sa generare potenza e velocità con pochissimi margini d’errore. Dall’altra parte, il suo rovescio bimane rimane una delle armi più letali del circuito sulla scia di quello di Djokovic. Con il solo Zverev che forse può avvicinarsi ai suoi picchi di rendimento. La soluzione lungolinea resta quella meno frequentata, ma nella finale di
ieri in almeno tre occasioni ha infilato Fritz nello spazio che l’americano gli ha lasciato da quella parte, dimostrando senza dubbio potenzialità
interessanti anche con quel colpo. Semmai, è da rimarcare positivamente il miglioramento del back, che non rappresenta
più un’estemporanea avventura in terreni pericolosi e sconosciuti. […]
La brutalità e la dolcezza. Ti vogliamo bene (Andrea Pavan, Tuttosport)
“Insane”. Cioè pazzesco. Folle. Senza senso. Ma in realtà un senso ce l’ha. Inebriante. Clamoroso. Commovente. Un senso che sta proprio in quell’aggettivo usato da Taylor Fritz – bello come sempre, bravo più che mai eppure con le lacrime agli occhi: non per la sconfitta, ma per l’impotenza – allorché prende il microfono e guarda verso Sinner. Che è il nuovo Master (and Commander) del tennis mondiale. Che lo ha tritato in
meno di un’ora e mezza con un duplice 6-4 (replica del risultato nel girone), ancora più frustrante dei tre set a zero con cui lo aveva mortificato a domicilio nella finale dello US Open. Sommerso e fin stravolto dall’affetto di un pubblico generosissimo, anche perché
ammirato dalla sua strenua resistenza, quasi scoppia a piangere, l’americano. Perché stavolta pensava di aver capito come si fa, o si dovrebbe, o si dovrebbe, e invece no. Non si può fare. Se Sinner è così, finché sarà così, non ce n’è, non ce ne sarà per nessuno. È italiano. È nostro. E anche di Torino. Che lo ha adottato, che gli ha donato un amore
mal visto e ora corrisposto, che adesso vuole dargli pure la cittadinanza onoraria. Già gli ha dedicato la Mole. Una volta si consegnavano le chiavi della città. Fategliele. Portategliele. E possibilmente lasciategli le Finals qui più a lungo possibile. Perché Torino è casa: magari non la più grande, ma certo la più calda e accogliente. Ha dovuto alzare sul serio il livello stavolta, Sinner, ha servito come una catapulta rivolta verso il basso, ha tirato delle seconde migliori di tante prime, ha azionato risposte contro le leggi della fisica. Ha sparato dritti incrociati che facevano i buchi sul cemento e rovesci lungolinea che sembravano decollare, ma sempre dentro le righe, ha tenuto botta in scambi sfiancanti per chi li vedeva, figuriamoci per loro che li hanno giocati, ha liftato smorzate sublimi passando di colpo – prodigiosamente, spudoratamente – dalla violenza
più brutale a una delicatezza quasi erotica. […] Ora la Davis. E quando l’avrà giocata, e possibilmente vinta, si metterà a pensare a come riuscirci pure a Parigi e a Wimbledon. Leggenda, sì. Anzi, insane. Grazie, Jannik. Ti vogliamo bene. Tanto. Quando sorridi così e diventi tutto rosso come i tuoi capelli, poi…
L’uomo dei sogni: Sinnerlandia (Stefano Semeraro, La Stampa)
C’è stata la Germania di Becker, la Gran Bretagna di Andy Murray, gli
Usa di Connors e McEnroe, l’Australia di Hewitt, tutti profeti in patria in quello che un tempo chiamavamo Masters. Ora tocca all’Italia di Sinner,
che si ferma da Bolzano a Palermo quando lui scende in campo. Quella di Torino è una vittoria su tutta la linea, individuale e collettiva, decisamente nazional popolare: Jannik si prende le Atp Finals – primo azzurro a riuscirci in 55 annidi storia del torneo – e l’Italia il torneo dei
Maestri fino al 2030, cinque anni oltre il previsto. […] Grazie Torino, il cuoricino disegnato sulla telecamera è gonfio di un’allegria a cui non eravamo abituati. Per l’uomo delle prime volte, è anche la prima volta in Italia dopo il successo alle Next Gen milanesi del 2019: «Meraviglioso vincere qui». L’unico intruso della serata è Taylor Fritz, che recita da vittima predestinata per la seconda volta in una settimana, per la terza in due mesi. Gli bastano due o tre punti per capire che anche stavolta non ci sarà gloria per lui, che Sinner è lo stesso ammirato per tutto il torneo.
Bastona da fondo, non perdona al servizio, non dà speranza alla risposta. Serve il 71 per cento di prime palle -14 ace contro gli 8 del big server Taylor – e ne ricava l’83 per cento di punti. Fritz non si arrende, ci prova, gioca anche bene. Ma non rimedia neppure un set come nelle ultime due uscite, qui e nella finale degli Us Open. Finisce ancora 6-4 6-4 in un’ora e 24 minuti e Jannik diventa il primo (e il secondo in assoluto nella storia) a prendersi le Finals senza perdere un set dopo Ivan Lendl nel 1986. Ivan il terribile di Masters ne ha vinti cinque, ma per inseguire la storia, il mito, la leggenda, Sinner ha tutto il tempo del mondo. […]