Una notte da Djoker, Sabalenka la regina (Gianluca Strocchi, Tuttosport)
Da una parte il tennista più anziano a raggiungere una finale in un Masters 1000 e dall`altra il primo 2005 a spingersi fino all`ultimo atto in questa categoria di eventi. Potrebbe bastare questo per definire intrigante la “battaglia generazionale” fra Novak Djokovic (37 anni e 10 mesi) e Jakub Mensik (19 e mezzo), che stasera assegna il trofeo di Miami. Ma sono davvero tanti i motivi d`interesse, tali da rendere questo match a suo modo unico, anche per la differenza d`età tra i due protagonisti, 18 anni e 102 giorni, la più ampia mai vista in una finale di questo livello. Su tutti la concreta possibilità per il giocatore più vincente dei tempi moderni, recordman per Slam vinti (24) e Masters 1000 conquistati (40), di mettere le mani sull`agognato 100° titolo, diventando il terzo nel ristrettissimo club di coloro che possono vantare un numero di trionfi a tre cifre (Roger Federer 103 e Jimmy Connors 109). […] «Sin da quando ho vinto la medaglia d`oro ai Giochi di Parigi ho iniziato a pensare al 100° successo – ha ammesso Nole -. Ci sono già andato vicino: ho giocato la finale a Shanghai, la semifinale in Australia. Da lì in avanti, negli ultimi 12 mesi, ho cercato di ritrovare la consistenza del tennis che possa permettermi di lottare per vincere un grande torneo. Non ho ancora perso un set e ho di fronte una grande opportunità: vedremo come andrà». Di certo il serbo si sta reinventando, col servizio come principale alleato: dopo l`83% di prime in campo nei quarti, ha fatto ancor meglio in semifinale salendo all`87%. «È un aspetto del mio gioco sul quale ho lavorato insieme a Murray, ma non ci siamo concentrati solo su quello. Anzi, ci siamo dedicati principalmente ad altri colpi, per riportarli al livello desiderato. Credo che il servizio stia funzionando da inizio stagione, e tutto ciò mi aiuta a togliere pressione dai miei game di servizio e metterla ai miei avversari». Proprio il servizio è una delle armi letali di Mensik che ha messo a segno 25 ace in semifinale per piegare 7-6(4) 4-6 7-6(4) Taylor Fritz, n.4 del mondo, e cogliere la settima affermazione su un top 10. Il ragazzone di Prostejov è cresciuto con Djokovic come idolo tennistico e oggi se lo trova di fronte per la seconda volta, dopo l’incrocio da brividi nei quarti del 1000 di Shanghai l`autunno scorso quando Nole si impose rimontando un set di svantaggio, per poi cedere in finale a Jannik Sinner: «Quella volta ero molto nervoso – ha ricordato il ceco – ora penso di essere in grado di gestire molto meglio le emozioni». Proprio come Aryna Sabalenka, che superando 7-5 6-2 Jessica Pegula nel remake della finale degli ultimi Us Open si è aggiudicata per la prima volta il torneo femminile, conquistando l’ottavo 1000 in carriera (eguagliata Maria Sharapova) e il 19° complessivo, 17 dei quali sul cemento, superficie dove conosce davvero poche rivali.
