Stati Uniti e Australia sono lontani. Geograficamente, culturalmente, da un punto di vista culinario, e anche nel modo di parlare, con accenti molto diversi nel pronunciare la lingua inglese. Anche Australian Open e US Open sono sempre stati molto distanti, ma quest’anno sembra esserci un elemento che ha un po’ avvicinato l’Happy Slam al cugino di fine estate: la vivacità del pubblico. Dovuta in parte alla nuova regola che permette di muoversi durante i punti, in parte ben maggiore al trasporto per i giocatori australiani. Ha fatto scuola il clima Davis degli ultimi due set di Vukic-Draper, o delle partite di Aiava e Kokkinakis. Per tacere del n.1 aussie De Minaur.
In molti hanno però storto il naso, da addetti ai lavori a giocatori, adottando una prospettiva per quanto comprensibile forse un po’ eccessivamente seriosa. In un atteggiamento del genere va anche trovato il lato positivo, come scrive in un suo commento a proposito uscito su The Age, l’ex n.33 al mondo John Millman. L’australiano fu protagonista di uno storico terzo turno da queste parti contro Federer, perso solo al super tie-break del quinto dopo oltre quattro ore, nel 2020. E quel giorno il pubblico ebbe un ruolo decisivo. Leggiamo di seguito alcune parti del suo intervento: “Il tifo turbolento che stiamo vedendo quest’anno in Australia non è un unicum, anche se a tratti mi ha ricordato il rugby. Se affronti un giocatore di casa, in qualsiasi torneo, devi aspettarti che il pubblico sia contro di te. Ma ci sono dei giocatori che vivono molto su questo, sono ad esempio sicuro che Jack Draper abbia amato l’ambiente ostile nella partita contro Kokkinakis, così come Danielle Collins. Ciò detto, c’è una linea che i fan non devono oltrepassare“.
“Nel gioco, la linea arriva quando si sta per servire o per colpire, e applaudire o urlare tra prima e seconda disturba davvero molto“, prosegue Millman, “l’altra linea è quando i commenti del pubblico diventano personali. Mi è successo, è successo ad altri giocatori di sentire insultare sé stessi, la propria famiglia. E non è bello. Ma il tennis è un divertimento, e il nostro lavoro è tener viva l’attenzione degli spettatori. Nick Kyrgios questo lo capisce bene: ama coinvolere la folla, spesso per infastidire gli avversari. Ma ha aiutato ad acquisire nuovi fan e creare interessi nelle generazioni future. Rimango della mia idea: più persone vengono a godersi l’agonia e l’estasi del tennis dal vivo, meglio è“. Parole sacrosante, che difendono il diritto di godersi gli incontri anche con un po’ di casino in più. Giustificando giustamente il tifo patriottico, condannando le scorrettezze. E ricordando quanto sia bello, anche per questo motivo, andare a vedere il tennis dal vivo.