Va in archivio il Miami Open e con esso il Sunshine Double versione 2025. Com’è stato per Indian Wells, anche per Miami ci siamo fatti delle domande e, come in tutte le cose della vita, quando ci si fa delle domande, prima o poi arriva il momento delle risposte. Non vogliamo metterla sul filosofico, sempre di tennis stiamo parlando, però comunque dare un senso alle cose significa proprio questo. In campo maschile ha vinto Jakub Mensik, in campo femminile Aryna Sabalenka: un nome, finalmente nuovo in campo maschile, un nome finalmente tornato alla vittoria in campo femminile.
Come si ferma questa Andreeva?
Giocando in maniera speculare, attaccando, forzandola all’errore. Questi i tre elementi che ha saputo sfruttare al meglio Amanda Anisimova per battere in tre set la già campionessa di Indian Wells in una sfioda che ha messo di fronte le due che avevano vinto un 1000 finora in campo femminile: Amanda a Dubai, IW appunto per Mirra.
Anisimova che è stata aggressiva fin dall’inizio e che ha costretto Andreeva a giocare sempre quel colpo in più, portandola ad aggredire il gradino successivo e quello dopo ancora fino a perdere il controllo dei colpi e sbagliare. Non che l’americana sia stata da meno, in termini di errore, ma perlomeno è riuscito ad esserlo in misura inferiore: tanto è bastato.
Poi, ad un’occhiata più attenta e a guardare a 360°, cosa notiamo? Che Mirra Andreeva ha vinto il titolo a Miami in doppio con Diana Shnaider, battendo in finale la coppia formata da Cristina Bucsa e Miyu Kato con il punteggio di 6-3 7-5 10-2; match durato 1h36 minuti e interrotto per circa 6 ore causa pioggia. Insomma, per la coppia medaglia d’argento alle olimpiadi di Parigi, una vittoria importante che la rilancia in vista delle Finals e una Andreeva che se non vince in singolare, vince in doppia. Risposta: per ora, non si può fermare.
Le prime 3 WTA ancora a secco nel 2025: a Miami il cambio di passo?
Ha vinto Aryna Sabalenka, quindi potremmo dire che sì, una delle prime tre in classifica ha vinto il torneo cambiando passo, soprattutto dopo le due sconfitte consecutive in finale a Melbourne prima e a Indian Wells poi. Tutto sommato ci siamo. A guardar bene però, spostando l’attenzione sulle altre due posizioni di questo ipotetico podio virtuale troviamo due giocatrici che hanno deluso, ancora.
Iga Swiatek è ancora senza un titolo in questo 2025, ma non è solo questo: è la percezione di non riuscire, in questa fase della sua carriera, ad essere decisiva come sa essere. Perché? Di sicuro la superficie non è quella preferita e poi c’è un evidente calo sia fisico che mentale. Nel secondo set con la sorpresa Eala, sembrava potesse tenere il match in pugno, rientrando nel punteggio e invece, schiacciata dalla tensione dell’essere la super favorita (e non solo) e trovando dall’altra parte della rete una giocatrice in fiducia massima, la sconfitta è il cocktail giusto di questi elementi. Ora però c’è la terra all’orizzonte.
Anche in casa Gauff non c’è molto da stare allegri. Nei tre 1000 disputati finora troviamo un primo turno a Doha, un terzo turno ad Indian Wells e Miami. Si può far meglio, ci si aspetta di più dalla numero 3 al mondo. In particolar modo a Miami è sembrata totalmente priva di rispondere nei momenti di difficoltà, sopraffatta com’è stata da Magda Linette che insomma, ha meritato sì, ma senza nessun particolare acuto. Risposta: sì, ma a guardar bene nì.
Zverev e Alcaraz: è il loro momento?
Ligabue nel 1990 pubblicava, nell’album che porta il suo nome, la canzone “Non è tempo per noi”, un ritratto generazionale nel quale la disillusione prende il posto all’entusiasmo vacuo tipico dei paninari anni ’80, in cui il superfluo era il necessario e l’ostentazione la sua messa laica. Potremmo definire questa canzone come il risveglio dall’edonismo reganiano, ma non vorremmo annoiare nessuno. La utilizzeremo però per raccontare di Zverev e Alcaraz che, nonostante l’assenza di Sinner, nonostante tutto le occasioni da sfruttare, alla fine restano sempre lì “e calendari a chiederci se, stiamo prendendo abbastanza”.
