L’ultima settimana è stata un vero e proprio turbinio di emozioni per Camilo Ugo Carabelli, nuovo volto del tennis albiceleste. È vero, tra il Rio Open 2025 e il Chile Open 2025 ha collezionato due semifinali, entrambe perse contro l’incubo Sebastian Baez, ma la terra rossa, teoricamente, sarebbe la sua superficie preferita. Sicuramente quella su cui si esprime meglio, anche per caratteristiche. Al Miami Open 2025, invece, nessuno si aspettava il percorso che poi ha fatto. Partito dalle qualificazioni, anche grazie alla classifica che si è conquistato in tempi recenti, ha affrontato uno dopo l’altro due padroni di casa. Al successo contro Mitchell Krueger, però, non ha fatto seguito una prestazione altrettanto solida con Ethan Quinn.
La fortuna, però, gli ha sorriso e, rimanendo in loco, è entrato in tabellone come lucky loser per il forfait dell’ultimo minuto – o quasi – di Nicolas Jarry. E come poteva, questa pazza settimana, non regalargli un altro paio di tennisti statunitensi per completare un poker di cui è difficile avere memoria? E infatti Camilo Ugo Carabelli ha superato prima Brandon Holt e, successivamente, Alex Michelsen, accreditato della 332^ testa di serie, rigorosamente in rimonta e in tre set. Risultato: scontro di fuoco al terzo turno contro Novak Djokovic per un posto al sole agli ottavi di finale. Avrà pagato l’emozione, sicuramente, perché il primo set è finito in men che non si dica, ma nel secondo si è visibilmente sciolto, costringendo ‘Nole’ a risolverla al tie-break.
Carabelli e il discutibile precedente a Miami
Il Miami Open 2025, per lui, è terminato, ma con questo torneo c’è ancora una specie di conto in sospeso. Nel 2023, infatti, si ritirò a sorpresa sul 6-3 5-3 30-30 a favore di Filip Misolic senza avere apparentemente problemi fisici. Una situazione che poi si è ripetuta un anno più tardi, in un torneo a Campinas, con Tristan Boyer avanti 6-3 5-4 40-0. Un doppio episodio che ancora oggi rimane di difficile lettura. Non solo, perché in molti non sapranno che questo tennista, ormai non più giovanissimo, svenne nel bagno della sua stanza d’hotel al termine della partita contro Aslan Karatsev al Roland Garros 2022, per la disidratazione dopo le oltre 4h di battaglia.
Lui che di momenti difficili, al di là delle complessità che si possono vivere su un campo da tennis, ne ha sperimentati tanti, come ammesso nel corso di una lunga intervista a ‘CLAY’, noto magazine: “Ho fatto davvero fatica perché ero immaturo e non capivo a pieno alcuni aspetti della mia carriera tennistica, come tutto ciò che mi mancava fin dall’adolescenza. Ad esempio, mi piaceva andare a scuola e non capivo perché i miei genitori mi portassero fuori per allenarmi o viaggiare. Mi chiedevo se tutto quello sforzo ne sarebbe davvero valso la pena. Non volevo perdermi cose che non avrei mai più riavuto. Questo mi rendeva molto triste e persino angosciato“.
E prosegue: “Ma non ho rimpianti, ho attraversato momenti difficili, ma sacrificherei quell’altra vita mille volte. Ho trascorso diversi anni con uno psicologo. Oggi lavoro ancora con lo stesso. Due anni fa ho anche iniziato ad avere un mental coach, che mi ha aiutato molto. I buoni risultati, l’avere un po’ di soldi, il diventare indipendente e riuscire a fare cose che i ragazzi della mia età in Argentina non possono fare mi hanno reso più felice“.
Il ‘Pirata’ Carabelli e quel carattere particolare
Ecco, l’Argentina. Quel Paese che tanto gli ha dato, ma dal quale evadeva volentieri nel corso delle vacanze estive per rifugiarsi in Brasile, più precisamente dalle parti di Florianopolis, città natale di un certo Gustavo Kuerten. Qui, infatti, il nonno adibiva una barca, di cui era proprietario, ad attrazione per i turisti, rendendola una nave per pirati. E il piccolo Camilo Ugo li intratteneva travestendosi proprio da corsaro.
Camilo Ugo Carabelli di amici ne ha pochi nel circuito, anche forse per il suo carattere: “Io sono piuttosto riservato, parlo poco con gli altri ragazzi del circuito. Mi sono allenato con Sinner diverse volte, con lui mi trovo abbastanza bene. La squalifica? Non ne ho idea, non mi interessa nemmeno. Non si sa bene cosa sia successo, forse solo loro lo sanno. Ho visto che un sacco di tennisti hanno attaccato Sinner, soprattutto Kyrgios. È stato molto coinvolto da questa questione e sembra piuttosto arrabbiato“.
Proprio il suo carattere gli è valso qualche ‘grattacapo’ in passato. Il classe 1999, infatti, faceva il raccattapalle da piccolo al Buenos Aires Lawn Tennis Club, essendo cresciuto a pochi isolati dal circolo in questione. La settimana del torneo per lui diventava occasione di divertimento, non di ammirazione dei grandi campioni e, tra qualche gelato rubato dal frigorifero e tutto il tempo passato a giocare alla Playstation, il direttore Martin Jaite era stato costretto a cacciarlo più di una volta dalla players lounge.
Carabelli e l’importanza della famiglia
Infine la chiosa sui tanti tatuaggi che ne costellano il corpo: “Ho iniziato tatuando il nome dei miei genitori e di mio fratello. Sono molto legato a mio fratello, che è un po’ più grande di me. Ne ho anche uno che ho fatto con la mia migliore amica. Dopo di che mi sono fatto semplicemente dei tatuaggi perché mi piacevano i disegni. Mi piacerebbe dire che hanno significati profondi, ma la maggior parte non ne ha”.
“Mi pento persino di un paio, come la farfalla sull’avambraccio, è troppo visibile, l’avrei messa da qualche altra parte. Quello che ha un significato è lo stemma della mia squadra, il San Lorenzo. Fatti di nascosto? No, mio padre mi ha supportato pienamente. E avevo anche bisogno della firma di mia madre per farlo. Ha firmato senza problemi ma ha detto ‘Lo farai nello studio che sceglierò io’. Quindi ha scelto il posto per me”.
La famiglia per lui è sempre stata importante. Jeremia è entrato a far parte del suo team in qualità di nutrizionista e ne ha regolato le abitudini alimentari. Insomma, da buon fratello maggiore lo tiene a bada e limita il consumo dell’amata cioccolata, a cui può cedere una sola volta alla settimana. Per il resto dieta ferrea. Mamma Maria Marta, invece, ha sempre gestito l’azienda di famiglia, ma in un certo senso si è fatta sostenitrice del tennis sudamericano. Nella loro casa a Belgrano, infatti, spesso accoglievano – e lo fanno ancora oggi – i tennisti delle accademie vicine, dal momento in cui la loro abitazione è molto comoda da un punto di vista logistico.