Il tennis mondiale sta attraversando uno di quei momenti nei quali è difficile comprendere quanto le circostanze possano intaccarlo, ma che di sicuro mettono le basi per quelle che vengono chiamate riforme, parola che in base alla forza impressa nei concetti che ne compongono le fondamenta può portare a duplici strade: cambiamento o rivoluzione. Dipende solitamente da quanto e come queste riforme verranno applicate. La storia tout court, non solo quella sportiva, è piena di esempi in tal senso. Di sicuro c’è il fatto che il processo è iniziato e no, l’azione giudiziaria della PTPA non è il casus belli ma solo un tassello di un puzzle molto più grande e complesso. Vediamo quale.
Non possiamo non partire dall’analisi di anni di lotte intestine e riforme annunciate ma mai concretizzate, nel costante braccio di ferro tra i quattro tornei del Grande Slam e i circuiti ATP e WTA. Se nelle prime settimane del 2024 erano stati gli Slam (per bocca di Craig Tiley CEO di Tennis Australia) a mettere sul tavolo la proposta di un “premium tour“, oggi sono Andrea Gaudenzi e Steve Simon, rispettivamente presidenti di ATP e WTA, a presentare una loro controffensiva, così come riportato da Athletic, costola sportiva del New York Times.
Un nuovo consiglio direttivo
Un piano ambizioso, che punta a ridisegnare la governance dello sport con la creazione di un nuovo consiglio direttivo. La bozza prevede sei seggi per i giocatori (tre ATP e tre WTA), tre per gli Slam, due per i tornei 1000 e uno per le categorie 500 e 250. Un tentativo di bilanciamento tra le diverse anime del tennis, ma che non sembra soddisfare del tutto i tornei maggiori, da sempre restii a cedere porzioni del loro potere decisionale. Il sistema attuale, infatti, è caratterizzato da una frammentazione che rende difficile la gestione unitaria del movimento: gli Slam comandano, i tornei 1000 cercano di ottenere più peso politico, mentre le categorie inferiori faticano a trovare spazio e sostenibilità economica.
Il nuovo organo di governance escluderebbe la Federazione Internazionale di Tennis (ITF), ente che sovrintende alle competizioni a squadre e olimpiche, rafforzando così il controllo di ATP e WTA sulla gestione del circuito. Inoltre – come sottolineato anche da The Athletic – le immagini usate nel documento ufficiale includono alcune delle figure di spicco del tennis attuale, come Novak Djokovic, membro del comitato esecutivo della PTPA (che nelle ultime ore si è però detto contrario a qualunque tipo di divisione nel tour) Iga Swiatek e Carlos Alcaraz, entrambi in passato critici nei confronti del calendario e del numero di tornei obbligatori a cui i giocatori devono partecipare.
Il contesto della disputa
Come detto, non è un caso che la proposta arrivi in un momento di grande tensione: il 18 marzo, la Professional Tennis Players Association (PTPA) ha avviato un’azione legale contro ATP, WTA e altre istituzioni del tennis, accusandole di pratiche anticoncorrenziali. Al centro del contendere, la distribuzione dei ricavi e il controllo sulla partecipazione ai tornei espositivi. Secondo la PTPA, i giocatori non ricevono una fetta equa dei profitti generati dagli eventi, e il sistema attuale li obbliga a seguire un calendario eccessivamente rigido, con pochi margini di scelta. In questo scenario infuocato, l’ATP e la WTA hanno cercato di trovare una sintesi tra le esigenze degli Slam e quelle dei giocatori, consapevoli che il tennis professionistico non può più permettersi di restare frammentato.
Le tensioni tra ATP, WTA e PTPA non sono certo nuove, ma la recente azione legale ha alzato ulteriormente il livello dello scontro. L’accusa principale della PTPA è che ATP e WTA agiscano in concerto con gli Slam per mantenere un sistema che favorisce i tornei a discapito degli atleti. La causa legale punta il dito su aspetti critici come la scarsa trasparenza nella gestione dei ricavi e la mancanza di un vero meccanismo di redistribuzione economica equa.
Andrea Gaudenzi e Steve Simon, rispettivamente presidenti di ATP e WTA, hanno presentato la scorsa settimana il documento di 23 pagine ai quattro tornei del Grande Slam, proprio mentre la PTPA stava finalizzando l’azione legale, depositata per l’appunto il 18 marzo. Il documento presentato dalla PTPA, che vede alcuni giocatori tra i querelanti insieme alla stessa associazione, definisce i quattro Major come “co-cospiratori” in una serie di pratiche anticoncorrenziali, dalla soppressione dei montepremi all’esclusione degli eventi espositivi dal sistema di ranking ufficiale. Consci comunque dell’esistenza di un fronte presente, per quanto sembra ridimensionarsi, ATP e WTA hanno unito le forze per cercare di consolidare il tennis sotto un’unica struttura governativa e commerciale.