“Abbiam sogni però troppo grandi e belli sai, belli o brutti abbiam facce che però non cambian mai”, come non cambia mai il loro tennis in questa stagione: senza un’alternativa di gioco lo spagnolo, nel caso di problemi in quota la maschera d’ossigeno non si rilascia, svuotato mentalmente il tedesco che dovrebbe prendere in considerazione l’ipotesi di fermarsi per ricaricare energie mentali e forza fisica. “Non è tempo per noi, e forse non lo sarà mai”, per ora almeno. Di sicuro, non così.
Berrettini e Musetti le speranze italiane? Jasmine ritroverà il sorriso?
Tutto sommato positivo il torneo per due dei tre principali porta bandiera, un po’ meno per un altro. Partiamo da quello meno positivo: il torneo di Musetti. Non è tanto la sconfitta agli ottavi, non è tanto aver perso con Djokovic, poi finalista del torneo e comunque in un periodo di forma vicina al massimo, è per come questa sconfitta è arrivata, per il doppio 6-2 subito che ha lasciato parecchi dubbi sul cambio di passo del carrarino, soprattutto quando incontra Djokovic, suo giustiziere 8 volte su 9 in carriera. Nonostante sia diventato un appuntamento stagionale fisso, Musetti in questi anni, exploit di Monte-Carlo a parte, non è mai riuscito a trovare le contromisure necessarie per battere il serbo, significativo di una non completa evoluzione del suo gioco in questi anni. Comunque, tutto considerato a livello di risultato, in valore assoluto, può starci, in riferimento alla prestazione, no.
Discorso diverso per Matteo Berrettini che è stato ad un passo dalle semifinali, battuto solo al terzo set da taylor Fritz, in un match che lo ha visto nuovamente giocare ai livelli che si avvicinano al giocatore del 2021, soprattutto fisicamente: questa è la notizia più bella. La stagione su terra non è tra tutte la sua preferita, ma può comunque ritrovare continuità di risultati, quelli che servono per tornare tra i primi 20 al mondo.
Ottimo torneo anche per Jasmini Paolini – che proprio in queste ore ha annunciato la sua separazione con il coach storico Renzo Furlan – tornata a disputare una semifinale 1000 dal torneo di Dubai vinto lo scorso anno: ha incontrato sulla sua strada Aryna Sabalenka che è ancora un paio di spanne sopra, non solo fisicamente ma anche tatticamente. Comunque, un ottimo risultato, in vista della scadenza di cambiali pesanti. Risposta: sì, ha ritrovato il sorriso.
Jannik Sinner: quanto pesa la sua assenza?
Sotto un certo punto di vista tanto, per altri versi invece meno. Andiamo per ordine: oltre a mancare come numero 1 sulla carta, manca anche in campo. Per noi italiani è scontato dire perché, per tutti gli altri un po’ meno: manca per Alcaraz e Zverer un punto di riferimento importante da battere. Con un Djokovic a giri ridotti è proprio l’altoatesino il punto di riferimento se si vuole alzare il livello, cosa che al momento nessuno dei due contendenti al trono è riuscito a fare. Mancanza di motivazioni? No, semplicemente mancanza di un focus chiaro, di un punto da raggiungere. Il suo ritorno farà bene anche a loro.
Altro discorso invece è quello relativo ai nuovi volti vincenti: Jack Draper e Jakub Mensik avrebbero vinto lo stesso se fosse stato presente Sinner? Chi può dirlo. Di sicuro possiamo dire che per loro sarebbe stato molto più difficile e magari uno dei due non sarebbe stato campione. In tal senso credo che comunque questa alternanza e questi nuovi vincitori facciano bene al tennis, perché danno consapevolezza ai newcomers e potrebbero creare ancor di più spettacolo e incertezza nel futuro tra, next gen, next next gen e new gen. La risposta è tanto: in un senso o nell’altro il tennis non può fare a meno del proprio numero 1.