3) Le novità tecnico-tattiche dell’ultima Keys
Per arrivare al successo del 2025, Madison Keys ha avuto bisogno di riconsiderare criticamente la sua carriera, e in particolare quanto era accaduto fra il 2023 e il 2024. Un paio di dati: fra il 2015 e il 2024 Keys aveva chiuso per nove volte (su dieci possibili) in Top 20. E tra le giocatrici nate dal 1991 in poi, solo Aryna Sabalenka poteva vantare più semifinali Slam. Madison infatti ne aveva raggiunte sei: due in Australia, una al Roland Garros e tre agli US Open. Numeri che dimostravano la sua competitività ad alti livelli, malgrado l’avvento delle nuove generazioni.
Ma nell’ultimo periodo c’erano anche stati segnali di scricchiolio fisico. A inizio 2024 aveva dovuto rinunciare alla trasferta australiana, Slam incluso, per un forte dolore alla spalla. Mentre a Wimbledon 2024 era stata costretta al ritiro durante il match di quarto turno contro Jasmine Paolini per un problema alla gamba sinistra. Uno dei tanti rimpianti di carriera, visto che contro Jasmine, che poi si sarebbe spinta sino alla finale, si era fermata sul 6-3 6-7(6) 5-5, ma nel terzo set prima dell’infortunio era in vantaggio 5-2.
In fondo quel match londinese sintetizzava tutto il meglio e il peggio della Keys più recente: era la prova che in senso assoluto il suo tennis poteva essere ancora estremamente competitivo, ma dimostrava anche che il corpo dava sempre più spesso segnali di cedimento. A tutto questo andavano aggiunte le idee del suo ultimo coach, con cui collaborava dal 2023, Bjorn Fratangelo, ex numero 99 ATP, oltre che fidanzato (e, dalla scorso novembre, marito).
In una intervista pubblicata sul sito WTA (vedi QUI) Keys ha raccontato che, proprio per i risultati che era ancora in grado di raggiungere, era molto restia ad apportare modifiche al proprio tennis. Si fidava della routine, e temeva il cambiamento. D’altra parte Fratangelo spingeva per introdurre novità soprattutto per due motivi: per ridurre gli infortuni e per accrescere la competitività di fronte all’avvento delle nuove giocatrici.
In fondo non è mai troppo tardi per cercare di migliorare. Lo dimostrano carriere come quella della stessa Paolini, esplosa a 28 anni o di Krejcikova e Jabeur, che hanno raggiunto i migliori risultati dopo i 25-26 anni. C’era anche un dato statistico sul servizio che non convinceva Fratangelo: a fronte di una percentuale di prime di servizio piuttosto alta, non era sufficientemente alto il numero di punti vinti con la prima.
Sulla scorta di tutto ciò, alla fine Fratangelo è riuscito a convincere Madison che era arrivato il momento di provare alcune novità tecniche. Ha confermato Keys: “gli infortuni sono stati l’ultimo chiodo sulla bara per farmi accettare l’idea che era arrivato il momento di cambiare” (“the final nail in the coffin where I had to actually make a change”).
La prima importante modifica è stata nella esecuzione del servizio: Keys ha abbandonato il movimento “platform” (cioè con i piedi mantenuti nella stessa posizione dopo il lancio palla), per passare al “pinpoint” (che invece prevede di partire con i piedi distanti per poi riunirli dopo il lancio palla). Giusto per capirci: Federer serviva con il platform, Serena Williams con il pinpoint.
Il passaggio è avvenuto durante la trasferta in Asia di fine 2024, e non è stato proprio semplicissimo. Nel mesi di luglio a Wimbledon contro Paolini usava ancora il platform, mentre in settembre (per esempio a Pechino contro Sabalenka) il pinpoint. E se poi avete voglia di confrontare il pinpoint di Pechino con quello più recente di Melbourne, direi che è piuttosto evidente la maggiore fluidità nel movimento acquisita con il passare dei mesi.
L’altra importante modifica è stata nella racchetta. Ma non una modifica minimale, di distribuzione dei pesi o di tensione alla incordatura; no, un totale cambio di attrezzo, dalla Wilson alla Yonex. Madison ha raccontato che si è immediatamente trovata meglio, perché la nuova racchetta le permette di avere più controllo senza però sacrificare la sua straordinaria e naturale potenza. In più la aiuta anche a non crollare di rendimento nelle giornate in cui il timing non è ottimale.
Questo è quanto raccontato dal team Keys/Fratangelo. A tutto ciò mi permetto di aggiungere una considerazione personale. Ho raccontato sopra che in fase di analisi Keys/Fratangelo avevano considerato insufficiente il dato di punti vinti sulla prima di servizio malgrado una percentuale di prime piuttosto alta. Purtroppo non ho dati a conferma di questo, ma secondo me durante l’ultimo Slam Keys ha molto ridotto il numero di prime di servizio in kick, a favore di un maggior numero di prime di pura potenza.
Se questa mia sensazione fosse vera, non sarebbe comunque una scelta da poco, perché il kick di Madison Keys è quasi sicuramente il migliore del circuito (specie dopo il ritiro di Samantha Stosur). Insomma rappresentava una soluzione piuttosto sicura. Però, malgrado la sua efficacia, non altrettanto redditizia quanto la più classica prima di potenza. Altro parere personale: secondo me a volte Keys tendeva a rifugiarsi nel kick perché in questo modo sapeva che quasi di sicuro avrebbe evitato il rischio di dover servire la seconda. Ma era una soluzione suggerita più dal timore che dalla logica. (Avevo scritto nel 2020: “il kick in sé è davvero di alto livello, ma quando la tensione cresce, sembra quasi abusarne”).
E così questi aggiustamenti tecnici, piccoli e grandi, hanno contribuito a rinfrescare l’efficacia del tennis di Keys, rendendolo, alla fine, pienamente competitivo. Il tutto senza dimenticare che la base era già di primissima categoria. A dimostrazione cito un ultimo dato. Durante il tiebreak finale del terzo set contro Swiatek, Keys ha scagliato un dritto vincente lungolinea a 157 km/h. Sbaglierò, ma non ricordo un’altra donna capace di eseguire un “normale” dritto al rimbalzo a tale velocità. Ecco, quando un colpo è così rapido, diventa impossibile da gestire anche per Iga Swiatek, cioè una delle più forti giocatrici in difesa della storia del tennis:
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