Ci sono giocatori che per luogo di nascita, per tradizione sportiva del proprio Paese, della propria famiglia, per attitudine personale, non sembrano essere destinati allo sport. Figurarsi a quello professionistico. Coleman Wong, nato a Hong-Kong 21 anni fa, e il tennis creano un binomio che sembrava improbabile; non aveva radici sportive, cresciuto in una città senza una vera tradizione tennistica e in una famiglia lontana dallo sport, nulla lasciava presagire un suo futuro da sportivo, tantomeno con una racchetta in mano. Figlio della media borghesia, suo padre, Bruce, dirige una scuola, mentre sua madre insegna. Coleman era un bambino paffutello senza alcuna inclinazione per lo sport e senza che nessuno instillasse in lui la voglia di farlo e di riuscirci, ma il destino si sa, a volte riserva storie che nessuno mai immaginerebbe.
La lezione di tennis era destinata alla sorella maggiore, Elana, ma un malessere la costrinse a rinunciare. Che fare? “Diamo la racchetta in mano al bimbo paffutello di cinque anni, almeno si diverte per un’ora”, avranno pensato i genitori, per non perdere la quota della lezione già pagata. Fu allora, su quei campi che ospitavano un torneo internazionale negli anni 70, che scattò la scintilla: amore a prima vista. Da quel momento un excursus di vittorie, una crescita costante, passando per tornei internazionali già a nove anni e diventando la luce del movimento tennistico di Hong-Kong, che nulla aveva prodotto prima. E guardandosi indietro, vedendo la strada fatta finora non si può che essere stupiti del viaggio fino a Miami, dove oggi, è uno dei protagonisti. Inatteso, come il tennis ad Hong-Kong.
Tante le sorprese a Miami, tante le similitudini con Alexandra Eala: entrambi in arrivo da Paesi in cui il tennis è un’utopistica visione dello sport, entrambi giovanissimi, entrambi wild card a Miami. La vittoria su Ben Shelton, ottenuta dopo un’intensa battaglia chiusa 7-6, 2-6, 7-6, ha confermato che l’opportunità concessa dagli organizzatori, non è andata sprecata. Numero 182 ATP (con un best ranking di 128 nel settembre scorso), Wong è uno dei giocatori con la classifica più bassa a raggiungere il terzo turno a Miami negli ultimi dieci anni. Ma il ranking, si sa, non è tutto.
La sua crescita è il frutto di una scelta difficile e anche qui troviamo una similitudine, l’ultima, con l’altra sorpresa del torneo, Eala: come lei anche Coleman per raggiungere il sogno di diventare professionista ha dovuto prendere la difficile decisione di lasciare Hong Kong per trasferirsi in Europa. Dopo aver sperimentato diverse accademie, ha trovato la sua dimensione ideale a Manacor, nella Rafa Nadal Academy.
“Sono grato ai miei genitori, mi hanno lasciato andare. Ora li vedo appena due volte all’anno”, racconta. Un sacrificio enorme, ma che sta dando i suoi frutti. Ha già conquistato due titoli dello Slam junior in doppio e ora punta ad un posto fisso al tavolo dei grandi: “Mi piace lavorare sodo e quando faccio progressi penso sempre che non sia mai abbastanza”, confessa Wong, palesando la giusta mentalità per arrivare dove vuole. Il suo talento non è sfuggito a Rafa, che dopo l’impresa di Miami gli ha dedicato parole di incoraggiamento: “C’è tanto impegno dietro queste vittorie, siamo orgogliosi di te”.
Ovviamente in patria è ormai un’icona. Battesimo del fuoco in tal senso è stata l’intervista rilasciata all’edizione locale di Vogue, ma soprattutto la golosità degli sponsor: non è un caso che la IMG, luna delle più famose società di consulenza legale e marketing sportivo abbia deciso di scommettere su di lui (dimenticavamo: possiede anche il torneo di Miami) e lui questa fiducia la sta ripagando a suon di vittorie. Il tabellone gli sorride: al terzo turno lo attende Adam Walton, lucky loser. In palio soldi, punti ATP e gli ottavi di finale di un 1000. Match come questi possono segnare la svolta di una carriera, e Coleman Wong ha già dimostrato di saper cogliere le opportunità.