Spesso i tennisti, vincitori e vinti, che sul podio per la premiazione parlano al microfono e al pubblico, sempre ringraziando gli sponsor “senza i quali questo torneo non si potrebbe disputare”, i raccattapalle, il pubblico che li ha sostenuti eccetera eccetera, raccontano cose in cui sono poco credibili, spesso insopportabilmente ruffiani e sono loro stessi i primi a non crederci.
Ma secondo me Sasha Zverev è stato sincero, tristemente sincero, lo pensava onestamente davvero, quando ha detto: “Congratulations Jannik, you deserved to win, you are by far the best player in the world” (“Hai meritato di vincere, sei di gran lunga il miglior giocatore del mondo”)…
E come faceva a non pensarlo, del resto, se nelle sue due precedenti finali perse con Thiem (US Open 2020) e Alcaraz (Roland Garros 2024) si era arreso soltanto al quinto set dopo aver servito per il match a New York e dopo essere stato avanti 2 set a uno a Parigi, quando invece con Jannik non è riuscito a conquistare uno straccio di pallabreak in tutto un match di quasi 2 ore e 3 quarti? Forse l’opportunità migliore per vincere uno Slam Sascha l’aveva avuto contro Nadal, quando incappò in quel terribile infortunio alla caviglia…
Dovrei con un po’ di calma guardare nei miei 170 (e più) blocnotes dei miei Slam per controllare quel che mi pare di ricordare a memoria, e cioè che solo Roger Federer a Wimbledon 2003 e Rafa Nadal all’US Open 2017 (ma magari qualcuna delle 14 finali di Roland Garros non l’ho ben memorizzata) vinsero una finale di Slam senza neppure concedere una pallabreak. Proprio come Jannik Sinner con Zverev.
Allora per prima cosa applaudiamo fino a spellarsi le mani, l’ennesima grande prova di Jannik Sinner, la sua solidità mentale, la sua velocità nel footwork, ricorda Federer in quella, sembra proprio che danzi …anche se qui non ci sono paletti come nelle gare di slalom fatte in Val Pusteria da piccolo, la sua completezza tecnica in tutte le aree del campo, servizio (che va sempre a segno proprio quando è più necessario: i 30 punti quasi diretti di Zverev forse non valgono i 26 quasi diretti di Sinner), rovescio, dritto (oggi fondamentale contro l’altro dritto), volée nell’ordine, ma anche drop shots… perché la smorzata che Jannik ha deciso di giocare proprio sul matchpoint (dopo che le prime due erano state vincenti, ma altre due no…) è stata un capolavoro di lucidità, di freddezza, di senso strategico assolutamente straordinario per un ragazzo di 23 anni che ha già vinto tre Slam come due tennisti leggendari (di certo nei loro Paesi, ma non solo) quali Andy Murray e Stan Wawrinka. E più di qualsiasi tennista italiano naturalmente, ivi compreso Nicola Pietrangeli (fermatosi a 2 Roland Garros).
Sinner, sia per sua predisposizione naturale, sia perché ha un team di coach che sanno il fatto loro, tira forte e prende rischi quando davvero gli serve, senza eccedere. Come mi diceva Mark Edmondson l’altro giorno “lui non è come gli italiani della mia epoca che non giocavano sempre il colpo più utile ed efficace ma più spesso quello più spettacolare e strappa-applausi, Panatta, Fognini…Jannik non corre rischi inutili e non spreca energie che non servono. A 23 anni gioca con l’ acume tattico di un trentenne”.
Dopo tutti questi complimenti doverosi al nostro straordinario campione , dovuti e ben ricordati in premessa – ricordate quando solo 2 anni fa tanti dubitavano che avrebbe mai vinto uno Slam? – beh, mentre c’è chi lo ha ribattezzato “ImmenSinner”, chi profetizza per lui un altro Slam a Parigi, chi si spinge oltre e sogna addirittura il Grande Slam (tutti e quattro già quest’anno…sennò fra un anno o due!) c’è una doppia domanda che sorge spontanea: è Sinner che ha giocato da fenomeno, “Modalità Mostro” come ormai si usa dire (copyright Simone Vagnozzi), oppure Zverev ha giocato meno bene di come poteva?
