Tutto finito. Passata la Befana (inevitabile e gradita come la morte e le tasse), le ferie rigeneranti, i lauti banchetti e l’atmosfera di festa sono un ricordo lontano, si ritorna a timbrare il cartellino ogni giorno alle 8. Ben ritrovata, amatissima routine lavorativa. Meno male che il calendario del tennis aiuta a distrarsi da appetiti e lavoro: ogni anno si parte a razzo col primo Slam, dall’altra parte del mondo scatta l’Australian Open. Un toccasana perfetto per lenire il dolore del ritorno a lavoro. O almeno così sembra, perché le disavventure sono dietro l’angolo anche restando a casa a seguire lo Slam australiano alla TV.
Ugo Trafelati pensava sempre al tennis. Anche al pranzo di Natale e a maggior ragione per la mezzanotte di Capodanno, utili entrambi ad augurarsi un 2025 fantastico come l’incredibile 2024 azzurro. Col primo Major dell’anno sorgeva però un enorme ostacolo. Il suo lavoro di operatore tecnico in un’azienda metalmeccanica di Genova aveva i classici orari da ufficio. Con le mattine impegnate a lavoro, come poteva seguire la numerosa pattuglia azzurra e gli altri campioni dell’Australian Open?
I tempi però cambiano più in fretta delle nostre previsioni. Il Cavaliere… azzurro si chiamava smart working: la possibilità di lavorare da casa gli avrebbe consentito un piano a metà tra l’immorale e l’opportunista. Passare le mattine con due computer, quello professionale per il lavoro e quello personale sintonizzato su Melbourne Park, barcamenandosi tra l’impiegato e l’appassionato. Di fronte a questa possibilità, Trafelati non potè evitare di pensare a quell’amico svedese dell’Università, a Genova per un Erasmus. Di fronte a un esame scritto che prevedeva la classica risposta multipla, lo svedese aveva lasciato in bianco diverse domande. Il nostro non si capacitava il prechè, non essendoci nulla da perdere. “Ugo, non potevo farlo. Non avevo studiato abbastanza per rispondere, così era giusto che non rispondessi, riconoscendo la mia impreparazione. Se avessi risposto, avrei imbrogliato“. Una cultura lontana anni luce dalla nostra. “Caspita, che esempio di correttezza. Noi italiani chissà quando la raggiungeremo, la Svezia” pensava amareggiato Trafelati.
L’entusiasmo delle vittorie azzurre però si rivelava molto più forte dell’autocritica al modello italico. Sai che c’è? Lasciamo agli scandinavi le loro 23 ore di buio al giorno e il freddo pungente e teniamoci Sinner, Musetti, Berrettini, Paolini e tutti gli altri. Dopotutto, sbirciare le partite mentre si lavora è un peccato veniale. Massì, nessun complesso di inferiorità, che cosa avranno mai più di noi questi ghiaccioli biondi, a parte Bjorn Borg e Stefan Edberg? Beh, in effetti quei due non sono proprio poco… ma la scelta è fatta, avanti tutta con i due computer, tra un set e una riunione a distanza!
Il rischio era pazzesco: venire beccato in orario di lavoro a guardare lo sport avrebbe mandato su tutte le furie il perfido capo, Diego Catellani, autentico italopiteco calciofilo del tutto incompatibile con gli sport minori, ovvero tutti a parte il calcio. “Sinner e i suoi amichetti spariranno tra pochi anni, forse prima, visto che stanno per squalificare Pel di carota. Anzi, com’è che lo chiamate voi? Il Profeta dai capelli rossi: hahahahaha… il tennis è e sarà sempre uno sport minore, adattissimo a voi inferiori!”.
Negli anni, lo sport minore di Trafelati passava da tecnica, indimenticabili racchette di legno e grosse differenze tra le superfici a racchette metalliche, grande fisicità e appiattimento tra terra, erba e cemento. Quasi di pari passo, il suo lavoro attraversava diverse epoche, dalla produzione intensiva al modello Toyota, dalla carta e penna all’intelligenza artificiale, fino ad arrivare all’Industria 4.0. Diversi modi di lavorare, nuove mansioni, obiettivi rivoluzionati alimentavano queste strane analogie tra le evoluzioni di tennis e industria.
La prima mattina destinata al doppio ruolo era mercoledì. Ugo avrebbe preferito martedì, con Sinner, Sonego, Paolini e altri azzurri in campo, ma il capo calciofilo gli concesse il giorno seguente, con in programma Djokovic, Alcaraz, Sabalenka e… un solo italiano, Francesco Passaro. Da un giorno a quello successivo si era passati da sette a un solo tennista azzurro e al diligente tecnico industriale era toccato il secondo, neanche a farlo apposta… Hey, vuoi vedere che Catellani conosceva tutta la programmazione delle partite e aveva assegnato di proposito il giorno meno appetibile?
Il giorno seguente, in ufficio, la convivenza fisica col maledetto superiore escludeva qualsiasi possibilità di sbirciare cosa stesse succedendo a Melbourne. Proprio quando stava giocando Berrettini, impegnato in una vera battaglia contro Holger Rune. Una telefonata salvifica giunse quando il nostro Ugo era ormai rassegnato a perdersi tutto il tennis di quel giorno. “Trafelati, mi hanno chiamato urgentemente per un meeting dalle Vendite, ci vediamo dopo” disse seccato Catellani uscendo dall’ufficio.
Lesto come una faina e veloce come un ghepardo, Ugo estrasse il cellulare dalla tasca e in un attimo lo sintonizzò sull’Australian Open. Berrettini sotto due set a uno e al tiebreak del quarto: “Ottimo, Matteo è avanti 5-2, non vedo l’ora di godermi un quinto set scoppiettante”. L’illusione durò solo una manciata di minuti, quelli necessari a Rune per ribaltare il punteggio ed eliminare il finalista di Wimbledon 2022. Con tempismo sinistro, mentre Berrettini stringeva la mano al tennista danese, il capo di Trafelati ritornava in ufficio. Tanto impegno, molta sfortuna e pessimo tempismo, in ufficio a Genova come idealmente in campo a Melbourne. Le analogie tennis-lavoro proseguivano, sempre più inquietanti. Finalmente arrivò il week end e la notte tra sabato e domenica era destinata alla TV. Il metalmeccanico 4.0 poteva godersi un’intera nottata, nella quale di italiano c’erano solo i tre doppi: vittoria di Bolelli/Vavassori, eliminazione molto dolorosa di Paolini/Errani e anche del doppio Errani/Vavassori, l’ultima per mano di due carneadi britannici. Anche quella volta, bottino pieno per Trafelati…
Con l’inizio della seconda settimana a Melbourne Park, il malvagio Catellani sembrava intenzionato a non concedere nessun altro giorno di tennis watching – anzi no, smart working! – al tecnico malato di tennis, ma in un modo o nell’altro il nostro Trafelati ha continuato, instancabile come Nadal e determinato come Djokovic, a fare la sua vita di povero inferiore e grande appassionato. Perché il lavoro nobilita l’uomo, ma l’Australian Open lo rende una persona migliore.