Una poltrona per due. Fatta di sogni e sudore. Non ce ne voglia il caro vecchio John Landis per l’improvvida citazione, ma talvolta, il tennis vive delle trame che sembrano quasi cinematografiche. Come quella che ha catapultato – in maniera decisamente meritata – Holger Rune e Jack Draper sul proscenio glitterato della finale di Indian Wells, primo Masters 1000 stagionale. E se non è uno snodo generazionale il match in questione, quale altra sfida potrebbe esserlo?
Holger e Jack. Due cuori impavidi e un torneo giocato come Dio comanda. Quello del tennis, almeno. Per Rune, dopo i primi due turni disputati e vinti contro i transalpini Moutet e Humbert, il primo vero spartiacque della corsa alla finale ha le sembianze di Stefanos Tsitsipas e della netta, nettissima vittoria conquistata contro il tennista greco: un doppio 6-4 che ci ha raccontato di un Holger diverso rispetto al passato. Ben più solido ed efficace. E poi, ancora, il duello ai quarti con Griekspoor, con gli ultimi due set conquistati con una nonchalance quasi inedita per il talentuoso danese. E lo stesso discorso, se vogliamo, potremmo estenderlo pure al successo conseguito in semifinale su Medvedev. Prova di forza, certo. Ma anche di (ritrovata) lucidità. Sì, insomma, Rune è ritornato Rune. In una versione aggiornata (vi dice niente, Parigi-Bercy?) e – per ora – maledettamente intrigante.
Il percorso dorato di Draper, invece, è cominciato con la vittoria incisiva sulla new sensation dell’universo tennistico mondiale Joao Fonseca (un 6-4 6-0 dal retrogusto regale) e dai successi conquistati contro gli statunitensi Brooksby e Fritz nei turni successivi. Vittoria a stelle e strisce pure quella ottenuta – anche qui in due set – sul sempre ostico Ben Shelton. Battere Alcaraz (detentore delle due ultime edizioni della kermesse californiana) in semifinale ha rappresentato solamente il dulcis in fundo di un torneo disputato attraverso una coerenza strategica quasi impeccabile. In soldoni, Jack – che dal prossimo lunedì, comunque vada, sarà in Top 10 (dopo la presenza costante di Rafael Nadal nell’ultimo ventennio, tornerà a presenziare un giocatore mancino nell’élite del tennis maschile) – non si ritrova in finale per caso (la sua prima in un Masters 1000).
Provando a tirare un po’ le somme, dunque, quella di stasera sarà un epilogo dai mille risvolti e significati. Se Draper spera nel suo primo successo in un 1000 ed è il quinto tennista britannico a raggiungere la finale in quel di Indian Wells (in compagnia di Greg Rusedski, Tim Henman, Andy Murray e Cameron Norrie), Rune – che non vince un titolo del circuito maschile dall’aprile del 2023 (Monaco di Baviera) – vorrà confermare i progressi fatti intravedere in questo primo scorcio di stagione. Una poltrona per due, dicevamo. Fatta di sogni e sudore. E della stessa sostanza del cielo californiano che questa sera farà da splendido tetto ad una finale che – comunque vada – rappresenta uno dei capitoli più interessanti di quell’intricato romanzo-pop che è il tennis mondiale.