Probabilmente – e non voglio fare il Ponzio Pilato – tutte e due le cose. Zverev nel primo set ha servito l’81% di prime palle. Non è facile fare di meglio, per uno che cerca quasi sempre l’ace a velocità ben superiori ai 200 km orari. Eppure Jannik è riuscito ugualmente a conquistarsi due pallebreak nel quarto gioco, altre due nell’ottavo, prima di trasformare la quinta.
Allora ecco una statistica che sembra venire in soccorso a chi pensa che Zverev non ha giocato bene: 23 dritti unforced, gratuiti, sbagliati. Beh, mi fido e non mi fido di questi numeri. Occorrerebbe rivedere tutto il match, fermo restando che il dritto è sempre stato il colpo meno sicuro del tedesco e che il team Cahill-Vagnozzi non lo ignoravano di certo, tant’è che Sinner ha insistito su quel “punto debole” per tutta la sua partita. Certo è che il dritto di Sinner è decisamente migliore di quello di Zverev. Ma se ne può fare una colpa al tedesco? Era colpa del prode Achille se aveva il tallone fragile? Eppoi: quanti altri giocatori sono in grado di martellare con il dritto incrociato e con il rovescio lungolinea Zverev tirando ogni palla a velocità supersoniche e sempre a pochi centimetri dalla riga di fondo quando (tante volte eh) non sulla riga? Siamo proprio sicuri che quei 23 errori fossero davvero gratuiti e non provocati da scambi asfissianti, da mazzate ripetute e paurose? I numeri, diceva il grande Rino Tommasi, sono importanti ma vanno interpretati avendo seguito con grande attenzione lo sviluppo dei punti. Il computer questo non lo può fare. Sull’efficacia dell’intelligenza artificiale ancora in certe situazioni io…dubito ergo sum. L’occhio umano di uno che sta molto attento e capisce di tennis – ok, potrei non capirlo, ma spero invece di capirlo a sufficienza – e soprattutto che vede la partita dal vero, a pochi metri dai tennisti, e sente anche il rumore dell’impatto della palla sulle corde – Bocelli, grande appassionato di tennis, ti dice prima dell’arbitro il punteggio di una partita cui assiste senza vederla: ne sono stato testimone – dovrebbe aiutare molto a capire se quei numeri a proposito dei gratuito o del forzato dicono tutta la verità. Perché alla fine, anche chi segna quei numeri, ha una percezione soggettiva. Sbagli un dritto dopo due scambi è un discorso, lo sbagli dopo 20 palleggi a tutta randa, mare forza 9, beh è un altro discorso.
E’ certo vero che Sinner, pur mettendo una percentuale di prime palle del 60%, buona ma non straordinaria, con solo 6 aces e 3 servizi immediatamente vincenti (magari questi sono stati qualcuno di più…) ha servito – senza contare il tiebreak del secondo set nel quale ha subito due minibreak – per 5 turni nel primo set, per 6 nel secondo, per 5 nel terzo. Ebbene, non solo non ha concesso pallebreak in 16 turni di battuta, ma ha permesso a Zverev di arrivare sul 40 pari soltanto due volte, nel quinto game del primo set sul 2 pari e nel settimo game del terzo set sul 4-2 per lui. In questi 16 turni di battuta – posso dire ora che ho fatto il conto con più calma…a volte invece quando si fa un video 5 minuti dopo la conclusione di un match tanta calma non c’è e si può incorrere in banali errori – Jannik ha perso soltanto 21 punti. Due dei quali sono stati doppi falli. Insomma Sinner può essere molto soddisfatto di come ha servito, Zverev non può essere molto soddisfatto di come ha risposto se in 16 game di risposta è stato capace di procurarsi soltanto 19 punti!
