Marco Panichi, ex preparatore di Novak Djokovic e attuale preparatore atletico del numero 1 del mondo Jannik Sinner, si è raccontato – attraverso una lunga intervista – nel corso del podcast Tressessanta condotto da Virginia Gambardella. Tanti gli argomenti toccati da Panichi. Dall’attenzione per i dettagli (quasi ossessiva) del campione serbo, alla grande cultura del lavoro del tennista azzurro.
“La gestione dell’intelligenza emotiva, in uno sport come il tennis, è fondamentale.“. Ha sottolineato Panichi. “Poi, è chiaro, spesso dipende dal background dell’atleta, dal percorso fatto, ma bisogna stare attenti ai travasi emotivi, al classico “braccino corto” del tennista. La componente più difficile, nel tennis, è il fatto che in realtà una gara potrebbe essere anche infinita. Sono scambi brevissimi, ma che possono protrarsi per tanto tempo.“. Ha spiegato il classe ’64 romano.
Del resto, quello di Panichi con il magico mondo della racchetta, è stato una sorta di amore a prima vista: “Sono sempre stato affascinato da questo sport. Uno dei miei primi ricordi risale a quando avevo circa dieci anni. La nazionale di Davis giocava in finale con il Cile. La davano in diretta, ma era notte, quindi pregai mio padre di svegliarmi. Ricordo che mi montò una televisione portatile, di quelle in bianco e nero che si usavano una volta. Evidentemente, il tennis era già un qualcosa che coltivavo dentro di me.“.
Poi, l’attenzione di Panichi si è spostata su Djokovic (con cui ha condiviso un pezzo di strada tennistica dal 2019 al 2024) e sulla forza mentale del serbo: “Djokovic fa della sua voglia di competere un punto di forza. Nole, metaforicamente, ha bisogno di un nemico contro cui combattere. Che si tratti del pubblico o dell’avversario in campo, ha bisogno di questa carica energetica. In passato, quando lo vedevamo eccessivamente calmo, cercavamo di farlo arrabbiare. Era un metodo che serviva a gasarlo durante le partite. Per altri giocatori, invece, a volte può accadere l’esatto contrario.“.
Infine, un piccolo parallelo con Sinner: “Novak era uno che viveva di tennis per ventiquattr’ore. Jannik è la stessa cosa. Anche se in maniera differente. Sinner è uno che vive per il tennis, è competitivo anche negli allenamenti. Si diverte così. I grandi campioni sono tutti così: sono tutte persone che si divertono facendo quello che gli piace. Poi, naturalmente, dipende dai momenti. Ma dietro c’è sempre il piacere di competere…“.
Di seguito l’intervista completa.