Dopo la sbornia d’Australia e il mese di febbraio di mezzo, su più superfici e più continenti, il tennis è pronto ad entrare in pieno nella stagione, con il Sunshine Double. Il mese di marzo è dedicato al cemento americano, con i due prestigiosi Masters 1000 di Indian Wells (campione in carica Alcaraz) e Miami (campione in carica Sinner). Il primo, a cui mancano poche ore per iniziare ormai, è il BNP Paribas Open, che si svolge nel deserto della California, definito in gergo “il quinto Slam”. In effetti sia per i giocatori che per gli addetti ai lavori il torneo di Indian Wells è il migliore dell’anno, e non c’entrano solo le palme e il paesaggio cinematografico.
La qualità dei campi, il parterre, la storia, lo rendono il più amato tra i Masters 1000. Tante partite epiche, tante grandi rivalità, con un cruccio: mai il tennis italiano aveva sfondato, prima di Sinner. A mo’ di aperitivo, nel giorno in cui inizierà il tennis giocato, abbiamo messo insieme numeri e curiosità per arrivare super preparati al primo grande appuntamento della stagione maschile dopo l’Australian Open.
I record
Quando si parla di record spesso si rischia di essere ripetitivi, quasi banali, visto che la maggior parte appartengono ai soliti noti. Non fa eccezione Indian Wells, che vede come leader di vittorie Novak Djokovic e Roger Federer, entrambi con cinque successi. Il serbo e lo svizzero detengono anche il record di trionfi consecutivi, essendo stati capaci di firmare una tripletta rispettivamente tra il 2014 e il 2016, e il 2004 e il 2006.
Un duopolio che potrebbe essere messo a rischio quest’anno da Carlos Alcaraz, bicampione in carica. Per il capitolo finali consecutive, invece, è in lizza anche Daniil Medvedev, che ha perso gli ultimi due atti decisivi proprio contro lo spagnolo, e che se dovesse (visti gli ultimi risultati appare improbabile) raggiungere nuovamente la finale siglerebbe tale risultato per il terzo anno di fila. Alla pari di Nole e Roger, che vinsero però in tutte e tre le occasioni.
Il primato di finali complessive ad Indian Wells è invece appannaggio di Federer, a quota 9, la prima nel 2004 vinta contro Henman, l’ultima nel 2019 persa contro Thiem. Segue Djokovic a 6, con il debutto in finale nel 2007 perso (unica sconfitta) contro Nadal, e l’ultima apparizione nel 2016 contro Raonic, battuto nella finale più corta per numero di game nella storia del torneo, con appena 14. La finale più lunga appartiene invece al 1991, quando si giocava al meglio dei 5 set e Courier batté Forget 7-6 al quinto rimontando due volte un set di svantaggio dopo 51 game.
I numeri dei primi 8
Le statistiche e gli avvenimenti passati vanno trattati nella giusta maniera, ma spesso sono un’indicazione interessante per capire cosa aspettarsi da un certo giocatore, specie quando si tratta di uno dei migliori. Degli attuali primi 8 qui ad Indian Wells i numeri migliori appartengono ovviamente a Novak Djokovic, come abbiamo visto prima, tra gli altri spicca naturalmente Alcaraz, come viene esposto nella seguente tabella:
W-L | % | Risultato migliore | |
1) A. Zverev | 12-9 | 57,1% | QF (2021, 2024) |
2) C. Alcaraz | 16-2 | 88,9% | W (2023, 2024) |
3) T. Fritz | 20-7 | 74,1% | W (2022) |
4) C. Ruud | 7-4 | 63,6% | QF (2024) |
5) D. Medvedev | 16-7 | 69,6% | F (2023, 2024) |
6) N. Djokovic | 51-10 | 83,6% | W (2008, ’11, ’14, ’15, ’16) |
7) A. Rublev | 8-7 | 53,3% | SF (2022) |
8) S. Tsitsipas | 7-6 | 53,8% | QF (2021) |
Dei giocatori in attività Alcaraz ha la miglior percentuale di vittorie ad Indian Wells, con le due sconfitte giunte nella prima partecipazione nel 2021 all’esordio contro Andy Murray e in semifinale contro Rafa Nadal nel 2022. Oltre a lui, Fritz e Nole, l’unico altro giocatore in main draw ad aver vinto il torneo è Cameron Norrie, trionfante nell’edizione con l’asterisco autunnale di quasi quattro anni fa (contro l’unico altro ex finalista presente in tabellone, il qualificato Nikoloz Basilashvili). Numeri un po’ da ricalibrare per Zverev, Rublev e Tsitsipas, unici tra i primi 8 ad aver una percentuale di vittorie inferiore al 60%, per quanto Andrey abbia raggiunto almeno una semifinale, persa proprio contro Fritz tre anni fa. In un torneo in cui gli italiani, Sinner a parte, raramente hanno brillato.
Trascorsi azzuri ad Indian Wells
Il torneo esiste dal 1974, ma si è spostato nell’attuale sede di Indian Wells nel 1987, quando trionfò Boris Becker, primo a firmare una doppietta in anni consecutivi nel torneo californiano. In 38 anni di storia, contando che solo l’edizione 2020 non è stata disputata, solo due volte prima dell’avvento di Jannik Sinner un giocatore italiano aveva raggiunto gli ottavi ad Indian Wells. Il primo quarto è infatti quello di Jannik nel 2023, che si fermò poi (come nel 2024) in semifinale. Numeri impietosi, che forniscono un’ottima fotografia del periodo dorato che stiamo vivendo attualmente.
Il primo italiano a distinguersi fu Renzo Furlan nel 1996, che da n.22 del mondo (al tempo le teste di serie erano 16) batté Rosset e Gaudenzi prima di arrendersi a Paul Haarhuis, che avrebbe poi perso in finale dopo aver però battuto Sampras ed Ivanisevic. Per ritrovare un azzurro tra gli ultimi 16 in California ci sono voluti 18 anni e il braccio ispirato di Fabio Fognini.
Il ligure nel 2014 partì da n.14 ATP nel primo 1000 stagionale, e dopo Harrison e Monfils si arrese in due set netti a Dolgopolov. Rimane qualche rimpianto, visto che l’ucraino ebbe la meglio su Raonic prima di perdere in semifinale contro Federer. La grande narrazione azzurra ad Indian Wells, prima delle due semifinali consecutive perse da Sinner contro Alcaraz, era magra. La speranza è che quest’anno, anche senza Jannik, tra Musetti e Berrettini, con i sogni di Arnaldi, Sonego e Cobolli, potremo di nuovo gioire nel deserto.