La visione di Gaudenzi e Simon
La visione riformistica di Gaudenzi e Simon è chiara: quattro Slam, dieci Masters 1000 (incluso un decimo evento ATP, con ogni probabilità in Arabia Saudita), un numero ridotto di tornei 500 e 250 e un calendario più razionale con una stagione più corta. L’obiettivo? Massimizzare la visibilità e il valore commerciale dello sport, attraverso la vendita unificata dei diritti media e sponsorizzazioni sotto l’egida di una nuova entità commerciale, Tennis Ventures.
Secondo il documento presentato da ATP e WTA, “tutto inizia con i migliori giocatori nei tornei premium – alimentando le rivalità e innalzando il prestigio dei palcoscenici più importanti dello sport”. Tuttavia, i proprietari dei tornei di livello 1000, 500 e 250 non sono stati coinvolti nella fase di elaborazione della proposta, il che potrebbe portare a nuove tensioni.
Ricapitolando quindi, il calendario ipotizzato includerebbe:
- Quattro tornei del Grande Slam;
- Dieci Masters 1000 per ATP e WTA, con il decimo evento ATP in programma a febbraio, quasi certamente in Arabia Saudita;
- Sedici tornei ATP 500 e diciassette WTA 500, da disputarsi in settimane concomitanti;
- Una riduzione degli eventi di livello 250 attraverso un meccanismo di “riacquisto” delle licenze, permettendo ai tour di acquisire un numero non specificato dei 30 tornei ATP 250 e 21 WTA 250 attualmente in calendario.
Una delle novità principali riguarda la governance: il nuovo organo decisionale prevederebbe tre rappresentanti per i quattro Slam, due per i tornei 1000 e uno per le categorie 500 e 250. Il circuito verrebbe quindi centralizzato sotto un’unica entità, lasciando fuori dalla governance la Federazione Internazionale di Tennis (ITF), che gestisce tornei a squadre e competizioni olimpiche.
La ripartizione dei profitti
Il tennis genera oltre 2,2 miliardi di dollari all’anno, ma la ripartizione delle entrate è estremamente diseguale: più del 50% va ai quattro Slam, oltre il 30% all’ATP e meno del 10% alla WTA. Il predominio economico degli Slam deriva dalla loro capacità di vendere diritti media più remunerativi e dalla quantità di biglietti venduti. Più si scende nella gerarchia dei tornei, più il loro business model dipende da sponsorizzazioni e introiti locali, con una minore influenza sui mercati globali.
La soluzione proposta da ATP e WTA è la “commercial aggregation”, ovvero l’incorporazione di Tennis Ventures, una società che unificherebbe gli interessi commerciali di ATP, WTA e Slam. Gli Slam manterrebbero il controllo sui diritti media nazionali, ma i diritti internazionali – insieme a quelli di streaming e dati – verrebbero venduti come pacchetto unico, aumentando il potere contrattuale nei confronti dei broadcaster.
Sul fronte della remunerazione, la proposta include un modello di profit-sharing per i giocatori, con la creazione di un “bonus pool” esteso anche agli Slam. Attualmente, i montepremi dei Major rappresentano solo il 15-20% dei ricavi complessivi, mentre in altri sport come NBA, NFL o golf, la percentuale destinata agli atleti si avvicina al 50%. La redistribuzione dei profitti, quindi, è un nodo cruciale per il futuro assetto del circuito.
Il futuro del tennis
Il confronto, piuttosto acceso quando si parla di pecunia che, per definizione, non olet, è destinato a proseguire. Da un lato, la necessità di un sistema più equo e sostenibile per i giocatori. Dall’altro, la resistenza di chi ha costruito il proprio dominio economico su un modello che, almeno finora, ha dimostrato di funzionare. L’unico punto che sembra accumunare tutte le parti in causa è che il tennis, così com’è, non sia più sostenibile: da una parte c’è chi spinge per un circuito più inclusivo e meglio distribuito, dall’altra chi vuole un élite sempre più ristretta, con pochi tornei di massimo livello e montepremi stellari.
Se da un lato il progetto di Gaudenzi e Simon appare come un passo verso una maggiore unificazione, dall’altro gli Slam potrebbero non voler cedere alle richieste, forti della loro capacità di attirare pubblico, sponsor e media. Il tennis è a un bivio: continuare a dividersi o trovare una sintesi che possa garantire stabilità e crescita. È questo il vero campo centrale, su cui si gioca la partita del tennis, presente ma soprattutto futuro.