Djokovic può arrivare a quota 100 (Vincenzo Martucci, Il Messaggero)
Non stupitevi per la finale che disputa stasera a Miami, a 37 anni e 310 giorni, quando ormai i più lo davano per spacciato. Non meravigliatevi che non abbia ancora perso un set. Novak Djokovic è sempre stato in agguato, da bravo re della foresta. Magari sopito, magari silenzioso, magari dubbioso, magari anche solo al 60% delle sue possibilità. Che, comunque, contro Alcaraz, Zverev e compagnia, è sufficiente, finché re Jannik Sinner non rientrerà dai 3 mesi di stop. In realtà, dopo l`infortunio di gennaio in Australia, Nole I di Serbia si è leccato per un mese le ferite e ha studiato, ha meditato, ha architettato. Due settimane fa, a Indian Wells, ha anche subito il terzo memorabile ko consecutivo, l`ennesima batosta di chi l`anno scorso ha vinto “solo” l`oro olimpico a Parigi, ma è a secco di titoli ATP Tour dal Masters di Torino del novembre 2023. L`ultimo orgoglioso testimone dei Fab Four, da primatista di 24 Slam e di 428 settimane al numero 1 del ranking, pensava a come rispolverare le armi migliori: «Sin dai Giochi ho iniziato a pensare al centesimo successo. Ci sono già andato vicino con la finale a Shanghai e la semifinale in Australia. Da lì in avanti ho cercato di ritrovare il livello per vincere un grande torneo». La risposta ce l`aveva nel DNA. Sia, con l`abnegazione di chi ha dribblato i pochi mezzi economici, i bombardamenti del NATO e la morsa Federer & Nadal, e ha allenato la reattività da campione di gomma nel ribattere proiettili da 230 all`ora. Il servizio l`aveva imparato succhiando tutti i segreti da mastro Goran Ivanisevic. Ma solo sublimandolo, dopo aver ritrovato la condizione fisica, poteva sfruttare l`enorme esperienza che ha più di chiunque e ripartire nella corsa ai 109 titoli-record ATP di Jimmy Connors. Magari già da oggi, a quota 99, nella finale del “1000” di Miami contro bum bum Jakub Mensik (25 ace contro Taylor Fritz). […]
Potere ai giovani (Riccardo Crivelli, La Gazzetta dello Sport)
Quanto è bella giovinezza. La loro tuttavia non fugge, ma anzi illumina il domani con solide certezze. In un tennis sempre affamato di rivalità che possano continuamente alimentare lo spettacolo, di personaggi che incendino il cuore dei milioni di tifosi di tutto il mondo tenendo viva la fiamma della passione, l`esplosione annunciata del diciannovenne Jakub Mensik e del diciottenne Joao Fonseca sposta di nuovo in avanti l`orologio del futuro, come già avevano fatto Sinner e Alcaraz al loro apparire: non a caso, qualcuno si è già spinto ad immaginare una prossima e rapida riedizione dei Fab Four sul solco dell`epoca d`oro di Federer, Nadal, Djokovic e Murray. Mensik, ultimo epigono della grande scuola ceca, stasera alle 21 a Miami si troverà ad affrontare l`ultimo di
quei miti, il redivivo Novak, a caccia del 100° trionfo in carriera. E non sarà una partita come le altre, non solo perché i 18 anni e 102 giorni di differenza rappresentano il divario d`età più ampio di sempre in una finale di un Masters 1000: come il giovane Jakub, intanto salito almeno al n.30 (e 24 se alza la coppa), ha ricordato spesso, «non sarei diventato ciò che sono senza l`ispirazione e l`aiuto di Nole, lui è sempre stato il mio idolo». Ma non si è trattato soltanto di ammirare il poster in camera: nel 2022, dopo averlo visto in tv perdere la finale degli Australian Open juniores al culmine di una maratona che gli aveva provocato crampi così forti da costringerlo a uscire dal campo in sedia a rotelle, l`allora n. 1 del mondo, colpito dalla sua grinta, gli manda un videomessaggio di complimenti e lo invita da allenarsi una settimana con lui a Belgrado. Non solo: qualche settimana più tardi gli fa ottenere una wild card per le qualificazioni del torneo Atp della capitale serba e prima di Wimbledon lo sceglie di nuovo come sparring. Insomma, i primi mattoni nella costruzione dell`autostima da campione in erba sono una creazione dell`argilla di Djokovic. Perciò, quando a