I ritmi forsennati imposti dal fitto calendario di febbraio sballottano gli atleti del circuito ATP da una parte all’altra del globo, costringendoli ad adattarsi repentinamente a superfici e fusi orari totalmente differenti dal torneo precedente. Il mese più corto dell’anno è anche il più intenso per i tennisti, i quali, nonostante la stagione appena cominciata, hanno già accantonato la prima dispendiosa tournée australiana, e adesso, rincorrono le altre tappe in giro per il mondo a caccia di punti.
Voli transoceanici last minute e corsa contro il tempo per rispettare il programma stilato insieme al proprio team. Ecco cosa è già a successo a molti dei tennisti soltanto all’alba del folle mese di febbraio, che prevede ben 10 tornei, tra categorie 250 e 500, senza tener conto dei Challenger. A proposito di ciò, è parecchio curioso il caso di Adam Walton – tennista australiano e numero 88 del ranking – che ha trionfato appena questa mattina nel Challenger di Brisbane, regolando in due set il connazionale Kubler, in finale. Walton, dovrà rapidamente riempire le valigie alla rinfusa, e volare in America per l‘ATP di Delray Beach, dove parteciperà sia in singolo, che in doppio con Hijikata. Facile a dirsi, meno a farsi, considerando che l’australiano starà in volo per quasi un giorno intero, e dovrà immediatamente adattarsi al nuovo fuso orario della Florida, 15 ore indietro rispetto a Brisbane. Welcome to Delray, Adam.
Meno estrema, ma comunque parecchio impegnativa la trasferta di Alexis Galarneau, che ha iniziato il suo febbraio indossando l’uniforme canadese in Coppa Davis, a Montreal, sfidando l’Ungheria di Fabian Marozsan, per poi correre – dopo un paio di giorni – verso il Challenger di Chennai, in India, smaltendo velocemente le 16 ore di volo e le oltre 10 di fuso orario, senza però ottenere grandi risultati.
Le lancette vanno veloci anche per Jaume Munar, protagonista di un’ottima settimana in quel di Dallas, dove ha messo K.O Shelton e Matteo Arnaldi, fermandosi poi in semifinale a causa di un ritrovato Casper Ruud, che lo aveva già sconfitto qualche settimana prima all’Australian Open. Lo spagnolo si gode a metà il Texas e si precipita immediatamente a Buenos Aires, dove oltre alle “sole” 11 ore di volo e le tre ore di fuso di differenza, cambia – totalmente – anche la superficie, e ad attenderlo ci sarà il manto rouge argentino, che dimezzerà le velocità rispetto all’indoor di Dallas.