Eppure Jannik, quando si è reso conto di aver avuto un calo nella percentuale della prime palle, ha prontamente e saggiamente deciso di servire delle seconde meno arrischiate, più morbide, più kick e meno velocità (fra i 140 e i 160 km orari) per non incorrere in fastidiosi doppi falli. Fastidiosi è l’aggettivo giusto? Sì, perché spesso hanno conseguenze psicologiche opposte, su chi li commette e su chi ne trae beneficio…
Il set che è stato più equilibrato, il secondo deciso dal tiebreak, è stato quello nel quale Jannik ha giocato meno bene, anche se quel punto che ha fatto dopo un’ora e 47 minuti di gioco sul 6-5, 30 pari e Jannik al servizio (io l’ho segnato con un enorme circoletto rosso alla memoria di Rino Tommasi) è stato uno dei punti più straordinari che io abbia mai visto. Lo rivedrete di sicuro in mille riproposizioni televisive e web. Poi certamente la dea bendata non ha sorriso a Zverev sul 4 pari del tiebreak quando il “nostro” ha conquistato un minibreak importantissimo se non decisivo con il net. Una fortuna sfacciata. Se fosse stato vivo e presente Diego Armando Maradona (che era grande appassionato di tennis, non mancava mai un match di Davis dell’Argentina, ricordo di averlo incontrato anche nella finale di Mosca…) avrebbe detto che era stato…”El Nastro de Dios”. Al povero Zverev, già abbastanza abbattuto, deve essere crollato il mondo addosso. Aveva provato a reagire venendo qualche volta più del solito a rete, ma o è stato infilato dai passanti di Jannik oppure ha sbagliato alcune volee…che suo fratello Mischa non sbaglierebbe. 27 discese a rete in tre set per Zverev, ma solo 14 punti vinti! Fatto sta che con quel net quel mondo Jannik glielo ha davvero fatto rotolare addosso. Prima con un successivo servizio vincente a 201 km orari e poi ecco il primo setpoint sul 6-4 di quel tiebreak, subito implacabimente trasformato.
Ok, Jannik è stato indubbiamente fortunato in quell’occasione – però in precedenza due suoi certi vincenti avevano schiaffeggiato il nastro a Zverev battuto…anche se certo non erano stati punti così importanti – tuttavia attenzione! Jannik ha vinto, dai quarti del torneo di Halle dello scorso giugno in poi 25 tiebreak su 28! Ne ha persi tre soltanto, con Etcheverry, Alcaraz e Medvedev. Non è una statistica che la dice lunga su come lui sa affrontare i punti importanti, quelli che valgono doppio?
“He is by far the best player in the world!” Hai ragione caro Sascha, se lo dici tu che ha più diritto di riconoscerlo di chiunque altro: sei il n.2. Lo dimostra anche il fatto che negli ultimi 10 incontri che Jannik ha giocato contro dei top-ten non solo ha vinto sempre, ma non ci ha neppure perso un set. Inoltre dacchè è n.1 del mondo, 10 giugno 2024, Jannik ha vinto QUARANTASETTE partite delle prime 50 che ha giocato. E’ un record che adesso condivide con due ex n.1…tali Jimmy Connors e Bjorn Borg. Due… Carneadi qualunque.
Ma al di là del campionissimo che è, capace di vincere il 64% dei punti che ha scambiato da fondocampo, quello che piace di Jannik, personaggio che fa dell’understatement una regola di vita e di comportamento, è la sensibilità mostrata in tante occasioni ormai proprio nel momento di un trionfo che esalterebbe chiunque altro: ancora sul palco e con il trofeo in mano, ricorda i genitori che l’hanno lasciato partire da casa quando vince il primo Australian Open nel 2024, la zia morente che lo accompagnava ad allenarsi quando vince l’US Open, mostra la sua solidarietà umana e sportiva di collega preoccupandosi di consolare subito lo sconfitto Zverev che gli sta accanto a testa bassa e forse vorrebbe piangere dopo l’ennesima batosta (“Maybe I am not good enough” “Forse non sono abbastanza bravo”). L’uomo Sinner parla poco, ma ha un cuore grande così e mi piace perfino più del tennista Sinner che magari ha un tennis meno entusiasmante di altri, sia pur tremendamente efficace.
Abbiamo davvero avuto la fortuna di aver trovato, un uomo, un tennista che ci darà tante altre soddisfazioni, che non ci deluderà mai, perché la sua serietà, la sua cultura del lavoro, è una garanzia per tutti gli anni a venire. Per lui e per tutti noi innamorati del tennis. Grazie Jannik, oggi come oggi sei il n.1 per distacco (e non solo per gli oltre 4.000 punti ATP in più) come dice Zverev, e se negli anni precedenti ci sono stati in contemporanea i “Big 3” (o anche i Fab Four), beh al momento mi pare proprio che ci sia un solo Big One e si chiama Jannik Sinner. Almeno in attesa che Carlitos Alcaraz (che comunque 4 Slam li ha già vinti…) maturi per dare vita a una rivalità tipo “FEDAL”. Ora spero solo che il TAS, il 16 aprile, non ci faccia il brutto scherzo di prendere una decisione ridicola e paradossale proprio per quanto la stessa Wada ha deciso debba diventare prassi a partire dal 2027.