Shanghai a ottobre si sono affrontati per la prima (e fin qui unica) volta, Mensik non ci ha capito nulla: «Ero molto nervoso, lo sarò anche stavolta, ma penso di essere in grado di gestire molto meglio le emozioni. In Cina ero in campo per godermi l`esperienza, qui giocherò per vincere». La giusta ambizione di una stella nascente, confortata pure dalle qualità tecniche e dai numeri: contro Fritz ha messo a segno 25 ace e ha ottenuto la settima vittoria in carriera su un top ten (in 12 match), il sintomo della capacità di esaltarsi nelle sfide di altissimo livello. Inoltre, dopo aver giocato due tie-break perfetti al secondo turno contro Draper, si è ripetuto pure con l`americano. Mettendo a frutto il lavoro che sta facendo da qualche anno con Dragan Vujovic, uno psicologo serbo: «Da giovane ero troppo agitato in campo e avevo troppa energia negativa. Adesso sono più stabile. La differenza si vede quando sei sul 5-5 e 30-30 contro i più forti. Comunque, è bello che ci sia sangue giovane sul circuito, siamo orgogliosi di camminare sui passi già tracciati da Sinner e Alcaraz». Il plurale non è un vezzo di superbia, ma un richiamo subliminale all`altro baby prodigio, il brasiliano Fonseca, che è n.60 del mondo e in stagione ha trionfato a Buenos Aires. Alla sua età, 18 anni e 7 mesi, con una vittoria Atp e tre Challenger, ha già fatto meglio di Federer, Nadal, Djokovic e pure di Sinner (che aveva vinto tre Challenger e le Next Gen Finals, come anche il brasiliano), di cui porta addirittura il soprannome. Lo chiamano infatti «Sinnerzhino» , piccolo Sinner, per la potenza dei colpi e quelle gambe fini fini. […]
Tecnica e solidità fisica: sono già completi. L’Italia punti su Cinà (Paolo Bertolucci, La Gazzetta dello Sport)
Il tennis è sempre in movimento con la sua grande capacità di rinnovare di continuo i protagonisti in grado di prendersi la scena. Si pensava che dopo l`epoca d`oro dei Fantastici Quattro avremmo assistito a un lungo periodo di buio e invece sono arrivati Sinner e Alcaraz. A loro volta Jannik e Carlos, seppur giovanissimi, stanno già scrutando l`orizzonte per capire quanto potranno avvicinarsi i nuovi prodigi Mensik e Fonseca, due delle rivelazioni, peraltro attese, di questo avvio di stagione. Il primo, capace di raggiungere la finale di Miami, è l`ultimo prodotto della straordinaria scuola dell`ex Cecoslovacchia, cui appartengono campioni immortali come Lendl e la Navratilova. Jakub possiede appunto tutte le qualità che nei decenni hanno caratterizzato i tennisti usciti da quella fucina: e dunque un gioco completo e senza punti deboli in tutti i fondamentali, a partire dal servizio, impugnature semplici e senza fronzoli, eleganza e compostezza nelle soluzioni, ma anche mano educata a rete nelle occasioni in cui si propongono trame offensive più ardite. […] Il brasiliano ha riportato al centro del villaggio una nazione che dopo i fasti di Kuerten non era più stata in grado di riproporsi ad alti livelli. Anche nel suo caso siamo di fronte a un giocatore con un bagaglio tecnico completissimo che non a caso è stato paragonato a Sinner fin da quando ha mosso i primi passi nel circuito. Al n.1 del mondo lo accomuna senz`altro la capacità di giocare continuamente in spinta, imprimendo accelerazioni formidabili alla palla (a Miami ha giocato un dritto a 180 all`ora). […] Ma ciò che deve far piacere ai cultori della materia è la considerazione che si tratta di due ragazzi che non esasperano l`aspetto fisico del loro sport ma invece sanno giocare benissimo a tennis. E l`Italia? C`è un piccolo salto generazionale dopo il 2003 di Nardi, ma a Miami abbiamo potuto apprezzare le qualità ovviamente appena abbozzate del figlio d`arte Federico Cinà. Si tratta di un ragazzo del 2007, quindi al momento è azzardato metterlo insieme agli altri due: però possiede buonissimi fondamentali e una statura che potrà aiutarlo, anche se il fisico ha bisogno di irrobustirsi. E del resto anche Sinner alla sua età non spiccava certo per i muscoli…