Carlos Bernardes, l’ex giudice di sedia più famoso del circuito, è stato intervistato da Luca Gozzi per l’edizione bresciana del Corriere della Sera: nel corso della lunga chiacchierata ha affrontato diversi temi, cominciando innanzitutto dalla nuova vita da pensionato: “Vivo a Gorle, gioco a padel nel mio club e mi piace fare qualche gita fuori porta”.
Ottomila partita arbitrate, 6 milioni di miglia in voli aerei, una vita passata sul seggiolone (“Il posto più bello dove vedere una partita”) del campo da tennis e una grande passione per lo sport, che però rappresenta la cosa più importanti di quelle meno importanti: “La vita non è soltanto lavoro. Ci sono molti ex colleghi che hanno trascorso tutto il tempo tra i campi e gli hotel, io ho cercato di conoscere le culture autoctone e visitato le città. In base alle partite, prenotavo le visite ai monumenti e posso dire di aver trascorso più tempo a New York, Parigi e Roma rispetto a São Caetano, il luogo in cui sono nato. Ho viaggiato moltissimo per lavoro, raccogliendo più di 6 milioni di miglia in voli aerei con diverse compagnie, ho qualche punto sulla carta fedeltà e tanta esperienza. Lo scorso anno nel viaggio da Rio ad Acapulco volai in business class, quindi Alcaraz si è avvicinato e in modo simpatico mi ha chiesto come mai un arbitro volasse in business, mentre lui, uno dei tennisti più importanti del circuito, in classe economica”.
Ma cosa significa fare l’arbitro di tennis a quei livelli?
“A volte è capitato di avere dei dialoghi con i giocatori al cambio di campo. Nelle sfide Andy Roddick contro Roger Federer, l’americano giocava sempre bene ma alla fine perdeva. Una volta a Bangkok, Roddick si rivolge verso di me e mi dice: “Ci siamo un’altra volta”. È finita 6-4 6-0. Inoltre, dalla sedia ti accorgi perfettamente delle cause di una sconfitta. Bisogna conoscere l’indole del giocatore. Il comportamento di un arbitro si deve adattare, ci sono tennisti che non vogliono parlare molto, chi vuole avere l’ultima parola, chi ha il carattere più acceso. Bisogna creare le migliori condizioni perché tutti si esprimano al meglio”.
E chi si esprimerà al meglio, nel corso dei prossimi anni? Forse il suo connazionale Fonseca?
“Se lui manterrà questa mentalità, potrà diventare un idolo. In questo Sinner è l’esempio positivo: aveva bisogno di un’icona e lui ha risposto. Tra l’altro, Fonseca ha fatto da sparring a Sinner alle ATP Finals nel 2023. Fonseca ai tempi aveva dei dubbi se diventare professionista o iniziare l’università negli Stati Uniti, Sinner gli ha chiarito la situazione dicendo che lui alla sua età non giocava così bene e gli ha suggerito di diventare professionista. Jannik è davvero un fuoriclasse, parlano i risultati, ma non solo. Non so quanti di noi se ricevessero i commenti che gli sono stati rivolti in modo immotivato senza conoscere le carte avrebbero mantenuto quell’equilibrio. E nel frattempo lui ha vinto, lasciando tutti i problemi fuori dal campo”.