Siamo alla stretta finale, al venerdì del gennaio tennistico più atteso dal grande pubblico: il giorno delle semifinali del singolare maschile, i match che decideranno i due contendenti di domenica 26. Quando alle 9.30 italiane Jannik Sinner e Ben Shelton entreranno sulla Rod Laver Arena – l’azzurro per compiere il penultimo passo verso la conferma del titolo, lo statunitense per la prima finale Slam –, loro (e chiunque altro) sapranno già da chi saranno attesi 48 ore dopo: Novak Djokovic o Alexander Zverev. Il fenomeno di Belgrado ha dieci anni in più, così come dieci sono i titoli da lui finora conquistati all’Happy Slam sui ventiquattro complessivi. Dei dodici duelli precedenti, Novak ne ha vinti otto (7-3 sul duro), assicurandosi i tre a livello Slam.
Djokovic arriva alla semifinale dopo aver lasciato un set alla wild card Basavareddy e uno al qualificato Faria, nessuno ai cechi Machac e Lehecka e di nuovo un parziale – il primo della sfida – a Carlos Alcaraz, il quale ha poi commentato che “l’errore più grande è stato farlo rientrare in partita”. Come peraltro aveva fatto a Cincinnati nel 2023, dal momento che, come è noto, a Carlos non piace vincere facile. Da qui a preferire perdere… difficile il passo (mentale) è piuttosto lungo, eppure. Perché qua, con quello che il serbo ha definito “lo stesso infortunio del 2023”, sembra ripetersi la situazione del 2021 e, appunto, del 2023, neanche fossimo alla Biennale dello Strappo: quattro anni fa Djokovic aveva infatti rivelato di avere uno strappo addominale, la volta successiva è toccato agli ischiocrurali lacerati tentare di mettersi tra lui e il trofeo. Sempre invano.
Boris Becker crede che sia la volta buona per il connazionale, numero 2 del mondo, ma ancora senza trofei Slam da lucidare, però “non deve lasciarsi sviare dal proprio gioco, qualunque cosa l’altro faccia”. A questo proposito, la stampa australiana si è lanciata in paragoni, spericolati eppur azzeccati sotto il profilo… messianico, con il neo-insediato presidente degli Stati Uniti, sottolineando arguta che “Novak detiene la proprietà intellettuale dell’infortunio tattico e della ripresa miracolosa”. Nel frattempo, mercoledì Nole si era tenuto in pertinente allenamento con un MDO, medical day out, o meglio off, subito replicato; in pratica, niente tennis per due giorni.
Zverev, alla sua terza semi a Melbourne, giunge all’appuntamento dopo aver passeggiato con Pouille, Martinez e Fearnley e ceduto un solo set all’ostico Humbert: lontani i tempi in cui arrivava alla seconda settimana dopo aver lottato con (quasi) chiunque. I rischi si sono materializzati nei quarti di finale con Tommy Paul, superato in quattro set, tre ore e mezzo, con lo statunitense che non ha saputo controllare la tensione servendo sia per il primo sia per il secondo parziale, poi entrambi ceduti al tie-break. D’altra parte, non c’è una regola per cui si debba obbligatoriamente vincere un match: si può anche lasciare che sia l’avversario a perderlo.
Sull’onda di un servizio affidabile, Sascha diventa estremamente difficile da battere per chiunque, anche perché ne guadagna in sicurezza tutto il suo gioco, soprattutto il dritto – il fondamentale più debole quando le cose gli girano male. Con la solidità dei colpi al rimbalzo e un atletismo fuori discussione anche sulla lunga distanza, per Zverev sarà importante cercare di togliere l’iniziativa all’avversario fin dalla risposta, evitando di farsi spingere (o rifugiarsi) troppo dietro la linea di fondo, dando l’opportunità a Djokovic di farlo correre prendendogli il campo. Che, viceversa, è quanto vorrà fare Nole nella sua dodicesima semifinale a Melbourne, dieci vinte prima di quella del 2024 contro Jannik Sinner.
Il serbo, va da sé, porta sulla RLA un’esperienza che non è nemmeno lontanamente paragonabile a quella di qualsiasi avversario attuale, mentre Sascha ha un’esperienza quasi di segno negativo, nel senso che ogni volta appare sempre più pronto a compiere il passo definitivo e invece. L’anno scorso, proprio nella semifinale australiana, era avanti due set a uno contro Daniil Medvedev, finendo per cedere al quinto, esattamente come è successo quattro mesi dopo in finale a Parigi contro Alcaraz.
Tornando ai precedenti Slam tra i due, tutti appannaggio di Novak, nello specifico sono: Roland Garros 2019 in tre set, AO 2021 in quattro e US Open lo stesso anno al quinto. Ogni volta Zverev ha vinto un set in più, ma venerdì il test “completa la serie” sarà da mettere in pratica.